di Andrea Morigi
“La Civiltà Cattolica” (1850-2000)
1. La nascita
Il primo fascicolo de La Civiltà Cattolica, la rivista quindicinale di cultura dei gesuiti italiani, esce a Napoli il 6 aprile 1850, su iniziativa di padre Carlo Maria Curci (1809-1891), coadiuvato dai migliori scrittori della Compagnia di Gesù quali i padri Luigi Taparelli D’Azeglio (1793-1862), filosofo del diritto, Matteo Liberatore (1810-1892), cultore della filosofia tomista, Antonio Bresciani (1798-1862), letterato, e Giovanni Battista Pianciani (1784-1862), studioso di scienze naturali, nonché Carlo Piccirillo (1821-1888) e Giuseppe Oreglia di Santo Stefano (1823-1895), a quel tempo ancora studenti. Molti di loro formeranno il primo Collegio degli Scrittori — la comunità autonoma dei redattori, dipendente direttamente dal Padre Generale, il superiore della congregazione religiosa —, costituito “perpetuamente” il 12 febbraio 1866 con il breve pontificio Gravissimum supremi di Papa Pio IX (1846-1878). Fino al 1933 gli autori conservano l’anonimato, da quell’anno gli articoli sono firmati.
Il successo della rivista — legato anche all’efficiente sistema di distribuzione — è tale che del primo volume se ne ordineranno otto ristampe. Gli associati alla fine del primo trimestre sono già 6307 e salgono ben presto a 11800, cifra record per quei tempi, così che il periodico diventa la prima pubblicazione italiana a diffusione nazionale. Senza mai mutare periodicità, dimensioni e grafica, con le medesime rubriche — articoli, rivista della stampa, cronaca contemporanea e, dal 1856, rassegna bibliografica — e con lo stesso scopo, che privilegia l’aspetto formativo rispetto a quello informativo, la rivista attraverserà un panorama storico complesso, come quello italiano fra il Risorgimento e la fine del secondo millennio, superando tutte le tensioni interne ed esterne alla Chiesa, i mutamenti politici e quelli di costume, senza condiscendenza verso il “villaggio globale”, facendosi forte anche di un respiro internazionale di molto precedente, e in un certo modo estraneo, alle nuove forme di comunicazione. Alla base di questo atteggiamento non vi è un rifiuto delle tecnologie moderne — Radio Vaticana viene affidata allo stesso ordine religioso, che la gestisce tuttora —, ma la considerazione di esse come semplici strumenti, secondari rispetto al messaggio. E il tema della comunicazione è affrontato con attenzione da padre Enrico Baragli, fino al 1992 esperto di cinema e di televisione de La Civiltà Cattolica.
Se nessun’altra congregazione religiosa ha mai potuto vantare un organo di stampa di tale livello e diffusione, deve esservi un elemento “di più” — che sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù, chiamerebbe magis — a caratterizzare il disegno a lungo termine di una redazione sempre al centro delle tempeste sociali e politiche, e che consiste nel voler operare nella prospettiva della “maggior gloria di Dio”. Ciò non toglie che dietro vi sia — e non lo testimonia soltanto la longevità del quindicinale — un progetto autentico e non una semplice avventura editoriale.
2. Il piano di battaglia
L’ampiezza e la profondità degli obbiettivi perseguiti emergono dal serrato confronto e dalla lunga preparazione svoltisi all’interno della Compagnia di Gesù, di cui dà testimonianza una consistente documentazione archivistica. Di un giornale o di una rivista redatta dai gesuiti si parla già nel 1846, come prova la fitta corrispondenza intercorsa fra i padri italiani, le gerarchie della Compagnia, in particolare il Padre Generale Johannes Philippe Roothan (1783-1853), e quindi la Santa Sede, anch’essa interessata a disporre di una voce ufficiosa ma autorevole, con la quale diffondere le proprie tesi dinanzi alla Rivoluzione nazionalista che di lì a poco avrebbe sconvolto gli equilibri degli Stati europei, compreso quello pontificio. Di non minore importanza sono le ideologie che in quegli anni si moltiplicano e costituiscono un fronte composito, rappresentato non solo dal razionalismo illuministico settecentesco, ma anche dallo “spettro” marxista “che si aggira per l’Europa”, insieme a un complesso nucleo di filosofie e di discipline che mettono in secondo piano la visione religiosa del mondo.
