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Il blackout del comunismo cubano

30 Maggio 2025 - Autore: Stefano Nitoglia

Forse gli uragani, sull’isola caraibica, non sono solo quelli metereologici, che rendono evidenti le mancanze del regime castrista

di Stefano Nitoglia

Esplodono le proteste a Cuba, causate dalla crisi energetica, con ripetuti blackout della rete elettrica di oltre 20 ore al giorno, e dalla mancanza di cibo.

Si segnalano proteste a Bayamo, nella parte orientale di Cuba, a Jabaquito, nella provincia di Granma, in alcune zone di Santiago de Cuba (a est) e nel capoluogo della provincia di Pinar del Río (all’estremo ovest).

La prima segretaria del Partito Comunista Cubano (PCC, unico partito legale), Yanetsy Rodríguez, in un messaggio pubblicato dall’emittente televisiva locale “CNC TV Granma”, ha affermato: «andremo tutti avanti» di fronte «alla complessa situazione elettrica che sta vivendo il Paese».

Un rapporto dell’ente statale Unión Eléctrica (UNE), prevede che i blackout prolungati si ripeteranno, colpendo contemporaneamente il 47% dell’isola durante le ore di punta.

La crisi energetica che sta colpendo Cuba si è aggravata nel 2024 a causa della carenza di carburante, della mancanza di valuta estera per importarlo e dei guasti di obsolete centrali termoelettriche di fabbricazione sovietica.

A ciò si aggiungono i disastri causati dagli uragani. «A pochi giorni dall’inizio ufficiale della stagione degli uragani atlantici del 2025, Cuba è sull’orlo del disastro», scrive Iesus Romero sul Diario Las Americas, pubblicazione vicina agli esuli cubani, del 24 maggio 2025. Aggiungendo: «Con l’inizio della stagione degli uragani del 2025, dobbiamo considerare che il punto di rottura per Cuba non arriverà da una ribellione o da un’invasione, ma da una catastrofe naturale, forse due, che distruggeranno quel poco che resta».

A differenza del 2008, quando tre uragani (Gustav, Ike e Paloma) colpirono Cuba in rapida successione, causando danni per oltre 10 miliardi di dollari, massicci blackout e collasso dell’agricoltura, ma allora Cuba aveva ancora una certa capacità di resistere, ora le capacità di affrontare questi problemi sono drasticamente diminuite. «Il regime cubano è molto più fragile di quanto pensiamo – scrive Romero-. Apparentemente sembra forte, ma dentro è vuoto. Si sostiene con la repressione, la propaganda e decenni di dipendenza. La rete elettrica è sull’orlo del collasso, il cibo scarseggia e i medicinali sono praticamente scomparsi». La Russia e la Cina, che una volta correvano in soccorso di Cuba, questa volta non ne hanno né la capacità né la voglia.

L’analista politico si spinge ad ipotizzare un prossimo crollo di Cuba: «Basta un uragano. Ma un “Triplo colpo” nel 2025 potrebbe essere il colpo finale, non solo per le infrastrutture di Cuba, ma per ciò che resta della sua anima nazionale. Dopotutto, la fine del regime cubano potrebbe arrivare, ma non a causa di un conflitto militare, di un intervento straniero o di una rivolta interna. Può avere origine da qualcosa di molto più implacabile: un disastro naturale. Dopo decenni di incuria, infrastrutture distrutte, collasso economico ed esaurimento collettivo, basta un uragano di categoria 4 o 5 per far crollare tutto. È impossibile predire il futuro, ma questo risultato non è più una speculazione: è una possibilità credibile, basata sulle condizioni attuali e sulle imminenti minacce climatiche. I segnali ci sono. L’infrastruttura sta crollando. La gente è stanca. Il regime, vuoto».

Sarà così? Non resta che attendere.

Venerdì, 30 maggio 2025

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