Giovanni Paolo II, Cristianità n. 163-164 (1988)
Discorso ai Vescovi appartenenti alla II regione pastorale degli Stati Uniti d’America, comprendente New York, del 15-10-1988, in L’Osservatore Romano, 16-10-1988. Traduzione dall’inglese e titolo redazionali.
Il Magistero universale ordinario come espressione usuale dell’infallibilità della Chiesa
Cari Fratelli in Nostro Signore Gesù Cristo,
1. È per me una gioia particolare dare il benvenuto a tutti voi, Confratelli Vescovi di New York. In quest’occasione mi vengono alla mente tanti ricordi della mia visita pastorale del 1979. Allo stesso tempo desidero rendere omaggio nelle vostre persone al pellegrinaggio di fede e di amore che i milioni di cattolici, che vivono nel vostro Stato, stanno facendo, in unione con Cristo, al Padre, nello Spirito Santo.
Siamo riuniti oggi quali Pastori, consapevoli delle parole di Gesù ai suoi Apostoli: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni… insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28, 19-20). Queste parole devono trovare un’eco costante nelle nostre menti e nei nostri cuori. Quali successori dei Dodici, è nostro dovere principale la proclamazione del Vangelo a tutti i popoli (cf. Christus Dominus, 12). Si tratta di un compito sempre necessario, ma è anche più urgente laddove esistono ignoranza, errore o indifferenza nei confronti della verità.
Dopo averci comandato di insegnare, Gesù ci assicura della sua presenza e del suo sostegno: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Questa promessa ci riempie di pace; ci sfida alla fiducia e alla speranza. Il Signore Gesù Cristo ci invia e rimane con noi! Egli vuole che facciamo la nostra parte, che adempiamo alla nostra missione, che siamo vigili. Egli vuole che noi stessi camminiamo nella luce di Cristo e offriamo questa luce alla Chiesa e al mondo. Oggi vorrei ricordare un mezzo concreto per offrire questa luce all’umanità. Si tratta dell’istituto e dell’università cattolici, con il loro impegno istituzionale verso la parola di Dio quale è proclamata dalla Chiesa cattolica.
2. Come afferma il Concilio Vaticano II: «L’avvenire della società e della stessa Chiesa è intimamente connesso con lo sviluppo dei giovani che compiono studi superiori» (Gravissimum Educationis, 10). Di conseguenza, lo stesso Concilio esorta i Vescovi a dedicare attenta cura pastorale agli studenti universitari. Costoro hanno bisogno di questa cura per santificarsi nell’esercizio dei loro doveri e per «informare la cultura con il Vangelo» (Sapientia Christiana, Prologo, 1). La ri-evangelizzazione della società dipende in gran parte dagli studenti universitari di oggi. Mentre compiono i loro studi superiori, essi hanno il diritto di ricevere una formazione cattolica — sia dottrinale sia morale — a un livello corrispondente alle loro ricerche scolastiche.
L’elevata missione degli istituti e delle università cattolici consiste nell’esercitare un’influenza pubblica, costante e universale del pensiero cristiano in tutta l’opera della cultura superiore, e nel mettere in grado gli studenti di svolgere compiti impegnativi nella società e di testimoniare la loro fede di fronte al mondo (cf. Gravissimum Educationis, 10). Le istituzioni cattoliche di studi superiori, che educano un gran numero di giovani negli Stati Uniti d’America, hanno una grande importanza per il futuro della società e della Chiesa nel vostro paese. Ma il grado della loro influenza dipende interamente dalla preservazione della loro identità cattolica. Questa identità cattolica deve essere presente nell’orientamento fondamentale dato sia all’insegnamento sia agli studi. E deve essere presente nella vita di queste istituzioni, che sono caratterizzate da uno speciale legame con la Chiesa, un legame che deriva dal loro vincolo istituzionale con il messaggio cattolico. L’aggettivo «cattolico» deve sempre essere l’espressione autentica di una realtà profonda.
3. Siamo convinti che sia necessario rispettare la legittima autonomia delle scienze umane. Ma siamo anche convinti che quando i cristiani, con la ragione illuminata dalla fede, conoscono le verità fondamentali su Dio, sull’uomo e sul mondo, sono in una condizione in cui i loro sforzi intellettuali producono frutti più abbondanti di autentico progresso umano. La fede non limita la libertà nel perseguimento del sapere. Al contrario, è la sua massima garanzia. Questo ci spinge ancora una volta a focalizzare la nostra attenzione sul vero significato della libertà nel servizio e nella ricerca della verità.