Non si può escludere che, per affrontare queste dottrine, i redattori de La Civiltà Cattolica adottino una metodologia a loro cara e che può essere sintetizzata nella formula agere contra, mutuata dagli Esercizi Spirituali scritti dal loro fondatore. Si tratta, nella sfera morale, di opporre la virtù contraria al vizio dominante per far trionfare la volontà di Dio su quella dell’uomo, e, mutatis mutandis, nella vita intellettuale e in materia teologica, di proporre la verità contro l’errore, un metodo applicabile anche in domìni quali l’economia, il diritto e le scienze, se si afferma la possibilità di sottoporre ogni agire umano a un giudizio morale. In ambito politico, lo stesso sistema trova attuazione nel rivendicare un ruolo alla Chiesa, in qualità di “anima” della società temporale. Non è estraneo a questa modalità d’intervento sulle vicende d’attualità nemmeno il carattere “militare” della vocazione dei gesuiti, che li vede sempre schierati in contrapposizione diretta e che li porta naturalmente a respingere dapprima le tesi conciliatoriste, poi ogni aspetto compromissorio. Solo all’indomani del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), quando la spiritualità delle “due bandiere” — anch’essa centrale negli Esercizi Spirituali ignaziani e che induce a una rappresentazione drammatica delle forze in campo — cadrà un po’ in disuso, si aprirà la strada a un rapporto meno conflittuale con la modernità e con il “secolo”. Si placheranno così anche i toni della polemica antiprotestante, in nome dell’ecumenismo e del dialogo con le altre confessioni religiose. Anche in questo mutamento, tuttavia, si può scorgere in trasparenza un’indicazione da sempre radicata nel percorso didattico dei membri della Compagnia, cioè lo sforzo di salvare nella misura del possibile l’affermazione dell’interlocutore e, in ogni caso, di considerare quanto può ridurne la responsabilità, come scriveva padre Taparelli d’Azeglio nel 1847: “I compilatori nel combattere gli errori abbiano presente fin dove essi si accostino al vero, e così accordino agli erranti quello che veramente a loro si compete affinché riesca loro meno amaro riconoscersi convinti del falso”.
3. Intervento a tutto campo
Nei primi mesi di vita La Civiltà Cattolica incontra serie difficoltà nel Regno delle Due Sicilie, prima perseguitata da consiglieri e da ministri massoni e imbevuti di spirito anticurialista, poi censurata dalla polizia, così che, nel settembre del 1850, la redazione si deve trasferire a Roma, dove rimarrà sempre, salvo una breve sospensione delle pubblicazioni nel 1870 — dopo la conquista della città da parte delle truppe del Regno d’Italia —, e un periodo fra il 1871 e il 1887, in cui gli scrittori risiederanno a Firenze.
La storia della rivista è strettamente legata alla vita religiosa, politica e sociale italiana e internazionale, perché essa non è rimasta estranea a nessuno dei grandi avvenimenti degli ultimi centocinquanta anni. Protagonista del dibattito culturale che si svolge in Italia e nella Chiesa nella seconda metà del secolo XIX, La Civiltà Cattolica porta un contributo decisivo al Sillabo — la raccolta di ottanta proposizioni condannate da Papa Pio IX in diversi documenti e pubblicata nel 1864 con l’enciclica Quanta cura —, al Concilio Ecumenico Vaticano I (1869-1870) e, soprattutto, all’opera di restaurazione della filosofia tomista, che avrà il suo coronamento durante il pontificato di Papa Leone XIII (1878-1903).
Riveste un ruolo di primo piano anche sulla scena politica, seguendo con attenzione le vicende che portano all’unificazione politica d’Italia e alla nascita della Questione Romana, dopo la breccia di Porta Pia, del 1870, fungendo sempre da pietra d’inciampo per la classe politica liberale, minoritaria nel paese. Il mondo culturale laicista reagisce con la fondazione, a Torino, della rivista Il Cimento, uscita dal 1852 al 1856, sulla quale il filosofo Bertrando Spaventa (1817-1883), che s’ispira al pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), e lo storico della letteratura Francesco De Sanctis (1817-1883) cercano di confutare gli articoli della rivista cattolica.
