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La lezione dell’Areopago

29 Giugno 2025 - Autore: Aurelio Carloni

Atene - Aeropago

San Paolo ci insegna che approcciare il neopagano del nostro secolo con un tono eccessivamente polemico è controproducente. Egli stesso non attaccò frontalmente i pagani ateniesi, ma prese il buono della loro cultura per condurli a Cristo

di Aurelio Carloni

Oggi la Chiesa cattolica, apostolica, romana festeggia i Santi Pietro e Paolo, patroni di Roma, città che ospita, oltre alla sede di Pietro, anche la culla lignea di Gesù Bambino in Santa Maria Maggiore.

Una Capitale dove sono evidenti, come ovunque nella Magna Europa, i segni marcescenti del suicidio dell’Occidente. Mi riferisco anche e soprattutto a quello che la vista non coglie, semplicemente perché non c’è. Girando per Roma tra i turisti globalizzati lo sguardo fatica a trovare donne incinte, carrozzine e bambini portati per mano (abbastanza diffusi a dire il vero tra i visitatori stranieri). È l’effetto reale del suicidio demografico che è, a sua volta, il portato più drammatico del relativismo e del nichilismo di una società che nega nella sua quotidianità senza senso l’esistenza di Dio.

Roma è tornata sotto diversi aspetti indietro di duemila anni, quando Paolo la trovò pagana, anche se già con alcune comunità embrionali di cristiani. Studiare san Paolo offre spunti straordinari per l’apostolato di oggi in una realtà che è appunto scristianizzata e neopagana. Secondo Giacomo Alberione, fondatore della famiglia Paolina e delle Edizioni Paoline, se nascesse oggi san Paolo farebbe il giornalista. Propongo quindi qualche riflessione su San Paolo come apostolo della comunicazione che spero possa essere utile per l’apostolato di ciascuno.

L’uso delle lettere alle comunità e ai singoli rappresenta un esempio della sua straordinaria capacità di innovare e di diffondere la fede. San Paolo ricorda che «Fides ex auditu». La fede, cioè, dipende dalla predicazione, quindi da una buona comunicazione. Un Vangelo chiuso che non sia aperto, letto e vissuto da un uomo che ne diffonda i suoi contenuti e il suo insegnamento divino – sia con la parola ben pensata e ben detta, sia con l’esempio – non produce cristiani.

San Paolo, che per primo comprese l’universalità del messaggio di Nostro Signore, che era da portare a ebrei e non ebrei, può aiutare ad avvicinare le donne e gli uomini di oggi, che vivono da neopagani e come se Dio non esistesse. Sotto questo profilo l’episodio dell’Areòpago, una sede a metà tra un senato e un’accademia che raccoglieva gli intellettuali dell’epoca, è illuminante.

Negli Atti degli Apostoli si legge:

«Paolo allora si alzò in mezzo all’Areòpago e disse: “Cittadini ateniesi, io vedo che voi siete persone molto religiose da tutti i punti di vista. Ho percorso la vostra città e ho osservato i vostri monumenti sacri; ho trovato anche un altare con questa dedica: al dio sconosciuto. Ebbene, io vengo ad annunziarvi quel Dio che voi adorate ma non conoscete.
Egli è colui che ha fatto il mondo e tutto quello che esso contiene. Egli è il Signore del cielo e della terra, e non abita in templi costruiti dagli uomini (…).
Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: “Su questo ti sentiremo un’altra volta”. Così Paolo si allontanò da loro. Ma alcuni si unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dionigi, membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro» (At. 17,22-34).

Qual è la prima lezione di san Paolo? Quella che il fondatore di Alleanza Cattolica, Giovanni Cantoni, ha sempre insegnato. Ossia quella dei coaguli. Quando ti trovi di fronte qualcuno che ignora in buona fede che cosa siano il bene e il male, bisogna partire da ciò che ti unisce a lui. San Paolo avrebbe potuto iniziare col minacciare d’inferno gli ateniesi che adoravano gli dèi pagani. Non lo fece, partì invece dal Dio ignoto per evangelizzarli.

Papa Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali del 2009 ricorda come:

«Nei primi tempi della Chiesa, gli Apostoli e i loro discepoli hanno portato la Buona Novella di Gesù nel mondo greco-romano: come allora l’evangelizzazione, per essere fruttuosa, richiese l’attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei popoli pagani nell’intento di toccarne le menti e i cuori, così ora l’annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie suppone una loro approfondita conoscenza per un conseguente adeguato utilizzo».

