di Marco Invernizzi
Il modernismo cattolico
Il modernismo cattolico, scrive padre Cornelio Fabro (1911-1995), nella voce da lui redatta per l’Enciclopedia Cattolica, «[…] è l’indirizzo eterodosso, delineatosi fra gli studiosi cattolici alla fine del secolo scorso e nei primi anni del presente, che si proponeva di rinnovare e interpretare la dottrina cristiana in armonia col pensiero moderno» (Fabro, col. 1.188). Esso nasce all’interno di un contesto culturale caratterizzato dalla sfida del pensiero moderno al cristianesimo, una sfida che assume, nel corso del XIX secolo, connotati diversi, dal razionalismo illuministico al romanticismo, al positivismo e all’evoluzionismo. Emergono così le difficoltà dell’apologetica cattolica e dell’azione missionaria della Chiesa in un mondo sempre più dominato, a livello intellettuale e nell’ambito politico, da forze ostili al cattolicesimo. Come sempre accade in simili circostanze, quando cioè i risultati non corrispondono alle aspettative, i dubbi e le incertezze cominciano a serpeggiare all’interno della Chiesa e a favorire la nascita di affermazioni dai connotati ereticali, nel senso che non ci si preoccupa di adeguare le modalità di trasmissione della fede ai tempi diversi, ma si tende a cambiare i contenuti stessi della fede. La storia della Chiesa è stata in ogni tempo accompagnata da eresie, soprattutto dopo le persecuzioni dei primi tre secoli, ma il modernismo assume un nuovo aspetto che lo distingue dalle eresie precedenti, quello di cercare di non rompere formalmente la comunione con la Chiesa.
1. Il contesto storico
Fenomeno diffusosi in tutti i Paesi europei, secondo uno dei principali studiosi del modernismo, Émile Poulat (1920-2014), esso trova in Francia il suo terreno d’elezione. A Parigi, infatti, insegnava storia ecclesiastica monsignor Louis-Marie-Olivier Duchesne (1843-1922), alla cui scuola si forma Alfred Loisy (1857-1940), uno dei principali esponenti del modernismo. Un suo libro, L’Evangile et l’Eglise, pubblicato nel 1902, fra l’altro per confutare uno scritto di un protestante liberale, Adolf von Harnack (1851-1930), allo scopo di difendere la necessità della Chiesa in ordine alla salvezza, conteneva alcune tesi tipiche di ciò che sarebbe stato definito come modernismo e che saranno esplicitamente condannate dal magistero della Chiesa con il decreto Lamentabili sane exitu del 3 luglio 1907. Loisy aveva già pubblicato importanti studi sulla Sacra Scrittura, nel 1890 e nel 1891 — uno dei punti attorno ai quali esploderà la controversia modernistica — e, proprio a causa delle sue idee sulla Bibbia, nel 1892 era stato sospeso dall’insegnamento all’Institut Catholique, dove teneva un corso di esegesi biblica. Nello stesso anno Papa Leone XIII (1878-1903), Gioacchino Pecci (1810-1878), pubblicava l’enciclica Providentissimus Deus sugli studi biblici. Indubbiamente, la questione biblica, sorta in seguito agli studi prodotti da intellettuali protestanti, che mettevano in discussione alcune verità affermate dalla Sacra Scrittura, costituiva uno dei punti di maggiore difficoltà per l’apologetica cattolica e su di essa in particolare s’inserisce il modernismo, non soltanto con le opere di Loisy, ma anche con quelle, fra altre, del gesuita inglese George Tyrrel (1861-1909).
2. Il modernismo italiano
Il trasferimento a Roma, nel 1895, di monsignor Duchesne, nominato direttore dell’école Francaise, permette l’instaurarsi di quei contatti fra studiosi che saranno poi all’origine del modernismo italiano e favorisce anche l’influenza di monsignor Duchesne su religiosi come il barnabita Giovanni Semeria (1867-1931) e Giovanni Genocchi (1860-1926) della Congregazione del Sacro Cuore, anch’essi fra i protagonisti della crisi modernistica.
Possiamo distinguere tre periodi principali nella storia del modernismo italiano. Il primo attraversa l’ultimo decennio del secolo XIX, si spinge fino alla morte di Leone XIII ed è contrassegnato dai primi sviluppi del modernismo, resi manifesti soprattutto dall’apparire anche in Italia di alcune riviste di orientamento modernistico come, nel 1896, la Rivista bibliografica italiana diretta da don Salvatore Minocchi (1869-1943) e la rivista Cultura sociale, diretta da don Romolo Murri (1870-1944), uscita nel 1898, mentre nel 1901 sempre Salvatore Minocchi darà vita alla rivista Studi religiosi, alla quale collaboreranno tutti i principali esponenti del movimento riformatore.
