Giovanni Paolo II, Cristianità n. 314 (2002)
[…] dobbiamo andare oltre i confini della Chiesa perché il Concilio Vaticano II ha voluto essenzialmente promuovere nuove energie per la sua missione nel mondo. Siete consapevoli del fatto che una parte essenziale della sua missione evangelizzatrice è l’inculturazione del Vangelo e so che nella vostra regione si è prestata molta attenzione alla necessità di sviluppare forme caraibiche di culto e di vita cattolici. Nell’Enciclica Fides et ratio ho sottolineato che: “Il Vangelo non è contrario a questa od a quella cultura come se volesse privarla di ciò che le appartiene e la obbligasse ad assumere forme estrinseche che non le sono conformi” (n. 71). Ho continuato sottolineando che le culture non solo non vengono sminuite dall’incontro con il Vangelo, ma sono “anzi stimolate ad aprirsi al nuovo della verità evangelica per trarne incentivo verso ulteriori sviluppi” (ibidem; cfr. Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in America, n. 70).
A tal fine, è importante ricordare i tre criteri per comprendere se i nostri tentativi di inculturare il Vangelo hanno un fondamento sano. Il primo è l’universalità dello spirito umano, le cui esigenze basilari non sono diverse neanche in culture completamente differenti. Quindi, nessuna cultura potrà mai essere assoluta in modo da negare che lo spirito umano è, a livello più profondo, lo stesso in ogni tempo, luogo e cultura. Il secondo criterio è che, nell’impegnarsi in nuove culture, la Chiesa non può abbandonare l’eredità preziosa che le deriva dal suo impegno iniziale con la cultura greco-latina, perché significherebbe “negare il piano provvidenziale di Dio che guida la sua Chiesa lungo i sentieri del tempo e della storia” (Fides et ratio, n. 72). Non si tratta, dunque, di rifiutare l’eredità greco-latina per permettere al Vangelo di incarnarsi di nuovo nella cultura caraibica. Si tratta piuttosto di impegnare l’eredità culturale della Chiesa in un dialogo profondo e reciprocamente nobilitante con la cultura caraibica. Il terzo criterio è che la cultura non deve chiudersi nella propria diversità, non deve rifugiarsi nell’isolamento e opporsi alle altre culture e tradizioni.
Ciò significherebbe negare non solo l’universalità dello spirito umano, ma anche quella del Vangelo, che non è estraneo ad alcuna cultura e cerca di mettere radici in tutte le culture.
Giovanni Paolo II