Va a fuoco mezza Italia, dal Vesuvio alla Sicilia, dalle autostrade per i proletari alle spiagge per i vip: il rimedio, indicato come infallibile da governatori regionali e da rappresentanti dell’esecutivo e del parlamento è aumentare le sanzioni penali per gli autori dei roghi. Si parla molto meno di una prevenzione seria, che – sulla scorta dei precedenti in un’area – identifichi luoghi di osservazione, mantenga disponibili e funzionanti i mezzi antincendio e i corpi a ciò delegati, curi l’immediata funzionalità del soccorso rispetto all’allarme. In sintesi, che governi il fenomeno invece di subirlo, per poi invocare strali contro colpevoli mai individuati. Che lavori continuativamente, soprattutto nei periodi dell’anno nei quali esplodono questi fenomeni. Il governo è fatica, sforzo, intelligenza nel cercare soluzioni. Non è una esclusiva degli incendi. Si è preferito introdurre il reato di omicidio stradale invece che moltiplicare controlli mirati e strumenti di dissuasione (come due giorni fa ha sollecitato il ministro Minniti): il risultato è che i morti in strada crescono in parallelo all’avvenuto inutile incremento delle sanzioni. Si è inventato il femminicidio, e da quando è stato introdotto le cronache sono ancor più piene di mariti o conviventi che uccidono le mogli o le ex. Invocare l’aumento delle pene per risolvere problemi gravi e diffusi è il riflesso automatico di una responsabilità di governo che non viene esercitata: un marchio di inefficienza che ci si attribuisce da sé. A propria insaputa.
Ti trovi qui: Home / 1000battute...di alfredo mantovano / Il lavoro di governo o lo slogan delle punizioni?