Il secondo periodo va dal 1903 alla pubblicazione dell’enciclica Pascendi dominici gregis dell’8 settembre 1907 e coincide con i primi anni del pontificato di san Pio X (1903-1914), il patriarca di Venezia Giuseppe Sarto (1835-1914), successo a Leone XIII. Mentre quest’ultimo aveva contrassegnato il suo pontificato con il tentativo di una ricostruzione globale del pensiero cristiano di fronte alla sfida della modernità e in questo senso aveva promulgato una lunga serie di encicliche, Papa Sarto dedica le maggiori energie del pontificato alla riforma della Chiesa e occupandosi così anche della questione modernistica.
Il terzo periodo è successivo alla pubblicazione del documento pontificio e si protrae fino agli anni 1920, quando il fenomeno andrà progressivamente perdendo visibilità, anche se prenderanno corpo nella vita pubblica italiana, soprattutto nel campo sociale e politico, numerose idee riconducibili all’esperienza modernista. Questo periodo vede la realizzazione della seconda parte dell’enciclica, quella disciplinare, nella quale vengono date le disposizioni ai vescovi per debellare l’eresia, attraverso l’istituzione di un Consiglio di Vigilanza in ogni diocesi, dettando le norme per gli studi nei seminari e nelle istituzioni cattoliche e, in particolare, ponendo a fondazione degli stessi la filosofia di san Tommaso d’Aquino (1225-1274). Questo è anche il periodo nel quale si manifesta con maggiore vigore la lotta antimodernistica, che darà adito a numerose polemiche accese ancora oggi, soprattutto nei confronti di monsignor Umberto Benigni (1862-1934), il più conosciuto, con il gesuita Enrico Rosa (1870-1938), fra coloro che con maggior tenacia combatterono contro la diffusione del modernismo.
3. L’enciclica Pascendi
L’enciclica di san Pio X presenta una novità rispetto ai precedenti documenti del Magistero, quella di non limitarsi a condannare il fenomeno esaminato, ma di ricostruirlo nei suoi elementi essenziali. Essa riprende la dottrina dei diversi autori modernisti del tempo e quindi esamina le conseguenze di tale dottrina nei vari campi, analizzando così la presenza di elementi di modernismo nella filosofia e nella teologia e l’atteggiamento modernistico di fronte alla Rivelazione, soprattutto nell’esame della Sacra Scrittura. Il documento pontificio spiega come il modernismo fondi la religione sulla dottrina dell’immanenza vitale, in particolare sul bisogno presente nella subcoscienza dell’uomo.
Esisterà anche un modernismo nel campo sociale e politico, teso alla completa separazione fra la Chiesa e lo Stato e alla esaltazione acritica dei principi della Rivoluzione dell’Ottantanove come condizioni sociali ideali per la diffusione del Vangelo, errori ai quali, oltre alla Pascendi, risponderà in modo particolare la lettera di san Pio X agli arcivescovi e ai vescovi francesi Notre charge apostolique, del 25 agosto 1910.
4. Conclusioni
Semplificando, ma non troppo, si può dire che il modernismo sia stato un tentativo di rispondere, nel clima originato dal confronto-conflitto fra cristianesimo e modernità, al rapporto fra la realtà oggettiva della Rivelazione e l’importanza del fatto che l’atto di fede produca un’esperienza vitale nel credente. Sorto come critica all’astrattezza della filosofia scolastica, accusata di mancanza di senso della storia e quindi di essere incapace di rispondere ai bisogni «vitali» dell’essere umano, il modernismo compie l’errore di «immanentizzare» l’atto di fede, cioè di pretendere che la fede nasca dall’atto di credere. Da qui la critica modernistica alla formulazione dei dogmi e l’assunzione di molta parte della filosofia moderna, soprattutto della sua corrente immanentistica.
Messo in crisi il pensiero filosofico fondato sulla trascendenza, che, nell’insegnamento della teologia scolastica, preparava ad accogliere il dato rivelato, il modernismo diventa funzionale al pensiero anti-cristiano di fronte al quale era sorto anche con lo scopo di indicare una nuova e più efficace apologetica cattolica. I modernisti così perdono la speranza di poter costruire un mondo migliore perché più cristiano, nel senso che smettono di lottare per ricostruire una civiltà conforme ai principi naturali e cristiani, in quanto non la ritengono più possibile e forse neppure auspicabile. In questo senso forse si può leggere il percorso esistenziale di alcuni modernisti, come Ernesto Buonaiuti (1881-1946), Romolo Murri e George Tyrrel.
