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Il Natale di Roma 2020: nuova nascita o morte annunciata dell’Urbe?

21 Aprile 2020 - Autore: Alleanza Cattolica

di Aurelio Carloni

La pandemia e il conseguente lockdown hanno cambiato radicalmente, almeno per il momento, il volto delle città, che nel pre-Covid apparivano caotiche, sempre sveglie e in movimento incessante, coperte da un ininterrotto rumore di fondo.

La contaminazione di culture, l’affermazione del desiderio dei singoli e delle masse di vivere la vita in maniera “lieve”, senza assunzione di responsabilità e pensando solo a se stessi a prescindere da qualunque norma di morale naturale, hanno reso quel volto egoista, chiuso e ripiegato sul piacere individuale. È così che le città, grandi e piccole, hanno perso velocemente la propria identità, vittime di questa cultura nichilista e relativista.

Dunque nel post pandemia come sarà Roma, “la città” per eccellenza, che oggi festeggia i suoi 2773 anni ab Urbe condita?

Sarà ancora la sciatta signora, un tempo splendida, che si è lasciata andare per l’indolenza dei suoi abitanti e per la colpevole inettitudine delle amministrazioni che si sono susseguite negli ultimi trent’anni o avrà un sussulto vitale e risorgerà dalle proprie ceneri – o meglio dalle proprie immondizie materiali e dalle proprie miserie morali e spirituali?

Perché si realizzi questa ipotesi, così cara a chi vive l’Urbe anche in questi giorni, occorrerebbe una élite in grado di guidare la ri-nascita di Roma, capitale della cristianità per duemila anni e ora ridotta allo stremo da un processo di secolarizzazione risalente almeno alla rivoluzione protestante.

E ci sarebbe bisogno di un popolo che conosca la storia della sua città, che la ami, che sia pronto a impegnarsi pensando al bene comune e sappia vedere la via da seguire per il futuro nei mille segni concreti della fede che ogni sua strada e vicolo mostrano. 

Di questa élite non vi è traccia e se del popolo ne resta qualcuna, va detto che sempre meno quest’ultimo crede nella possibilità di ricostruire una città di nuovo bella e fondata sulla buona novella che Pietro e Paolo portarono sulle rive del Tevere.

Tuttavia è proprio sulle residue “tracce antropologiche” di bene che si può rifondare l’Urbe, sapendo che richiederà il coraggio e la fede dei due apostoli che non videro gli esiti del loro apostolato e che seppero morire a testa in giù o decapitati per amore di quel Cristo che avevano un tempo rinnegato o addirittura odiato.

Martedi, 21aprile 2020


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