Perché Joseph De Maistre è ancora attuale e viene oggi rivalutato
di Ignazio Cantoni
Il 26 febbraio 1821, esattamente 200 anni fa, moriva il conte savoiardo Joseph de Maistre (1753-1821).
«Pensatore sublime» per il beato Antonio Rosmini, «filosofo politico di primo ordine» per Charles Augustin de Sainte-Beuve, su di lui Charles Baudelaire scrisse addirittura che «De Maistre ed Edgar Poe mi hanno insegnato a ragionare»; eppure per decenni un uomo così grande è stato visto poco più che l’«apologista del boia», con riferimento a un passo — ampiamente frainteso — delle Serate di San Pietroburgo.
Tuttavia, nonostante tale pessima fama, la sua grandezza è talmente indiscutibile da impedire che la cappa della cultura rivoluzionaria, egemone dappertutto, lo liquidasse nel dimenticatoio.
Negli ultimi anni, anche grazie a importanti pubblicazioni scientifiche — quali per esempio quelle di Richard Lebrun e Carolina Armenteros, di Marco Ravera e Teresa Serra, per citarne solo alcune —, tale giudizio è stato ampiamente rivisto.
In Italia, peraltro, non sono mancate diverse traduzioni in italiano di sue opere, segno di una vitalità editoriale mai venuta meno, pur nel suo piccolo.
Ma perché leggere ancora un autore che, per quanto importante sia stato, pare ormai lontano mille miglia dalle problematiche odierne? Credo che a questa legittima domanda si possano dare almeno tre risposte.
Anzitutto, lo studio del passato è fondamentale per intendere il presente: con una metafora cinematografica, si può intendere il fotogramma solo se si guarda tutto il film. Oggi che la Rivoluzione è, dal punto di vista qualitativo, arrivata al suo termine, dopo avere sbriciolato tutte le relazioni che l’uomo intrattiene con Dio, con gli altri, con le cose e con sé stesso, non perde di importanza sapere come si è arrivati a tale nefasto esito: la lettura degli autori contro-rivoluzionari che, ciascuno nella propria epoca, hanno tentato di smascherare il volto demoniaco della Rivoluzione, è e rimarrà fondamentale.
In secondo luogo, Maistre non denuncia solo la Rivoluzione nella sua fase politica, quella dominante al suo tempo: egli risale il corso della Rivoluzione fino ad arrivare a qual è la sua vera natura, l’empietà, e ne offre la terapia altrettanto radicale.
Da ultimo, Maistre offre numerose e importanti note anche per il futuro; quanto più si approfondisce la storia, tanto più si è in grado di cogliere le linee di forza che, arrivando da lontano e passando vicino nel presente, proseguono verso l’avvenire.
Un solo assaggio: «[…] una delle leggi più generali ed evidenti di quella forza, allo stesso tempo nascosta ed evidente, che opera e si fa sentire in ogni dove, è che il rimedio dell’abuso nasce dall’abuso e che il male, a un certo punto, si scanna da solo, e così deve essere: perché il male, che non è altro che una negazione, ha per limiti di dimensione e di durata quelli dell’essere a cui si è abbarbicato e che divora. Esiste cioè come il cancro, che non può finire che completandosi. Ma allora una nuova realtà si precipita necessariamente al posto di quella sparita, poiché la natura ha orrore del vuoto».
C’entrano qualcosa con questo horror vacui, credo, le odierne migrazioni di popoli, le pressioni culturali e geopolitiche del mondo non occidentale, caratterizzato da un’alta temperatura religiosa, e i trend demografici che demarcano mondi “vecchi” morti e mondi “giovani” che cercano di nascere.
Sabato, 20 febbraio 2021