Nelle parole di Novella Calligaris il ricordo della barbarie del sistema socialcomunista. Che in Venezuela e Nicaragua continua a opprimere i popoli
di Marco Invernizzi
Novella Calligaris è stata una campionessa di nuoto che ha vinto medaglie olimpiche nel 1972, a Monaco, diventando poi primatista mondiale degli 800 stile libero. Si è ritirata a soli 19 anni e oggi è giornalista Rai. Intervistata da Alberto Caprotti (Avvenire, 15 agosto) sulle recenti polemiche scoppiate durante le Olimpiadi di Parigi a proposito della pugile algerina Imane Khelif, ha ricordato una verità “rimossa” del suo tempo, l’epoca delle ideologie (1914-1989), relativamente alle nuotatrici della Germania comunista di allora: «Alcune si facevano la barba prima di scendere in acqua. Lo choc era enorme. Ma voglio sottolineare una cosa: loro sono state vittime di un sistema, non carnefici».
Ma quale era questo sistema? Ogni tanto ho l’impressione che ci siamo dimenticati di che cosa sia stato il sistema comunista. Perché era proprio un sistema, come dice la nuotatrice italiana, che quando andava al potere produceva conseguenze come quelle che lei stessa racconta: «Per passare i test del testosterone e del bilanciamento progesterone-testosterone, le facevano mettere incinte e poi le facevano abortire. Nel secondo mese di gravidanza il corpo femminile è molto forte, il momento migliore per le prestazioni sportive. E questa era la loro condanna». All’intervistatore sembra una denuncia eccessiva, quasi surreale, e le chiede se sia certa di quello che afferma. «Una certezza assoluta – risponde la Calligaris – perché me lo hanno raccontato loro, anche se la Stasi (il servizio segreto della Germania dell’Est ndr) impediva di avvicinare le altre atlete. Avendo frequentato una scuola tedesca, parlavo la loro lingua. Erano state strappate alle famiglie e non potevano rifiutarsi. Tra le mie rivali di allora, qualcuna è morta, c’è chi ha avuto figli deformi, chi ha cambiato sesso. C’è un documentario della Tv tedesca che ha fatto luce su queste vicende. Una testimonianza terribile di quello che accadde: sembra un film dell’orrore».
Oggi il testosterone genera altri problemi, come abbiamo visto alle Olimpiadi di Parigi, nella boxe femminile: allora accadeva nel nuoto. Ma il ricordo del comunismo è sbiadito, molti preferiscono rimuoverlo, soprattutto quelli che allora non ebbero il coraggio di opporsi (anche fra i cattolici: non erano pochi i catto-comunisti) o per codardia, o perché ritenevano ineluttabile la vittoria del sistema sovietico, oppure perché affascinati dalla ricca offerta di comunismi diversi (il maoismo o il mito del “Che”) più “presentabili” di quello sovietico.
Proprio una di queste varianti socialcomuniste è stata rilanciata in America Latina attorno alla figura del generale venezuelano Hugo Chavez (1954-2013). Il “socialismo del XXI secolo”, come è stato chiamato, sembra oggi sul punto di implodere in Venezuela sotto il regime del successore di Chavez, Nicolas Maduro, che ha detto ufficialmente di avere vinto le ultime recenti elezioni, ma non fornisce i tabulati elettronici che lo dimostrerebbero, che invece sono stati esibiti dall’opposizione. Sembra un caso da manuale del golpismo latinoamericano, perché l’unica vera forza rimasta al servizio di Maduro è l’esercito, che impedisce la svolta democratica con la minaccia di un bagno di sangue. Tra l’altro, la vicenda lascia emergere un altro aspetto importante, cioè la partecipazione dei poveri, degli abitanti di Petare, il quartiere delle baraccopoli di Caracas, alle manifestazioni contro il regime di Maduro. La causa dei poveri è sempre stata l’arma più usata dalle sinistre, in Venezuela e nel mondo, ma oggi non è più così e l’utopia socialista ha mostrato al mondo che non soltanto essa non aiuta i poveri a uscire dalla loro condizione, ma impoverisce tutta la società dove il socialismo diventa “reale”.
Il 17 agosto, in 380 piazze del mondo, ma soprattutto all’interno del Venezuela, sono scese per la “Grande protesta per la Verità” milioni di persone, chiedendo che venga riconosciuta la vittoria elettorale dell’opposizione venezuelana, che ha sostenuto il candidato Edmundo Gonzalez Urrutia.
Contemporaneamente, in Nicaragua, il regime altrettanto socialcomunista di Daniel Ortega, che domina la scena politica da quasi mezzo secolo, ha arrestato decine di sacerdoti estendendo alla diocesi di Matagalpa (il cui vescovo, mons. Rolando Alvarez, è stato costretto all’esilio dopo essere stato condannato a 26 anni di prigione) l’azzeramento della presenza della Chiesa nel Paese, ritenendola la vera opposizione al suo potere.
Si fatica a trovare informazioni su questa persecuzione, e non si vede una grande e convinta solidarietà delle forze politiche (ma anche del mondo cattolico) a sostegno dell’opposizione venezuelana. Sarà il periodo estivo? O saranno scorie di socialismo rimaste nel corpo sociale? O forse sarà che Nicaragua e Venezuela sono sostenuti da Cina e Corea del Nord (comuniste) e dalla Russia di Putin? Sono impressioni che sperano di essere smentite.
Lunedì, 19 agosto 2024