Giovanni Cantoni, Cristianità n. 49 (1979)
Un primo commento agli attacchi irosi portati da Avvenire e dal Movimento per la Vita italiano alla iniziativa di referendum. Il Movimento per la Vita italiano promette all’estero, ma rifiuta in Italia, il referendum abrogativo. Chi realmente persegue «obiettivi di potere»? Alcuni dei molteplici episodi del tradimento democristiano, grazie al quale è stata imposta all’Italia la degradazione e la barbarie di una infame «legge» abortista. La «lealtà» elementare che è assolutamente indispensabile esigere da chi si arruola tra le file dei falsi «avvocati» democristiani della vita.
In margine alla iniziativa di referendum abrogativo
I falsi «avvocati» della vita
La iniziativa di referendum promossa da Alleanza Cattolica, depositata il 21 aprile 1979 e sostenuta dalla diffusione in molte diocesi italiane del pieghevole Contro l’aborto. Contro ogni colpevole inerzia nelle domeniche immediatamente seguenti, ha avuto vasta risonanza.
Radio e televisioni – nazionali e private – hanno dato, con maggiore o minore ampiezza, la notizia. Così, il fatto è stato registrato e commentato da numerosi organi di stampa, tanto numerosi che più agevole è segnalare le eccezioni, o almeno alcune di esse. Infatti, hanno autorevolmente taciuto l’accadimento l’Unità, l’Avanti!, Il Popolo, il Corriere della Sera e Il Tempo di Roma. Se ne sono invece interessati, come dicevo, moltissimi altri fogli. Tra tutti i commenti, però, meritano particolare attenzione quello di Avvenire (1) e il comunicato stampa emesso dal Movimento per la Vita, diffuso dall’ANSA lo stesso 21 aprile.
Comincio da quest’ultimo, e, siccome è stato riportato a brani sui diversi organi di stampa, lo riproduco in integro come trasmesso all’ANSA:
«L’iniziativa di “Alleanza cattolica”, che oggi alle 11 si è presentata alla Cancelleria della Corte di Cassazione per richiedere un referendum abrogativo della legge 194 sull’aborto è del tutto strumentale perseguendo fini che nulla hanno a che fare con la riaffermazione del diritto civile alla vita dei bambini prima della nascita. Lo ha dichiarato il presidente del comitato promotore del “Movimento per la vita”, Piero Pirovano, il quale ha fatto presente come la stessa iniziativa sia solo “provocatoria”, non potendo avere seguito in una raccolta di firme, a causa dello scioglimento delle Camere.
«Dopo avere sottolineato che “Alleanza cattolica” persegue evidentemente “obiettivi di potere”, Pirovano ha affermato che se il “Movimento per la vita” sinora non ha promosso una raccolta di firme per l’abrogazione della 194 lo si è dovuto, fra l’altro, alla prolungata incertezza circa le sorti della legislatura appena sciolta. “Una iniziativa referendaria in quel clima – ha detto Pirovano – avrebbe potuto essere interpretata come una manovra per giungere alle elezioni anticipate, mentre un referendum sull’aborto non deve trasformarsi in uno scontro strumentale tra partiti per la gestione del potere, ma deve essere una verifica serena della coscienza popolare: in gioco non sono posti di potere, ma migliaia di vite innocenti che oggi con la 194 possono essere soppresse”».
Il Movimento per la Vita italiano promette all’estero, ma rifiuta in Italia, il referendum abrogativo!
Al comunicato stampa, che meriterebbe di essere chiosato parola per parola, mi limiterò a dedicare tre semplici considerazioni.
La prima riguarda le ragioni per cui «sinora» il Movimento per la Vita «non ha promosso una raccolta di firme per l’abrogazione della 194», indicate nella «prolungata incertezza circa le sorti della legislatura appena sciolta».
In proposito basti osservare che, prima di ogni specifica «incertezza circa le sorti della legislatura» – trascuro le incertezze generiche, tipiche di ogni regime parlamentare e forse croniche in quello italiano, che dal 1944 a oggi ha avuto ben 38 governi -, il Movimento per la Vita italiano, mentre rassicurava i Movimenti per la Vita europei circa la propria volontà di servirsi di tutti i mezzi leciti per pervenire alla abrogazione della «legge» n. 194, negli stessi giorni – fine febbraio, inizio marzo -, dopo «incontri riservati» tra organizzazioni ecclesiali e no, prendeva la decisione di non fare ricorso al referendum abrogativo (2).
