Nelle difficoltà emergono gli aspetti più profondi degli esseri umani e le società non sono da meno. La visione antropologica dell’uomo riapre le spaccature che già erano presenti prima della pandemia ma ora il gioco si fa terribilmente serio…
di Domenico Airoma
Tutti pazzi, ma di rabbia, con Viktor Orban. Angela Merkel in testa. La cancelliera tedesca vorrebbe concludere il suo semestre di presidenza dell’Unione Europea con l’approvazione del Next Generation UE, il piano necessario per far arrivare un bel po’ di quattrini agli stati in difficoltà per la pandemia. Ma occorre l’unanimità e quel sovranista impenitente di Viktor Orban continua a opporsi. Manie di protagonismo? Follia di un dittatore incurante delle conseguenze per il suo popolo? Sembrerebbe così.
Sembrerebbe, appunto. Ma non è affatto così.
Basta fare una semplice considerazione, che però non leggiamo sui giornali, che presentano Orban come il lupo e Angela come l’agnello.
Se il piano straordinario di 750 miliardi di euro serve per risollevare le sorti delle economie dei paesi europei fiaccati dalla pandemia, perché condizionare gli stanziamenti alla ricezione integrale di quello che viene chiamato Stato di diritto? Perché imporre un aut aut, aprire cioè i rubinetti degli aiuti a condizione che si accetti di introdurre nei propri ordinamenti tutti i cosiddetti nuovi diritti, dall’aborto al “matrimonio” fra persone dello stesso sesso, con tutto quel che ne consegue? Perché non chiedere, molto più coerentemente con la materia, di conoscere i criteri in base ai quali verranno spesi quei finanziamenti?
Insomma, chi davvero ricatta chi?
Secondo il Corriere della Sera dubbi non ve ne sono: è Orban che sta ricattando l’Unione Europea (così titola l’articolo comparso il 15 novembre: “Stato di diritto, il ricatto di Orban all’UE”).
La realtà, invece, è che Orban non intende svendere la cultura e i valori del suo popolo per un piatto di lenticchie, anche se quelle lenticchie fanno molto comodo in questo momento. La realtà è che –al di là di quel che si possa pensare del leader ungherese- egli non intende sostituirsi all’unico vero sovrano in materia di diritti, che non è lo Stato –e men che meno le burocrazie tecnocratiche degli uffici legislativi dell’Unione Europea- ma i propri governati.
La realtà è che ancora una volta il racconto di Fedro serve per interpretare correttamente questa storia in cui le parti sembrano invertirsi e la menzogna sfacciatamente sostituirsi alla verità.
Orban non sarà un agnello, ma quel che è certo è che l’acqua non poteva di certo intorbidirla lui, ma chi ha posto delle condizioni perché il ruscello scorresse fino in Ungheria.
La speranza è che, sull’esempio di Orban, altri trovino il coraggio per denunciare questo ricatto che ha tanto il sapore di un atto di sciacallaggio: approfittare delle condizioni di difficoltà di un popolo per ottenere quel che non si sarebbe forse mai ottenuto attraverso un consenso libero da condizionamenti.
Angela non sarà il lupo. Ma si rilegga Fedro, che ha scritto quella storia per tutti quegli uomini che opprimono gli innocenti con falsi pretesti.
Lunedì, 16 novembre 2020