Il richiamo iniziale è chiarissimo: l’evangelizzazione richiese l’attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei popoli pagani nell’intento di toccarne le menti e i cuori. San Paolo, l’apostolo delle genti, ossia dei gentili e degli incirconcisi, amareggiato per l’ostinazione degli ebrei, si rivolse appunto ai non ebrei. E lo fece con un tono dolce e consapevole delle difficoltà che incontravano nel comprendere un messaggio così innovativo come quello di Gesù Cristo.

San Paolo insegna ad avere pazienza e a scegliere di volta in volta il momento giusto e la sede giusta (areòpago o agorà?) per fare apostolato, mossi dalla carità spirituale che deve illuminare gli ignoranti. Questo vuol dire che la tentazione che ciascuno ha di usare toni di comunicazione forti con chi non riconosce, ad esempio, l’importanza della tutela della vita e non considera l’aborto come omicidio di un essere umano indifeso e innocente va superata. Perché gli stessi contenuti e concetti vanno proposti con intelligenza e pazienza, in un itinerario probabilmente lungo che richiede un’azione sulla mente e sul cuore di chi ascolta.  Soprattutto se il nostro prossimo è nato dopo la fine degli anni ’70, ossia con la 194 in vigore. Una legge che ha lavorato sulla mentalità e sulla cultura del popolo italiano.

San Paolo dall’Areòpago, dove molti lo schernirono, se ne andò via con pochi dei presenti che decisero di seguirlo.  Pochi che divennero a loro volta discepoli ed evangelizzatori. Tra questi, come specificano gli Atti degli Apostoli, Dionigi e Dàmaris. Quindi un fallimento solo apparente, perché la sua parola dileggiata dai molti mise radici profonde in quei pochi. Che cosa sarebbe successo se san Paolo avesse, invece, attaccato gli ateniesi nell’Areòpago? Si può ipotizzare che sarebbe andato via in assoluta solitudine tra gli scherni.

Di recente qualche amico ha domandato se sia davvero necessario citare Galli della Loggia, Polito, Rampini, Ricolfi e altri opinionisti di area non conservatrice, quando scrivono, bene, cose condivisibili sul suicido dell’Occidente, sull’educazione di giovani, sulla geopolitica o sull’identità dell’Europa. O se non sia meglio, invece, citare i maestri della scuola contro-rivoluzionaria, quali ad esempio Donoso Cortès o Joseph de Maistre.

Autori e maestri – insieme a molti altri di cultura ispanica, anglo-americana e francese – le cui opere devono essere lette e rilette, a cominciare da quelle del professor Plinio Correa de Oliveira, interprete tra i più acuti del fenomeno rivoluzionario del 1900.

Senza il loro magistero non si comprenderebbero gli sviluppi e i nuovi trend della Rivoluzione e non sarebbe possibile, di conseguenza, mettere in campo strategie contro-rivoluzionarie adeguate. Quindi oggi sia gli uni, sia gli altri possono aiutare nell’opera di disvelamento della verità politica e sociale.

San Paolo, come abbiamo visto nel tempio degli intellettuali di allora ad Atene, è andato incontro agli altri. Ed è stato Giovanni Cantoni a insegnare a chi lo ha seguito con ammirazione e affetto come gli intellettuali che inciampano nella realtà possano essere studiati e anche citati, come a lungo fece lui con Luciano Pellicani, intellettuale socialista.

Ma san Paolo, l’apostolo degli incirconcisi, dei gentili, dei pagani invita anche a meditare sul superamento dei nostri limiti e di quelli dettati da una società sazia e disperata. Non si fa fermare dalla tristezza, dall’angoscia, non si chiude in sé stesso e a Roma evangelizza nella sua prigionia chi può, il suo prossimo più prossimo, ossia quel pretoriano romano a cui lo legava la catena quando era in prigionia (in una casa privata). I suoi carcerieri, ricorda Giuseppe Ricciotti, si alternavano e diversi di loro si convertirono.

Se la vis polemica può in molti casi essere fondamentale a sostegno della buona battaglia, la lezione di san Paolo deve spingere alla ricerca del tono giusto quando ci si rivolge ai nostri contemporanei, atei pratici.

Tenendo sempre presente che l’evangelizzazione deve essere mossa dalla certezza che la Speranza non delude.

Domenica, 29 giugno 2025

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