Di ciò fa stato una lettera di uno dei partecipanti a tali «incontri riservati», Bruno Olini, presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, che, disturbato da una insinuazione giornalistica relativa a un suo scarso entusiasmo nella rinuncia al referendum abrogativo, vigorosamente rettifica, rivendicando invece il carattere di «decisione unitaria» per la comune deliberazione di rifiuto del referendum, dopo avere sottolineato non esservi stata «una diversità di impostazioni tra l’Mcl e il Movimento per la vita», e non essersi «mai profilata una contrapposizione tra tendenze opposte» (3).
Come si vede, questa decisione di rinuncia all’uso del referendum abrogativo non è di oggi, diversamente da come vorrebbe fare credere il comunicato stampa del Movimento per la Vita, ma risale a tempi assolutamente anteriori allo scioglimento delle Camere e non è mai stata resa ufficialmente nota, sicché la si evince dalla inerzia di fatto, e dalla autodifesa dell’esponente del Movimento Cristiano Lavoratori.
Per quanto riguarda, poi, la interferenza tra una iniziativa referendaria e una campagna elettorale – indipendentemente da giudizi di merito sulla opportunità di non verificare la posizione degli uomini di partito su un tema, quale l’aborto, di così grande rilevanza morale e giuridica -, non si vede quale interferenza il Movimento per la Vita possa invocare a giustificare l’inerzia almeno nei mesi del 1978, nei quali si sarebbe potuto utilmente promuovere il referendum e raccogliere le firme necessarie a sostenerlo.
Una seconda considerazione merita l’affermazione secondo cui la iniziativa di Alleanza Cattolica non potrebbe «avere seguito in una raccolta di firme, a causa dello scioglimento delle Camere».
Tale asserzione è destituita di qualsiasi valore, dal momento che la raccolta delle firme e il loro deposito sono certamente possibili fino alla vigilia della data di convocazione dei comizi elettorali. Se la impossibilità di «avere seguito in una raccolta di firme, a causa dello scioglimento delle Camere» non si riferisce a una impossibilità giuridica, ma di fatto, cioè relativa al breve lasso di tempo a disposizione, osservo che la prova del contrario è stata precisamente fornita dallo stesso Movimento per la Vita, con la raccolta, in un solo mese, di oltre 700 mila firme, a sostegno di una legge di iniziativa popolare (4).
Nella battaglia contro la «legge» abortista: chi realmente persegue «obiettivi di potere»?
Vengo, in terzo luogo, alle dichiarazioni secondo cui l’iniziativa di Alleanza Cattolica sarebbe solo «provocatoria» e «del tutto strumentale perseguendo fini che nulla hanno a che fare con la riaffermazione del diritto civile alla vita dei bambini prima della nascita», fini indicati genericamente come «obiettivi di potere» (5).
In tema di «obiettivi di potere», mentre mi sfuggono quelli di Alleanza Cattolica, mi appaiono invece evidenti – di una evidenza pubblica – quelli altrui: infatti, il dr. Piero Pirovano, giornalista di Avvenire, presidente del Movimento per la Vita italiano, preoccupato che il tema aborto non diventi occasione di uno «scontro strumentale tra partiti per la gestione del potere», si presenta candidato alla Camera, nel collegio elettorale di Milano-Pavia, nella lista della Democrazia Cristiana, e neppure come indipendente (6).
Vengo ora al trafiletto che Avvenire ha dedicato alla iniziativa di referendum di Alleanza Cattolica. Dubitando che molti nostri lettori lo siano anche di Avvenire – e non so dare loro torto – riporto per intero il pezzo in questione:
«Una iniziativa di referendum parzialmente abrogativo della legge 194 sull’aborto, è stata depositata ieri mattina presso lo speciale ufficio della Corte di Cassazione, da “Alleanza Cattolica”. È questo un movimento di destra, con sede a Piacenza, che si rifà al vescovo mons. Lefebvre, attualmente sospeso a divinis. Secondo “Alleanza Cattolica”, il referendum mira a lasciare in vigore, della legge 194, “le norme in qualche modo ordinate all’assistenza della maternità” e quelle di carattere penale.
