Pubblicare la trascrizione di intercettazioni prima che le espressioni captate siano colte nel loro vero significato, e quindi siano inserite in un provvedimento giudiziario che le valuti nella loro interezza, non è soltanto un atto illecito. E’ qualcosa che ti ferisce in profondità se sei sbattuto senza ragione sulle pagine dei quotidiani o nei tg: in troppi casi a distanza di tempo si accerta che le frasi a cui si è dato un senso in realtà ne avevano un altro. In troppi casi quel che viene diffuso non ha alcun rilievo penale: riguarda una sfera personale che da un ventennio, da quando cioè esistono norme e istituzioni a tutela della privacy, è sempre più pesantemente violata. E’ questione vecchia, esplosa e incancrenita da molto prima del colloquio telefonico indebitamente registrato e propalato fra Matteo Renzi e suo padre. Non è mai troppo tardi per indignarsi; e magari per chiedersi in concreto come venire fuori da prassi tanto selvagge quanto impunite. Peccato che indignazione e richieste di contromisure seguano solo all’essere colpiti personalmente. Prima no, andava tutto bene. Anzi, frasi smozzicate, spesso riportate da brogliacci imprecisi, fondavano imperiose richieste di dimissioni, col swing della rottamazione. E’ ingiusto pure se colpiscono senza motivo qualcuno diverso da te e dal tuo babbo.
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