I gesuiti si rivolgono alla maggioranza degli italiani, largamente cattolica, e tentano di costruire una scuola per una classe dirigente preparata ad affrontare il futuro, soprattutto dopo il graduale venir meno del non expedit, il divieto imposto ai cattolici da Papa Pio IX di prender parte attivamente alla vita politica nazionale. Non altrimenti accade durante il fascismo, sempre nel tentativo di dar vita a un’élite, ovviando all’assenza di figure di rilievo nel movimento cattolico. Nel 1930, nell’ambito dello scontro fra Stato e Chiesa verificatosi dopo il Concordato del 1929, viene scoperto addirittura un legame fra il gruppo antifascista d’ispirazione monarchico-cattolica Alleanza Nazionale e padre Enrico Rosa (1870-1938), direttore de La Civiltà Cattolica.
Nel 1936 il periodico tratta della liceità delle annessioni coloniali, affrontata da padre Antonio Messineo (1897-1968) in un frangente delicato come quello della conquista italiana dell’Etiopia e del conseguente scontro fra l’Italia e la Società delle Nazioni, e nel 1937 pubblica la lettera — ignorata anche da L’Osservatore Romano — con cui i vescovi spagnoli prendono posizione sulla guerra civile sostenendo il movimento nazionale. Nello stesso tempo, le pagine de La Civiltà Cattolica non omettono la denuncia di tutti i totalitarismi che insanguinano il 1900. Da rilevare, fra l’altro, l’opera di padre Robert Graham, dedicatosi alacremente a smentire le teorie storiche sul preteso “silenzio” di Papa Pio XII (1939-1958) a proposito dei campi di sterminio nazionalsocialisti.
4. Dalla difesa alla costruzione
Per quanto riguarda l’Italia, nel secondo dopoguerra, articoli di fuoco, come quelli firmati da padre Riccardo Lombardi (1908-1979), richiamano il mondo cattolico alla necessità di organizzarsi per combattere le sinistre nella campagna elettorale del 1948. Si era già verificato un dissidio interno al Collegio degli Scrittori sull’opportunità dei cattolici di allearsi con schieramenti diversi: mentre il direttore della rivista, padre Giacomo Martegani (1902-1981), vede con favore un “asse” di destra fra Uomo Qualunque, Movimento Sociale Italiano e parte della Democrazia Cristiana e, insieme al vescovo di Pompei, in provincia di Napoli, mons. Roberto Ronca (1901-1978), favorisce la costituzione del movimento Civiltà Italica, prevale invece una linea conforme, anche se critica, alle strategie di Alcide De Gasperi (1881-1954), rappresentata da padre Messineo e da padre Salvatore Lener (1907-1983). Giunge poi l’età del “compromesso storico”, accompagnata sulla rivista da un costante appello all’unità politica e partitica dei cattolici, che sfocia in un pressante e perdurante richiamo a “rifondare” la DC. Intanto, avanza il processo di secolarizzazione della società italiana, visibile nelle sconfitte referendarie su temi come il divorzio e l’aborto. I fedeli diventano minoranza nel paese e s’indebolisce la loro forza politica, fino alla frammentazione e alla “libera uscita” dell’elettorato democristiano dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1989, e l’inizio di Tangentopoli.
Il lungo pontificato di Papa Giovanni Paolo II influisce inevitabilmente anche sulle scelte della Compagnia di Gesù e sulla rivista, favorendo una ritrovata missionarietà e la ripresa di articoli apologetici. Ordinata alla Nuova Evangelizzazione in un mondo culturalmente sempre più disomogeneo e attratto da punti di riferimento diversi da quelli del Vangelo, l’azione de La Civiltà Cattolica — ora che la Cristianità è un ricordo — sembra richiamarsi alla sua idea fondatrice: la fede diventa cultura quindi, estendendosi pure ai profili istituzionali, una civiltà.
Per approfondire: Francesco Dante, Storia della “Civiltà Cattolica” (1850-1891). Il laboratorio del Papa, Studium, Roma 1990; Giuseppe De Rosa S.J., La Civiltà cattolica. 150 anni al servizio della Chiesa. 1850-1999, La Civiltà Cattolica, Roma 1999; Marco Invernizzi, Il movimento cattolico in Italia dalla fondazione dell’Opera dei Congressi all’inizio della seconda guerra mondiale (1874-1939), Mimep-Docete, Pessano (Mi) 1995; e Giovanni Sale S.J., “La Civiltà cattolica” nei suoi primi anni di vita, in La Civiltà cattolica, anno 150°, volume I, quaderno 3570, 20-3-1999, pp. 544-557.