di Lorenzo Simonetti
Severino Boezio (Anicius Manlius Torquatus Severinus Boethius, Roma 480 circa – Pavia 526) nacque in un cambiamento d’epoca, dopo la fine dell’Impero d’Occidente e agli albori dell’Europa romano-germanica. Appartenente all’antica gens romana Anicia, Boezio ricevette a Roma e ad Atene una solida educazione negli studi classici, grazie ai quali fu in grado di tradurre in latino e commentare alcune opere di logica aristotelica, scrivendo anche di musica, aritmetica e geometria. Ricoprì sin da giovane importanti cariche pubbliche, fino a diventare nel 522 magister officiorum del re goto Teodorico (454-526). Per aver pubblicamente difeso il senatore Albino (Faustus Albinus, fl. 493-522), che era stato accusato di aver cospirato contro Teodorico in favore dell’imperatore d’oriente Giustino I (450-527), anche Boezio fu coinvolto nell’accusa.
Imprigionato a Pavia prima della definitiva condanna a morte, scrisse in carcere il suo capolavoro, Consolatio Philosophiae, una raffinata meditazione sui più importanti temi dell’esistenza. Le sue spoglie mortali riposano ancora in questa città, nella basilica di San Pietro in ciel d’oro, ove è venerato come santo martire il 23 ottobre, in quanto la sua condanna era legata anche a motivi religiosi (Boezio, cattolico, era visto con sospetto dai goti, di fede ariana). La sua santità emerge, inoltre, da alcune opere poco note (gli opuscoli teologici), attraverso le quali Boezio realizzò un efficace apostolato culturale. Nella sua epoca non erano del tutto sopite le controversie sorte dopo il concilio di Calcedonia (451) sulla questione delle due nature di Cristo in rapporto alla seconda Persona trinitaria. Pertanto, consapevole della rilevanza non solo dottrinale, ma anche socio-politica delle questioni teologiche della sua epoca, Boezio decise di intervenire in soccorso della Chiesa.
Con ferma ed umile obbedienza nei confronti dell’autorità del Magistero, Boezio si avvalse del rigore delle leggi logiche per dimostrare la coerente razionalità delle definizioni dogmatiche e l’insostenibilità delle eresie già condannate dai concili. Diverranno classiche nel pensiero medievale le spiegazioni che Boezio darà ai concetti di essenza, sostanza, persona e natura in rapporto alla Trinità e al Cristo: su di esse nascerà la filosofia scolastica, a partire dai commenti alle opere boeziane di san Tommaso d’Aquino (1226-1274). Con il suo impegno, esempio di umile zelo per la fede, rese la Chiesa “docente” più consapevole della solida dottrina di cui è unica custode. Indicò così un approccio culturale che coniugava la sapienza antica con la Sacra Scrittura, una via logicae illuminata dalla fede; Boezio, infatti, si rendeva conto che per difendere la Rivelazione da artifici retorici è necessario un lessico filosofico privo di ambiguità concettuali, senza il quale le eresie si sviluppano senza controllo; come ha segnalato Benedetto XVI nelle sue note sugli abusi nella Chiesa, il recente collasso della teologia morale cattolica è dovuto proprio all’abbandono delle sue fondamenta giusnaturalistiche e al tentativo fallito di elaborare un’etica incentrata esclusivamente sulla Sacra Scrittura.
Se vogliamo rifondare il pensiero cristiano europeo, difendendo la fede cattolica in un mondo sempre più irrazionale, all’“opzione-Benedetto” occorre perciò unire anche il metodo di Boezio, il quale seppe sublimare l’eredità di un mondo classico ormai in rovina, per costruire le basi di una civiltà nuova, trasfigurata dalla Verità rivelata.
Mercoledì, 23 ottobre 2019