«In realtà, però, l’iniziativa appare propagandistica e provocatoria. Essa è motivata con un violento quanto ingiustificato attacco contro i Vescovi e quasi certamente non avrà seguito pratico, in quanto, come stabilisce la legge (art. 32, legge 25 maggio 1970, n. 352) “le richieste di referendum”, cioè l’insieme delle almeno 500 mila firme, “devono essere depositate in ciascun anno dal 1º gennaio al 30 settembre”, ma anche (art. 31) “non può essere depositata richiesta di referendum (…) nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali”, cioè nel semestre successivo al 3 giugno. Ciò significa che il tempo utile per la raccolta delle firme è, da oggi, di solo un mese e mezzo: una nota di “Alleanza Cattolica”, polemica – come sì è detto – con i Vescovi, fa capire che tale raccolta è alquanto improbabile.
«Una analoga iniziativa di referendum, parzialmente abrogativo della legge 194 era già stata depositata in Cassazione il 10 marzo scorso da un gruppo di cittadini di ispirazione ben diversa (di Verona, Trento, Bolzano), il primo dei quali è l’avv. Dante Spiazzi di Verona. Non si ha notizia che questa prima richiesta sia stata seguita dalla effettiva raccolta di firme».
Noto, anzitutto, l’uso terroristico e iettatorio del termine «di destra» e del riferimento «al vescovo mons. Lefebvre»: per entrambe le qualificazioni sono auspicabili ulteriori precisazioni, e mi rendo fin da ora disponibile per un pubblico contradditorio su entrambi i temi con collaboratore qualificato e responsabile di Avvenire (7).
Circa l’affermazione secondo cui l’iniziativa di referendum sarebbe «motivata con un violento quanto ingiustificato attacco contro i Vescovi», rimando, perché il lettore giudichi di persona, al testo del pieghevole Contro l’aborto. Contro ogni colpevole inerzia e a quello della lettera ai vescovi, che provano da che cosa tale iniziativa sia «motivata» e come e a che proposito Alleanza Cattolica si sia rivolta ai presuli d’Italia.
In chiusura, il cronista di Avvenire fa riferimento a «una analoga iniziativa», ecc.
Non posso non notare come solo il 22 aprile Avvenire – che pure fa tanto spesso appello agli uomini di buona volontà – si degni di segnalare tale iniziativa referendaria del 10 marzo, iniziativa di cui era evidentemente al corrente e della quale non ha, a suo tempo, dato notizia.
Come non chiedersi che cosa sia valso ai suoi stimabili e degni promotori l’essere persone «di ispirazione ben diversa» da quella di Alleanza Cattolica, se il loro gesto cade oggi in coda alla nostra «malefatta» e se a suo proposito il cronista di Avvenire dopo 40 giorni si chiede – evviva il dovere di informazione! – che fine abbia fatto?
Anche la malevolenza di Avvenire ha una sua settaria coerenza, e una spiegazione che giunge, proprio in questi giorni, a gettare luce sul senso del suo operare, in genere e in specie, in tema di aborto. Infatti il suo direttore, dr. Angelo Narducci – che a tutt’oggi, 6 maggio 1979, risulta ancora in carica – si presenta candidato per le elezioni europee nella prima circoscrizione (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia), anch’egli non come indipendente, ma come candidato della Democrazia Cristiana (8).
Siamo a questo punto, dunque, a meno di un mese dal termine utile per la raccolta delle firme: la iniziativa di referendum di Alleanza Cattolica, offerta a quanti intendessero «svolgere una reale e concreta azione antiabortista, e quindi anzitutto ai presuli preposti alle singole diocesi italiane» (9), ha raccolto la denigrazione di democristiani – variamente travestiti da difensori della vita e da direttori di «Quotidiano Cattolico» (10) – e l’ufficiale perdurante silenzio dei vescovi.
Il tradimento democristiano
A beffa – per chi a essa si esponga e si presti -, l’on. Benigno Zaccagnini, segretario politico della Democrazia Cristiana, parlando a Milano il 5 maggio 1979, ha avuto l’impudenza di dichiarare: «Nessuno […] tranne noi, è insorto a difendere i diritti di chi ancora deve nascere ma non ha ancora né voce né avvocati che lo proteggano» (11).
