San Giovanni Climaco, Cristianità n. 270 (1997)
La scala del Paradiso, introduzione, traduzione e note a cura di Calogero Riggi, 2a ed., Città Nuova, Roma 1996, Discorso I, 5, pp. 48-50. Titolo redazionale.
La chiamata alla milizia del Re dei re
È all’inizio della nostra rinuncia che dobbiamo adoperarci per acquistare la virtù, sobbarcandoci alla tribolazione e ad ogni amarezza; man mano che progrediremo la vivremo con nessuna o con poca pena. Quando il sentimento mortale sarà assorto e dominato dal buon volere, la eserciteremo con gioia piena, con impegno e trasporto, per via delle fiamme dell’amore divino.
Quanto sono da lodare coloro che osservano fin dagli inizi con piena gioia ed impegno vigoroso ciò che Dio comanda, altrettanto sono da compiangere coloro che pur avendo abbracciato la vita ascetica da tanto tempo ne portano a malapena ancora il giogo, seppure lo trascinano. Non intendiamo né condannare né biasimare la rinuncia intrapresa così a caso o addirittura per forza: come quella di certuni che ho visto schivare e seguire malvolentieri il re che andava loro incontro, controvoglia mettersi al suo seguito, con lui entrare nella reggia e sedere a banchetto. Ho visto infatti semi caduti nel terreno a caso produrre poi frutti abbondanti ed eccellenti, ma ho visto anche il caso inverso. Ho notato un ricoverato in ospedale per una diversa malattia o per altro motivo, tuttavia vinto e costretto dalla cortesia del medico guarire dalla caligine che gli offuscava la vista oppure ottenere non voluti successi, ma più fermi e più sicuri di quelli voluti.
Nessuno si escluda come indegno dalla vita ascetica cui è stato chiamato portando come scusa la gravità o il numero dei peccati; non si tenga a vile per la sua mollezza cercando nel peccato la scusa per peccare ancor di più, poiché proprio dove è più profondo il marcio occorre un intervento più incisivo del medico per estrarre il pus. I sani non frequentano la casa di cura.
Quando chiama un re della terra a militare tra i suoi sudditi e al suo cospetto, non indugiamo né cerchiamo scuse ma abbandoniamo ogni cosa per seguirlo; quando ci chiama alla sua milizia il Re dei re, il Signore dei signori, il Dio degli dei, guardiamoci bene dall’opporre un rifiuto per dappocaggine e trascuratezza, per non doverci trovare poi senza difesa al suo supremo tribunale. Chi è legato con catene di ferro ai negozi secolari potrà trovare difficile il muoversi, proprio come quelli che camminando con i ferri ai piedi spesso incespicano e si ammaccano di continuo. Chi poi vive la vita del mondo da non sposato, quantunque legato alla catena degli affari rassomiglia in qualche modo a chi ha legate soltanto le mani; se perciò vuole correre per abbracciare la vita monastica non ne è impedito. Ma lo sposato è nelle condizioni di colui che ha legate le mani e i piedi.
Ho udito dire ad alcuni che vivevano nel secolo senza affanni: «Come possiamo — mi domandavano — partecipare ai beni della vita monadica, pur restando nella vita coniugale e sommersi nelle cure del secolo?». Risposi loro: «Fate tutto quel che potete fare: non parlate mai male di nessuno, non rubate, non mentite, non insultate né odiate alcuno, non disertate la sinassi, abbiate compassione dei bisognosi, non date scandalo a nessuno, rispettate i diritti dell’altrui coniuge, contentate di quel che vi deve dare la moglie; se opererete in questo modo non sarete lontani dal regno dei cieli».
San Giovanni Climaco (secolo VII)