
L’Assemblea Nazionale francese sta approvando in questi giorni un testo di legge sul fine vita dal tenore fortemente eutanasico. Pubblichiamo il testo di condanna che la Conferenza Episcopale Francese, ha emesso assieme ad altri organismi rappresentativi delle altre confessioni religiose presenti del Paese
di Antonio Mondelli
Sono tante però le voci di dissenso che si sono levate per contrastare questo testo di legge. La Conferenza Episcopale Francese si è spesa in maniera chiara con un «Diciamo no alla legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito». I vescovi della regione parigina hanno fatto eco a questa presa di posizione affermando come questo testo di legge rappresenti un «crimine contro la dignità, la fraternità e la vita». Le tante, associazioni di volontariato che operano per alleviare le sofferenze dei malati terminali si sono chieste se «vogliamo una società che, di fronte alla sofferenza di qualcuno, ha solo la morte da offrirgli e non ama più?».
Sicuramente tra le più autorevoli prese di posizioni contro questo testo di legge vi è quella della Conferenza dei Responsabili di Culto in Francia (CRCF) che riunisce cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei, musulmani e buddisti e che di seguito riportiamo integralmente.
«La Conferenza dei Responsabili di Culto in Francia (CRCF) – cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei, musulmani e buddisti – lancia un solenne avvertimento sulle gravi derive implicite nella proposta di legge che introduce nella legislazione francese un “diritto all’aiuto a morire”. Dietro una apparente volontà di compassione e regolamentazione, questo testo opera un cambiamento radicale: introduce legalmente la possibilità di somministrare la morte – tramite suicidio assistito o eutanasia – sconvolgendo profondamente i fondamenti dell’etica medica e sociale.
1. Un linguaggio che travisa la realtà
La terminologia scelta – “aiuto a morire” – nasconde la vera natura dell’atto: la somministrazione volontaria di un prodotto letale. Questo vocabolario eufemistico, che la Haute Autorité de Santé stessa qualifica come fonte di confusione etica, distorce le parole per disinnescare la gravità morale dell’atto. Definire una morte somministrata come “naturale” è una falsità che mira ad anestetizzare le coscienze e indebolire il dibattito pubblico.
2. Una rottura con l’essenza della cura
L’integrazione dell’aiuto a morire nel Codice della salute pubblica rappresenta una deviazione della medicina. Contrasta frontalmente con il giuramento di Ippocrate e il principio fondamentale della cura, che mira ad alleviare, senza mai uccidere. Numerosi operatori sanitari esprimono il loro disagio: essere incaricati di provocare la morte di un paziente costituisce una trasgressione radicale della loro missione e rischia di instaurare una cultura della morte laddove la medicina si è sempre costruita come un servizio di cura alla vita.
3. Garanzie etiche e procedurali gravemente insufficienti
Il testo attuale consente a un solo medico di autorizzare un atto letale, senza procedura collegiale né valutazione psichiatrica. La Haute Autorité de Santé, nei suoi pareri successivi, insiste tuttavia sulla necessità assoluta di un discernimento condiviso, pluridisciplinare, lungo e regolamentato. Il termine di istruzione di 15 giorni seguito, eventualmente, da un periodo di riflessione di soli 48 ore – o meno – va contro tutti gli standard internazionali. Questa fretta è indegna di una decisione irreversibile e della gravità della questione.
4. Una minaccia diretta per i più vulnerabili
L’instaurazione di questo “diritto” rischia di esercitare una pressione silenziosa ma reale sulle persone anziane, malate o con disabilità. La sola esistenza di una tale opzione può indurre nei pazienti un senso di colpa tossico – quello di “essere un peso”. Nei Paesi in cui l’eutanasia è stata legalizzata, le richieste continuano ad aumentare e si osserva un calo preoccupante degli investimenti nelle cure palliative. Così, la promessa di un accompagnamento dignitoso tende a svanire dietro un’opzione terminale presentata come soluzione.
5. Una violazione dell’equilibrio tra autonomia e solidarietà
La legge proposta consacra l’autonomia individuale a scapito dei legami familiari e sociali. Erige l’autodeterminazione individuale come assoluto, escludendo qualsiasi informazione o consultazione dei familiari, del team medico e qualsiasi accompagnamento spirituale o psicologico. In tal modo, non tiene conto della dimensione relazionale e interdipendente dell’esistenza umana. Questa scelta solitaria rischia di causare traumi e ferite durature, soprattutto nel caso di una scoperta a posteriori della morte di un familiare aiutato al suicidio o sottoposto a eutanasia.
Un appello alla responsabilità politica e umana
Di fronte a questa possibile rottura antropologica, la CRCF invita i parlamentari a dimostrare discernimento. Legalizzare la morte somministrata non sarà un progresso, ma una regressione etica, sociale e medica. Bisogna scegliere di investire nelle cure palliative, nella formazione all’ascolto, nell’accompagnamento globale delle persone fino alla fine della loro vita. Questa scelta è quella dell’umanità contro l’abbandono, della relazione contro la solitudine, della cura contro la rassegnazione.
Antony Boussemart, Co-presidente dell’Unione Buddista di Francia
Mons. Dimitrios, Presidente dell’Assemblea dei Vescovi Ortodossi di Francia
Chems-Eddine Hafiz, Rettore della Grande Moschea di Parigi
Haïm Korsia, Gran Rabbino di Francia
Pastore Christian Krieger, Presidente della Federazione Protestante di Francia
Mons. Eric de Moulins-Beaufort, Presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia»
Giovedì, 29 maggio 2025
Consultabile sul sito: Chiesa cattolica di Francia