Benedetto XVI scrive una lettera per fermare il fango che viene riversato su di lui dopo la pubblicazione del rapporto sui presunti casi di abuso nell’arcidiocesi di Monaco di Baviera. La risposta del Papa emerito è precisa e dignitosa, come sempre
di Michele Brambilla
L’8 febbraio viene pubblicata su varie agenzie di stampa una nuova lettera di Benedetto XVI. «A seguito della presentazione del rapporto sugli abusi nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga il 20 gennaio 2022», scrive il Papa emerito, «mi preme rivolgere a tutti voi una parola personale. Infatti, anche se ho potuto essere arcivescovo di Monaco e Frisinga per poco meno di cinque anni, nell’intimo continua comunque a persistere la profonda appartenenza all’arcidiocesi di Monaco come mia patria». Quanto accade a Monaco di Baviera lo riguarda intimamente, essendo l’arcidiocesi della sua ordinazione sacerdotale e del suo ministero episcopale (dal 1977 al 1982).
Joseph Ratzinger ha sempre dimostrato la propria gratitudine ai suoi collaboratori, e ancora una volta «in questi giorni di esame di coscienza e di riflessione ho potuto sperimentare così tanto incoraggiamento, così tanta amicizia e così tanti segni di fiducia quanto non avrei immaginato. Vorrei ringraziare in particolare il piccolo gruppo di amici che, con abnegazione, per me ha redatto la mia memoria di 82 pagine per lo studio legale di Monaco, che da solo non avrei potuto scrivere. Alle risposte alle domande postemi dallo studio legale, si aggiungeva la lettura e l’analisi di quasi 8.000 pagine di atti in formato digitale», grazie ai quali ha potuto informarsi dettagliatamente delle accuse mosse alla sua persona.
Con l’umiltà che l’ha sempre contraddistinto, riconosce di aver commesso, nel corso della sua deposizione, un errore circa la rendicontazione della riunione dell’ordinariato del 15 gennaio 1980, durante la quale sarebbe stato deciso di accogliere a Monaco un prete accusato di abusi sessuali (secondo i collaboratori dell’allora arcivescovo, «si trattò esclusivamente della sistemazione del giovane sacerdote X a Monaco di Baviera, perché lì doveva sottoporsi a una terapia. Si corrispose a questa richiesta. Durante la riunione non venne menzionato il motivo della terapia. Nella riunione non venne perciò deciso di impiegare l’abusatore in alcuna attività pastorale»), ma confida a sua volta che «mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo». Il Papa emerito si dimostra al corrente di quanto la questione degli abusi sia sfruttata dalle correnti eterodosse per promuovere “riforme” disciplinari e dottrinali all’interno della Chiesa, specie quanto il fango delle illazioni prende di mira la sua persona, ma sa anche, e lo ribadisce, che la Chiesa è con lui. «Sono particolarmente grato per la fiducia, l’appoggio e la preghiera che Papa Francesco mi ha espresso personalmente», e Ubi Petrus, ibi Ecclesia.
Con il pieno appoggio del Papa regnante, l’emerito rintuzza le accuse ricordando tutte le misure prese durante il suo pontificato: «in tutti i miei incontri, soprattutto durante i tanti Viaggi apostolici, con le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade. Come in quegli incontri, ancora una volta posso solo esprimere nei confronti di tutte le vittime di abusi sessuali la mia profonda vergogna, il mio grande dolore e la mia sincera domanda di perdono. Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica. Tanto più grande è il mio dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi». Non si tratta, quindi, di un moltiplicarsi manzoniano di “gride” inefficaci, ma di autentica compartecipazione al dolore delle persone ferite.
Segue un profondo riferimento cristologico e liturgico: «sempre più comprendo il ribrezzo e la paura che sperimentò Cristo sul Monte degli Ulivi quando vide tutto quanto di terribile avrebbe dovuto superare interiormente. Che in quel momento i discepoli dormissero rappresenta purtroppo la situazione che anche oggi si verifica di nuovo e per la quale anche io mi sento interpellato. E così posso solo pregare il Signore e supplicare tutti gli angeli e i santi e voi, care sorelle e fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro». Parole fortissime, dal sapore liturgico, che permettono di intravvedere anche il Ratzinger mistico: un aspetto della sua personalità sul quale il Papa emerito è sempre stato molto sobrio.
«Ben presto», sospira, «mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte», che è misteriosa per chiunque. «In proposito mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all’inizio dell’Apocalisse: egli vede il Figlio dell’uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto. Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: “Non temere! Sono io…” (cfr. Ap 1,12-17)», quell’Io Sono che fu rivelato per la prima volta a Mosè e si è manifestato pienamente in Cristo, vero Dio e vero uomo. «Cari amici, con questi sentimenti vi benedico tutti», rimettendo ancora una volta la sua causa a Colui che giudica (1Pt 2,23).
Per parte loro, i difensori del Papa emerito contestano non solo la ricostruzione dei fatti del 1980, ma anche i casi attribuiti successivamente: «nel rapporto si sostiene inoltre che Benedetto XVI abbia avuto “un comportamento erroneo in altri tre casi”. I collaboratori del Papa emerito», scrive Agensir, «smentiscono anche questo fatto, facendo notare che “in nessuno dei casi analizzati dalla perizia Joseph Ratzinger era a conoscenza di abusi sessuali commessi o del sospetto di abusi sessuali commessi dai sacerdoti”. La perizia non contiene alcuna prova che corrobori l’accusa di comportamento erroneo o di concorso in copertura. Da arcivescovo il cardinale Ratzinger non fu coinvolto in alcuna copertura di atti di abuso» e successivamente ha migliorato, a livello di Chiesa universale, i meccanismi di prevenzione all’interno degli istituti ecclesiali, congiungendo sempre lo sguardo orizzontale, rivolto al fenomeno sociologico, con quello verticale, trascendente. Proprio lo sguardo verticale, verso Dio, ha permesso ai provvedimenti assunti nel corso del mandato come prefetto della Congregazione per la dottrina e la fede e durante il pontificato romano di essere attenti al bene concreto delle persone.
Mercoledì, 9 febbraio 2022