«Se rimanete fedeli alla mia parola», ci dice Gesù, «sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 31-32). Queste parole di Nostro Signore proclamano il potere liberante della verità. Il loro significato profondo è più facile da comprendere quando ci rendiamo conto che Cristo stesso è la verità. E lui, Cristo, a contenere in sé stesso la completa verità sull’uomo; è lui la rivelazione più alta di Dio.
La connessione profonda fra verità e libertà interessa l’ordine di ogni sapere. La verità non limita la libertà. Al contrario la libertà è ordinata alla verità. Inoltre la verità della fede non limita il sapere umano. Più propriamente il sapere umano apre la strada che conduce alla fede cristiana, e la fede cristiana guida il sapere umano. Per quanto la fede non offra soluzioni per la ricerca della ragione — che segue i propri principi e le proprie metodologie nei differenti campi e gode di una legittima autonomia —, tuttavia la fede assiste la ragione nel conseguire il pieno bene della persona umana e della società.
Quando gli istituti e le università cattolici promuovono la vera libertà nella sfera intellettuale, essi compiono un servizio singolare per il bene di tutta la società. La cultura odierna, influenzata da metodi e da modi di pensare caratteristici delle scienze naturali, sarebbe incompleta senza il riconoscimento della dimensione trascendente dell’uomo. Perciò ogni corrente filosofica che proclami la validità esclusiva del principio di verifica empirica non potrà mai rendere giustizia all’individuo o alla società.
Le scoperte di ogni studio possono essere pienamente utilizzate solo in consonanza con le verità fondamentali riguardanti l’uomo, la sua origine, il suo destino e la sua dignità. Per questa ragione l’università per sua natura è chiamata a essere sempre più aperta al senso dell’assoluto e del trascendente, per facilitare la ricerca della verità nel servizio dell’umanità.
4. Nel riflettere sulla conoscenza teologica, ci volgiamo immediatamente alla fede, dal momento che la fede è il fondamento indispensabile e la disposizione fondamentale di tutta la teologia. La fede costituisce il suo punto di partenza e il suo costante punto di riferimento intrinseco. Sant’Anselmo di Canterbury ci ha dato quella ben nota definizione dell’opera della teologia: fede che cerca la comprensione. La teologia deriva dalla fede, dal desiderio del credente di comprendere la fede.
Ciò che la fede insegna non è il risultato della ricerca umana, ma viene dalla divina rivelazione. La fede non è stata trasmessa all’intelligenza umana come una creazione filosofica da perfezionare; anzi, è stata affidata alla Sposa di Cristo come un deposito divino da fedelmente conservare e da infallibilmente interpretare (cf. Concilio Vaticano I, Dei Filius, c. IV, DS 3020). Nell’ambito della conoscenza strettamente umana vi è spazio non solo per il progresso verso la verità, ma anche, e non infrequentemente, per la rettifica di errori sostanziali. Ma la verità rivelata è stata affidata alla Chiesa una volta per tutte. Ha raggiunto il suo compimento in Cristo. Da ciò il profondo significato dell’espressione paolina «deposito» della fede (cf. 1Tm 6, 20). Nel medesimo tempo questo deposito permette una spiegazione ulteriore e una comprensione crescente, per tutto il tempo in cui la Chiesa è su questa terra.
Questo compito di perseguire una comprensione sempre più profonda del contenuto della fede appartiene a ogni membro della Chiesa. Ma il Concilio Vaticano II ci assicura che l’«ufficio di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa è stato affidato al solo Magistero vivo della Chiesa» (Dei Verbum, 10). Questo magisterium non sta sopra la parola divina, ma la serve con uno specifico carisma veritatis certum (ibid., 8), che include il carisma dell’infallibilità, presente non solo nelle definizioni solenni del Romano Pontefice e dei Concili Ecumenici, ma anche nel Magistero universale ordinario (Lumen Gentium, 25), che può essere autenticamente considerato come l’espressione usuale dell’infallibilità della Chiesa.