Immagino che questa dichiarazione sia destinata a suscitare polemiche roventi tra i maggiori esponenti democristiani, dal momento che nel novero degli «insorti» sono difficilmente collocabili, per esempio:
1. I membri democristiani delle commissioni riunite della Camera che, nel dicembre 1975, presente in parlamento e nelle commissioni una indiscutibile maggioranza antiabortista, consentirono alla infame «legge» abortista di superare la sua prima importante tappa, unendo il loro voto favorevole e determinante a quello dei comunisti (12).
2. I membri del gruppo democristiano alla Camera che, il 26 febbraio 1976, sempre a schieramento antiabortista maggioritario in parlamento, fecero sì che la «legge» potesse superare la seconda tappa del suo infausto iter, votando con i comunisti contro la eccezione di incostituzionalità (13).
3. I membri della direzione democristiana che, nell’ottobre 1976, diede «mandato ai direttivi dei gruppi Parlamentari della DC, d’intesa con la Segreteria Politica [on. Zaccagnini]» di «presentazione di una apposita proposta di legge» (14) che suscitò tanto «gravi perplessità» (15) e «riserve morali» (16), anche per i suoi «articoli che […] di fatto istituiscono una precisa procedura abortista» cercando un «compromesso in una materia che non lo consente in alcun modo, né sotto l’aspetto dei valori umani e tanto meno sotto quello dei principii cristiani» (18).
4. I membri del governo monocolore democristiano che ha varato la «legge» vigente.
5. I firmatari democristiani di tale «legge n: on. Giulio Andreotti, on. Tina Anselmi, sen. Francesco Bonifacio, sen. Tommaso Morlino, on. Filippo Maria Pandolfi, oltre al sen. Giovanni Leone (19).
6. I firmatari della «proposta di legge del gruppo democristiano che punta alla ridefinizione del quorum delle firme richieste» (20), cioè, fuori di gergo, che punta ad aumentare le difficoltà e gli ostacoli per l’uso dello strumento referendario, ossia, nel caso, per l’abrogazione della «legge» abortista.
7. Il sen. Francesco Bonifacio, ministro della giustizia, che ha dato lo «sconcertante annuncio» secondo cui lo Stato difenderà di fronte alla Corte Costituzionale la «legge» sull’aborto dalle ordinanze di dieci tribunali che sottolineano i diversi profili di incostituzionalità del provvedimento; prova che «il governo ha mutato radicalmente il suo precedente e già deplorevole atteggiamento di “neutralità”», e che oggi mantiene «un atteggiamento preciso, che purtroppo è di pieno consenso alla legge 194» (21).
8. L’on. Andreotti e i membri del suo governo, dai quali «durante i dibattiti in parlamento, al sottosegretario alla giustizia Dell’Andro fu affidato il triste compito di recitare la parte dal completo distacco dell’esecutivo dal problema della liberalizzazione legale dell’aborto: “il governo si rimette all’assemblea” era la frase di rito ad ogni richiesta di parere e a ogni votazione» (22).
«Lealtà»
Vista in modo inequivocabile la qualità di chi «è insorto a difendere i diritti di chi ancora deve nascere ma non ha ancora né voce né avvocati che lo proteggano», come interpretare l’arruolamento del presidente del Movimento per la Vita italiano e del direttore del «Quotidiano Cattolico» Avvenire nelle file di tale «insorgenza» oggettivamente proditoria?
Perché il significato di tale arruolamento possa essere interpretato pro bono e non come oggettiva complicità, è assolutamente indispensabile che i due neocandidati nelle liste della Democrazia Cristiana indichino, almeno da oggi fino alle scadenze elettorali, e denuncino tematicamente e nominatamente ognuno di tali falsi «insorti» – servendosi degli strumenti a loro disposizione nelle rispettive qualità di presidente del Movimento per la Vita italiano e di direttore del «Quotidiano Cattolico» Avvenire -, perché l’elettorato cattolico non cerchi, tra nessuno di essi, gli «avvocati» e i difensori della vita.
I vescovi italiani, nel recente comunicato del Consiglio permanente della CEI relativo alla gravità di «un momento in cui il nostro Paese vive profondi turbamenti», invitano i cristiani a «discernere» e a scegliere – per affidare loro l’esercizio di «pubbliche attività politiche o amministrative» – persone «leali» (23).
