di Daniele Fazio
In Sicilia, terra ricca di storia e di cultura, ma anche segnata da tante ferite, il Santo Padre Francesco ha fatto tappa per una visita pastorale che ha coinvolto, il 15 settembre, le diocesi di Piazza Armerina e di Palermo. Alla Chiesa di Piazza Armerina, che ha concluso il bicentenario dell’istituzione della diocesi, il Papa ha ricordato che al cristiano «[…] attende una missione avvincente, per riproporre il volto di una Chiesa sinodale e della Parola; Chiesa della carità missionaria; Chiesa comunità eucaristica». Alla luce di questi punti, il Pontefice ha dunque articolato il proprio discorso, incentrato sull’esortazione alla nuova evangelizzazione, tenendo fermamente a riferimento il Vangelo: «per realizzare questa missione, è necessario rifarsi sempre allo spirito della prima comunità cristiana che, animata del fuoco della Pentecoste, ha testimoniato con coraggio Gesù Risorto. Entrate con fiducia […] nel tempo del discernimento e delle scelte feconde, utili per la vostra felicità e per lo sviluppo armonioso. Ma per andare avanti in questo, voi dovete essere abituati alla Parola di Dio: leggere il Vangelo, tutti i giorni, un piccolo passo del Vangelo […] entrerà nel nostro cuore e ci farà più discepoli di Gesù e più forti per uscire, aiutare tutte le problematiche della nostra città, della nostra società, della nostra Chiesa». Da ciò scaturisce anche il servizio caritativo che, però, non va confuso con la filantropia: «Non dimenticate che la carità cristiana non si accontenta di assistere; non scade in filantropia – due cose diverse: carità cristiana e filantropia –, ma spinge il discepolo e l’intera comunità ad andare alle cause dei disagi e tentare di rimuoverle, per quanto è possibile, insieme con gli stessi fratelli bisognosi, integrandoli nel nostro lavoro». Della carità fa parte anche una particolare attenzione ai giovani, che devono ritrovare fiducia in Dio e fiducia nella Chiesa. Per questo vescovi e sacerdoti devono «Ascoltare! Ascoltare! E voi, sacerdoti, abbiate pazienza, pazienza costruttiva per ascoltare i giovani, perché sempre, nell’inquietudine dei giovani, ci sono dei semi del futuro». Il segreto per affrontare queste sfide è tuttavia l’Eucaristia, «da lì […] attingiamo l’amore di Cristo per portarlo nelle strade del mondo, per andare con Lui incontro ai fratelli. Con Gesù, con Lui – questo è il segreto – si può consacrare a Dio ogni realtà, far sì che il suo Volto si imprima nei volti, il suo amore colmi i vuoti di amore».
A Palermo, il Papa fa poi memoria del 25° anniversario dell’uccisione del beato Pino Puglisi (1937-1993), sacerdote diocesano che ha svolto il proprio ministero di parroco nel difficilissimo quartiere Brancaccio. Nell’omelia della Messa, celebrata nel Foro Italico davanti a circa 100mila persone, Francesco ha ricordato l’essenziale della figura del martire ucciso dalla mafia, che «non viveva per farsi vedere, non viveva di appelli anti-mafia, e nemmeno si accontentava di non far nulla di male, ma seminava il bene, tanto bene. La sua sembrava una logica perdente, mentre pareva vincente la logica del portafoglio. Ma padre Pino aveva ragione: la logica del dio-denaro è sempre perdente». Tra l’amore e l’egoismo, su cui soffia il diavolo, Bisogna scegliere il primo perché davvero conduce alla realizzazione e alla vittoria. Invoca, quindi, Francesco: «Dio ci liberi dal vivere al ribasso, accontentandoci di mezze verità. Le mezze verità non saziano il cuore, non fanno del bene. Dio ci liberi da una vita piccola, che gira attorno ai “piccioli”. Ci liberi dal pensare che tutto va bene se a me va bene, e l’altro si arrangi. Ci liberi dal crederci giusti se non facciamo nulla per contrastare l’ingiustizia. Chi non fa nulla per contrastare l’ingiustizia non è un uomo o una donna giusto. Ci liberi dal crederci buoni solo perché non facciamo nulla di male […]. Signore, donaci il desiderio di fare il bene; di cercare la verità detestando la falsità; di scegliere il sacrificio, non la pigrizia; l’amore, non l’odio; il perdono, non la vendetta». Cambiare prospettiva si può certamente, e ciò è valido per tutti, anche per i mafiosi, cui Papa Francesco – sulla scia dei Predecessori – si appella: «cambiate, fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Tu sai, voi sapete, che “il sudario non ha tasche”. Voi non potrete portare niente con voi. Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo, cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte». Dare la vita per i fratelli e non odiarli è il segreto di una vita bella e della stessa vittoria del beato Puglisi.