Giovanni Paolo II, Cristianità n. 133 (1986)
Indirizzo a una comunità di profughi albanesi in Roma, del 27-4-1986, in L’Osservatore Romano, 28/29-4-1986. Titolo redazionale.
Il martirio del popolo albanese
Questo nostro incontro, il primo che si verifica qui a Roma con una comunità di Albanesi, mi commuove profondamente. Non si tratta di una commozione di circostanza; si tratta di una commozione direi continua. Ogni giorno, soprattutto durante il sacrificio eucaristico, cerco di vivere il martirio del vostro popolo, dei vostri credenti, dei nostri fratelli e sorelle albanesi e prego ogni giorno per la vostra patria, per tutti i credenti delle diverse religioni e per la Chiesa in Albania che è scomparsa esternamente. Ma sappiamo bene che la Chiesa non può scomparire dai cuori perché è costruita dallo Spirito Santo, dalla Parola di Cristo, dalla stessa persona di Cristo che vive nei suoi fedeli.
Io credo profondamente, insieme con voi, che Cristo vive, come vive in noi qui a Roma, nella vostra comunità albanese romana, vive anche nei nostri martoriati fratelli della vostra patria. Vive Lui, vive la Chiesa. Non si può uccidere Cristo! Si, lo hanno ucciso; lo hanno crocifisso; è morto sulla Croce. Ma è risorto. Non si può uccidere Cristo!
E così non si può uccidere la Chiesa. Non si può uccidere l’uomo nella forza della fede viva, della fede in Cristo. Questa è la nostra speranza. Ci incontriamo in questa fede ed in questa speranza.
Il vostro conterraneo, il Padre Daniele Gjecaj, si è riferito al brano del vangelo che narra l’episodio quando Cristo, che si trovava nella barca di Pietro, mentre questa era nel mare in tempesta, sembrava dormire. Ma sappiamo bene che nel momento decisivo si è alzato ed ha fatto tacere la tormenta, ha fatto tacere le onde e tutto è tornato calmo, è tornata la pace nell’ambiente che prima si mostrava così pericoloso. Dobbiamo gridare a Cristo, così come gridavano gli Apostoli. Dobbiamo gridare insieme. Io lo faccio davanti al mondo perché il mondo deve capire questa sofferenza, deve capire questa ingiustizia.
Non può esserci ingiustizia maggiore di quella che uccide l’uomo per la sua fede in Cristo! L’uomo ha dei diritti, dei diritti fondamentali, inviolabili. Questi diritti sono rispettati nel mondo. Se non sono rispettati allora vuol dire che il mondo non è più umano. È un mondo anti-umano. Se si distrugge Dio, nella vita dell’uomo, si distrugge l’uomo. Non si può parlare di un mondo umano.
Le mie sono parole improvvisate, ma la mia emozione è molto più profonda perché sento e condivido profondamente questa grandissima sofferenza dei nostri fratelli e sorelle albanesi, che non possono godere neanche di un minimo di libertà religiosa che, al contrario, tutti i documenti internazionali attestano come principio fondamentale.
Uniamoci nella preghiera per i fedeli della vostra patria, per i credenti di tutte le diverse religioni, per i credenti cristiani e cattolici. Vogliamo portare a loro, con questa nostra preghiera, un sollievo, un conforto nello spirito. Questo conforto nello spirito può penetrare dovunque e nessuna forza umana lo potrà mai distruggere!
Giovanni Paolo II