
Non è giusto tutto ciò che si desidera, ma solo ciò che corrisponde a quei principi, derivanti dalla natura, validi in ogni tempo
di Giancarlo Cerrelli
Nel nostro tempo, in cui spesso si confonde ciò che è giusto con ciò che ciascuno desidera, il discorso di Papa Leone XIV al Giubileo dei Governanti del 21 giugno 2025 rappresenta un importante punto di riferimento, non solo per i politici ma per tutti coloro che cercano il bene comune.
Rivolgendosi ai parlamentari di 68 Paesi, il Papa ha fatto un forte richiamo alla “legge naturale”, cioè a quei principi di giustizia validi per tutti gli uomini, in ogni tempo, perché radicati nella natura umana. Questa legge non dipende dai governi o dalle maggioranze, ma precede le leggi scritte ed è il fondamento di ogni vero diritto.
Citando Cicerone, il Pontefice ha ricordato che la legge naturale è “costante ed eterna”, e che nessuno può abolirla o cambiarla. Un messaggio forte, soprattutto oggi, quando spesso si pensa che basti una legge votata per rendere giusto ciò che è legale, anche se in contrasto con la dignità dell’uomo.
Il Papa ha spiegato che il diritto non nasce solo dalla volontà dei legislatori, ma deve riconoscere un ordine oggettivo delle cose, legato alla natura dell’essere umano. Quando si dimentica questo principio, il diritto perde stabilità e si piega ai desideri momentanei, perdendo di vista il bene comune.
«La legge naturale – ha affermato il Papa – costituisce la bussola con cui orientarsi nel legiferare e nell’agire, in particolare su delicate questioni etiche che oggi si pongono in maniera molto più cogente che in passato, toccando la sfera dell’intimità personale». E ciò lascia intendere come il riferimento alla legge naturale sia oggi fondamentale su temi etici molto delicati, come l’aborto, l’eutanasia, la ridefinizione della famiglia, le tecniche di manipolazione della vita nascente e il calo delle nascite voluto da alcune politiche. Senza una base nella legge naturale, le leggi rischiano di diventare strumenti d’ingiustizia, anche se mascherate da progresso.
Per il Magistero della Chiesa, ribadito dal Papa, ciò che è giusto non dipende dal consenso delle maggioranze, ma dalla verità sull’uomo. Una norma è giusta non perché è stata votata, ma perché corrisponde al vero bene dell’essere umano. Solo così le leggi possono essere davvero «uguali per tutti», perché fondate sulla comune natura umana e non sugli interessi dei più forti.
Il Papa ha anche ricordato che la politica, come diceva Pio XI, è «la forma più alta di carità», quando è al servizio della verità e della giustizia. Ma per esserlo davvero, la politica deve partire da una visione dell’uomo come essere degno e creato a immagine di Dio. Per questo non deve escludere la dimensione spirituale, ma anzi riconoscerla come fonte di unità, a partire proprio dalla legge naturale.
Oggi, mentre si cerca di ridefinire l’essere umano con strumenti tecnologici e ideologici, il Papa ci invita a tornare alla legge naturale come bussola per costruire una società giusta e umana. Questa legge non è un retaggio del passato, ma una guida viva e attuale per il futuro.
Per i governanti, accogliere questo messaggio significa capire che il loro compito non è seguire le mode, ma difendere il bene comune. Fare leggi non è solo esercizio di potere, ma un atto di responsabilità morale. Per questo il Papa ha proposto san Tommaso Moro come esempio: un politico che ha scelto la verità, anche a costo della vita.
Il Giubileo dei Governanti è stato così un appello forte e profondo: un invito a riscoprire la politica come servizio alla giustizia, fondata su un diritto che nasce dalla verità sull’uomo.
In un’epoca segnata dal potere tecnico e dall’arbitrio, la Chiesa richiama tutti alla sola via che porta alla vera libertà e alla pace: la legge naturale, scritta da Dio nel cuore di ogni uomo.
Lunedì, 30 giugno 2025