La Regalità di Cristo era lo scopo originario dell’Università Cattolica, fondata nel 1921, che ha attraversato i marosi del Sessantotto e affronta ancora oggi la tentazione di adeguarsi al “pensiero unico”
di Oscar Sanguinetti
Cento anni fa nasce il primo ateneo cattolico d’Italia, dedicato al Sacro Cuore di Gesù. Fondatore il francescano Agostino Gemelli (1878-1959), al secolo affermato psicologo.
Si corona così il sogno dei cattolici italiani — fra cui il beato Giuseppe Toniolo (1845-1918) — di avere un centro di formazione alternativo a quelli statali, tutti permeati dalla cultura secolaristica, quando non anti-cattolica.
Attorno a padre Gemelli, primo rettore, si raduneranno figure di prestigio dell’apostolato cristiano come Armida Barelli (1882-1952), Ludovico “Vico” Necchi (1876-1930), don Francesco Olgiati (1886-1962), Sofia Vanni Rovighi (1908-90), Ezio Franceschini (1906-83) e tanti altri.
Prima della Rivoluzione francese tutto l’insegnamento, anche quello scientifico, aveva al centro la teologia cattolica. Dopo il 1789 l’insegnamento era stato laicizzato e dopo il 1861 statalizzato, le facoltà teologiche relegate in ambito ecclesiastico. Il Cattolicesimo aveva così subito non poche penalizzazioni. La Massoneria, tornata prepotentemente dopo l’Unità, occupava con suoi uomini pressoché tutti i vertici e i quadri dell’insegnamento e delle professioni. Tra il XVIII e il XX secolo, che un cattolico fosse discriminato in quanto tale nella sua carriera era cronaca di tutti i giorni. Grandi sforzi erano stati compiuti dalle congregazioni religiose per riconquistare spazio nell’istruzione inferiore, ma mancava un luogo di alta cultura che preparasse uomini e donne cristiani a carriere di responsabilità.
Solo nel 1921, grazie al clima postbellico e alla minor diffidenza dei laicisti, il progetto gemelliano potrà diventare realtà. La nascente Università Cattolica del Sacro Cuore era, al momento, l’unico ateneo milanese, dato che la città universitaria dell’antico Ducato era da sempre Pavia. Sei anni dopo, lo Stato, per rompere questo strano “monopolio”, aprirà a Milano, presso la sede della Ca’ Granda, una sua università multidisciplinare, l’attuale Università Statale.
Alla “Cattolica” si formeranno generazioni di professionisti, intellettuali, giuristi, medici, politici, persino sacerdoti e religiosi, che andranno a popolare e irrobustire la classe dirigente italiana. Tuttavia l’anima delle origini, fedele alla tradizione metafisica e alla sociologia cattolica classica, ma soprattutto all’afflato religioso, che permeava l’intero insegnamento e lo finalizzava — con l’ausilio di iniziative, fondate da Gemelli e dalla Barelli, volte a risvegliare la spiritualità laicale degli allievi — a «[…] promuovere la diffusione della dottrina della regalità di Cristo “centro del cosmo e della storia», a poco a poco scolorirà, mentre prevarranno orientamenti tecnicistici, positivistici e, in generale, prospettive più in consonanza con il mainstream moderno. Anche nella politica, l’originario progetto di “conversione” dello Stato — pur non esente da ambiguità — lascia spazio pressoché totale al “cattolicesimo democratico”, che finisce per emarginare le altre culture politiche cattoliche. Nella sua Intervista sulla DC del 1986 Ciriaco De Mita (1928-), allora studente ospite del collegio Augustinianum, ricorda divertito il disprezzo e il dileggio con cui erano accolte dai giovani ospiti dei pensionati universitari le conferenze di Luigi Gedda (1902-2000), il capo dei Comitati Civici.
Alla vigilia del Sessantotto l’ateneo cattolico sarà fra i primi a entrare in fermento e molti “contestatori” cattolici finiranno per confluire nel Movimento studentesco comunista, che egemonizzerà la protesta.
Successivamente, a partire dagli Anni 1980, la tensione politica era destinata a stemperarsi e l’ateneo di largo Gemelli, con tutte le sue sedi distaccate fra Milano, Piacenza e Roma, s’imporrà come uno dei poli di ricerca e di formazione più importanti d’Italia.
Venerdì, 4 giugno 2021