Il 2 aprile ha chiuso la propria esistenza terrena monsignor Antonio Livi, uno dei più importanti, anche se purtroppo misconosciuto, filosofi italiani degli ultimi cento anni.
Nato a Prato nel 1938, è stato ordinario di Logica e Filosofia della conoscenza, nonché decano della facoltà di Filosofia nella Pontificia Università Lateranense. Discepolo del teologo italiano padre Cornelio Fabro C.S.S. (1911-1995) e del filosofo francese Étienne Gilson (1884-1978), nell’arco di sessant’anni ha concentrato gli studi sulla nozione di «senso comune». Ne sono prova Storia sociale della filosofia, del 1996 (nuova edizione, Società Editrice Dante Alighieri, Roma 2007-2009) e il trattato Filosofia del senso comune. Logica della scienza e della fede, del 1990 (terza edizione aggiornata, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2018).
Il merito della riflessione di monsignor Livi sul senso comune non è l’avere indagato il «buon senso» dell’«uomo della strada», tutt’altro che disprezzabile, ma anch’esso figlio del suo tempo e spesso condizionato da pre-giudizi culturali non sempre buoni. Con l’espressione «senso comune» Livi indica l’insieme delle certezze che ogni uomo ha e che stanno alla base di tutte le sue successive conoscenze, e che l’uomo non può negare, pena trovarsi privato della stessa capacità di conoscere: «il pensiero umano […] fa capo a un preciso e ristretto numero di conoscenze primarie […] che tutti (sia pure implicitamente) posseggono come evidenze immediate e come fondamento attuale di ogni forma e di ogni livello di conoscenza, tanto che ogni dubbio a loro riguardo è meramente retorico».
Quali sono queste certezze, queste evidenze, senza cui l’uomo non può conoscere nulla? Eccole: 1) l’esserci e il divenire di tante cose: “ci sono delle cose”; 2) l’io come soggetto: “nel mondo ci sono io, che conosco il mondo”; 3) l’esistenza di enti analoghi all’io: “nel mondo ci sono degli altri, simili a me, con i quali comunico”; 4) l’esistenza di leggi di tipo morale: “il mio rapporto con gli altri e il rapporto degli altri con me sono rapporti diversi da quelli fisici, perché implicano diritti e doveri”; 5) l’esistenza (non esperibile ma indubitabile) di un Fondamento trascendente di tutta la realtà conosciuta: “all’origine dell’esistenza delle cose e come fondamento dell’ordine che lega con leggi fisiche e morali il mondo, me e gli altri, ci deve essere un’Intelligenza creatrice e ordinatrice, che è anche l’ultimo Fine mio e di tutto”.
Alleanza Cattolica ha compiuto un pezzo di strada importante con monsignor Livi, a partire dalla voce sul senso comune scritta dal fondatore Giovanni Cantoni nel 1997 per il Dizionario del Pensiero Forte, che innescò una proficua collaborazione.
Grata di tali insegnamenti, Alleanza Cattolica lo affida alle braccia del Signore.
Venerdì, 3 aprile 2020