5. Questo, però, non impedisce alla Chiesa di riconoscere e di alimentare un legittimo pluralismo in teologia. Proprio dopo il Concilio Paolo VI affermò che «una discreta diversità di giudizi è compatibile con l’unità della fede e con la fedeltà agli insegnamenti e alle direttive del Magistero» (Allocuzione al Congresso Internazionale sulla Teologia del Concilio, 1° ottobre 1966). L‘estensione di questo pluralismo è limitata dall’unità della fede e dagli insegnamenti del Magistero autentico della Chiesa. Ma nel suo ambito la pluralità di teologie dovrebbe avere una certa comune base concettuale. Non ogni filosofia è capace di fornire quella comprensione solida e coerente della persona umana, del mondo e di Dio che è necessaria per ogni sistema teologico che si sforza di porre il suo sapere in continuità con il sapere della fede.
Per comprendere i limiti del pluralismo teologico è necessario distinguerlo chiaramente dall’unità della fede, che dipende totalmente dalla verità rivelata. A proposito delle espressioni non infallibili del Magistero autentico della Chiesa, queste dovrebbero essere accolte con religioso ossequio dell’intelligenza e della volontà (cf. Lumen Gentium, 25).
6. Con il passare del tempo è sempre più evidente come certe posizioni sul cosiddetto «diritto al dissenso» abbiano avuto ripercussioni nocive sulla condotta morale di numerosi fedeli. «E stato notato — affermai lo scorso anno nella mia allocuzione ai Vescovi riuniti a Los Angeles — che vi è una tendenza da parte di alcuni cattolici a essere selettivi nella loro adesione agli insegnamenti morali della Chiesa» (16 settembre 1987). Alcuni si appellano alla «libertà di coscienza» per giustificare questo modo di comportarsi. Perciò è necessario chiarire che non è la coscienza a stabilire «liberamente» ciò che è giusto e sbagliato. Usando un’espressione concisa dei sermoni all’università di Oxford di John Henry Newman, possiamo dire che la coscienza è «uno strumento per scoprire la verità morale». La coscienza scopre la verità morale: essa interpreta una norma che non crea (cf. Gaudium et Spes, 16; Paolo VI, Udienza Generale, 12 febbraio 1969).
7. Cari Fratelli; per adempiere alla missione profetica che ci compete quali Pastori della Chiesa, è di grande importanza avere la collaborazione dei teologi cattolici e delle facoltà ecclesiastiche. Quale riflessione sulla fede, fatta nella fede, la teologia è una scienza ecclesiale che si sviluppa costantemente all’interno della Chiesa ed è diretta al servizio della Chiesa. Questo è alla radice della grave responsabilità del teologo, soprattutto se ha ricevuto la missio canonica (cf. CZC 812) di insegnare in una facoltà ecclesiastica. La fede autentica dei teologi, nutrita dalla preghiera e costantemente purificata attraverso la conversione, è un grande dono di Dio alla sua Chiesa. Da ciò dipende il benessere della teologia dei giorni nostri. Come ho detto all’Università Cattolica di Washington: «È giusto che il teologo sia libero, ma di quella libertà che è apertura alla verità e alla luce, che provengono dalla sede e dalla fedeltà alla Chiesa» (7 ottobre 1979).
L’istituzione cattolica in cui i Vescovi degli Stati Uniti hanno riposto grande speranza e che hanno lealmente incoraggiato — l’Università Cattolica d‘America — ha celebrato lo scorso anno il centesimo anniversario della sua fondazione. L’anno prossimo segnerà il centenario dell’approvazione papale. Tutte le conquiste del passato sono dovute alla grazia di Dio, su cui è ben fondata la speranza di un futuro che vedrà conquiste accademiche ancora maggiori, comprese quelle nella cultura teologica. In particolare si deve sperare che questa Università e tutte le altre università e istituti cattolici contribuiscano sempre più all’arricchimento della Chiesa negli Stati Uniti e altrove, e che siano sempre all’altezza del loro mandato di preparare studenti che siano araldi di cultura, servitori dell’umanità e testimoni di fede.
La Beata Vergine Maria, Sedes Sapientiae, ottenga a voi tutti la luce di suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo. Vi sostenga in saggezza pastorale e porti gioia e pace nei cuori della vostra gente.
Giovanni Paolo II