Sapranno essere, i due neocandidati democristiani, «leali» almeno quanto hanno mostrato di saper essere rozzamente e aggressivamente denigratori nei confronti della iniziativa di referendum abrogativo proposta – in perdurante vacanza di altre maggiori – da Alleanza Cattolica? «Leali» almeno al punto di fare – ciò che è assolutamente indispensabile facciano – quanto è in loro dovere e potere perché l’elettorato cattolico non cerchi tra i traditori i veri difensori della vita?
Giovanni Cantoni
Note:
(1) Avvenire, 22-4-1979.
(2) Cfr. l’Espresso, 18-3-1979. Non è inutile elencare le organizzazioni date come presenti a questi «incontri riservati»: Movimento per la Vita, Opus Dei, Comunione e Liberazione, Movimento dei Focolari, Movimento Cristiano Lavoratori, ACLI, Azione Cattolica, Centro Italiano Femminile, Lega Democratica. Circa le assicurazioni del Movimento per la Vita italiano ai Movimenti per la Vita europei, che a esso valgono il riconoscimento «della sua volontà di non rassegnarsi ad accettare l’attuale legge abortista e di mettere in opera ogni mezzo legale e costituzionale per ottenerne l’abrogazione» (Avvenire, 27-2-1979), si può osservare che, mentre il Movimento per la Vita italiano promette di operare per tale abrogazione, ne trascura, poi, il primo mezzo concreto: il referendum abrogativo. Alla abrogazione esso fa ancora appello più tardi: «irrinunciabile l’abrogazione in tempi brevi, con qualsiasi mezzo costituzionalmente legittimo, della legge 194» (Avvenire, 11-4-1979), ma lascia trascorrere nella inerzia tutti e ognuno dei «tempi brevi». Loda anche il referendum abrogativo, in un convegno in Inghilterra (cfr. Avvenire, 3-5-1979), ma non lo usa in Italia, e denigra, anzi, coloro che lo promuovono!
(3) Ibid., 15-4-1979.
(4) Cfr. L’Osservatore Romano, 9/10-1-1978.
(5) Secondo il radiogiornale di Radio Popolare, andato in onda lunedì 23 aprile alle ore 19, il dr. Pirovano avrebbe dichiarato più esplicitamente che Alleanza Cattolica è un gruppo fascista e che la conferma di ciò sta nel fatto che ha presentato la richiesta di referendum il 21 aprile, giorno del Natale di Roma. Se la frase è stata veramente pronunciata, osservo che, seguendo la «logica» del dr. Pirovano, si potrebbe, dunque, sostenere la seguente tesi: siccome il regnante Pontefice, pochi giorni dopo, ha commemorato il Natale di Roma (cfr. L’Osservatore Romano, 26-4-1979), questa sarebbe la prova che, forse, sul trono di Pietro siede il fondatore del «fascio» di Cracovia!
(6) Cfr. Il Popolo, 6-5-1979.
(7) In proposito, comunque, rinvio per il primo termine a JORGE MARTINEZ ALBAIZETA, Izquierdas y derechas. Su sentido y su misterio, Speiro, Madrid 1974, e per il secondo riferimento a Cristianità, anno IV, n. 19-20, settembre-dicembre 1976, numero monografico dedicato a I problemi della «Chiesa conciliare».
(8) Cfr. Il Popolo, 6-5-1979.
(9) ALLEANZA CATTOLICA, Contro l’aborto. Contro ogni colpevole inerzia, in questo stesso numero di Cristianità, pp. 1-2.
(10) Così si autodefinisce Avvenire. Cfr., tra l’altro, il numero del 12-9-1978.
(11) Il Popolo, 6-5-1979.
(12) Cfr. ALLEANZA CATTOLICA, l’aborto è omicidio, pieghevole del febbraio 1976.
(13) Cfr. Atti parlamentari. Camera dei Deputati, 448, Seduta di giovedì 26 febbraio 1976.
(14) Il Popolo, 20-10-1976.
(15) Avvenire, 27-10-1976.
(16) Ibid., 26-10-1976.
(17) Ibid., 2-11-1976.
(18) L’Osservatore della Domenica, 31-10-1976.
(19) Cfr. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, anno 119, n. 140, 22-5-1978, p. 3646.
(20) Il Popolo, 24-3-1979
(21) Avvenire, 15-3-1979.
(22) Ibidem.
(23) Ibid., 3-4-1979.