Se il modernismo verrà presto debellato, almeno nelle sue manifestazioni esteriori, dalla pronta reazione della Chiesa cattolica sul piano della dottrina e su quello disciplinare, è indubbio che i problemi che avevano favorito il sorgere dell’eresia definita dalla Pascendi come «sintesi di tutte le eresie» rimangono presenti e incombenti all’interno della Chiesa. Sono problemi grandi e delicati, come quello del rapporto tra fede ed esperienza, fra Rivelazione e teodicea, fra il sistema tomistico e scolastico e la filosofia moderna, fra Stato e Chiesa, come il problema del rapporto tra la funzione del sacerdote e quella del laico o come quello della libertà religiosa. Problemi che la Chiesa affronterà in modo particolare con i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) e soprattutto cercando l’equilibrio fra le difficoltà in campo intellettuale e nei rapporti con la cultura dominante insite nell’esigenza di affrontare i quesiti sollevati dal processo di secolarizzazione e il rischio di una nuova ondata di neo-modernismo, che in effetti si manifesterà negli anni dopo il Concilio. Questa forma di neo-modernismo, giudicata da Jacques Maritain (1882-1973) nella sua opera Il contadino della Garonna «[…] tale che il modernismo dei tempi di Pio X non appare al confronto che un modesto raffreddore da fieno» (cit. in Guasco, 16) — e scriveva queste cose nel 1966 —, riprende le stesse tematiche d’inizio secolo, aiutata dal clima di grande incertezza e concitazione venutosi a creare nel mondo cattolico in seguito al Concilio. Gli effetti sono devastanti: contrapponendo lo «spirito del Concilio» alla Chiesa come istituzione e interpretando i documenti conciliari alla luce di questo «spirito», in un decennio si crea un clima da tabula rasa che produce un grave conflitto interno alla Chiesa fra progressisti e conservatori o tradizionalisti, fino a giungere allo scisma promosso dall’arcivescovo francese mons. Marcel Lefebvre (1905-1991). Lo scopo del Concilio, che voleva una nuova azione missionaria nella «vecchia» Europa, viene ribaltato, soprattutto attraverso l’interpretazione fornita dai mezzi di comunicazione, superficiale e deformante ma creatrice di opinione. Qualcuno ha definito quanto accaduto dopo il Concilio all’interno della Chiesa come la vittoria postuma dei modernisti e non è un caso che da allora cominciarono a essere pubblicate, anche in Italia, un ampio numero di opere che rivalutavano il fenomeno, soprattutto per iniziativa di don Lorenzo Bedeschi (1915-2006).
Marco Invernizzi
22 ottobre 2018
Indicazioni bibliografiche
1. Generali
Fabro 1952. Cornelio C.S.S.P., Modernismo, voce in Enciclopedia Cattolica, Ente per l’Encicloipedia Cattolica e il Libro Cattolico, Città del Vaticano 1952, vol. VIII, coll. 1.188-1.196.
García de Haro 1972. Ramón (1931-1996), Historia teológica del modernismo, Universidad de Navarra, Pamplona (Spagna).
Poulat 1967. émile, Storia, dogma e critica nella crisi modernista, trad. it., Morcelliana, Brescia.
Ranchetti 1963. Michele (1925-2008), Cultura e riforma religiosa nella storia del modernismo, Einaudi, Torino.
2. Documenti del magistero pontificio
San Pio X 1907. Lettera Enciclica «Pascendi dominici gregis», dell’8 settembre (nel sito web <http://w2.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_19070908_pascendi-dominici-gregis.html>).
Idem 1993. La concezione secolarizzata della democrazia. Lettera agli arcivescovi e ai Vescovi francesi «Notre charge apostolique», del 25 agosto 1910, Edizioni di «Cristianità», Piacenza 1993.
3. Il modernismo in Italia
Guasco 1995. Don Maurilio, Modernismo. I fatti, le idee, i personaggi, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano).
Raponi e Zambarbieri 1981. Nicola (1931-2007) e Annibale, Modernismo, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, 1860-1980, 3 voll. in 7 tomi, Marietti, Casale Monferrato (Alessandria), vol. I, tomo 2, I fatti e le idee, pp. 310-333.
Scoppola 1961. Pietro (1926-2007), Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, il Mulino, Bologna 1961.