“Come dobbiamo spiegarglielo a questi ragazzi che decidono di provare i brividi del fine settimana con le droghe? Cosa cosa c’è di più di una storia così tragica per far capire che non esiste la droga che non fa niente, come dicono loro?” Sono le sconsolate parole del capo della Squadra mobile di Genova al Corriere della Sera di ieri, dopo la morte di Adele De Vincenzi, 16 anni di Chiavari, avvenuta la notte di sabato dopo aver assunto una pasticca di ecstasy. Non sono quesiti retorici: sono domande che meritano risposte. La prima: finendola con la sciagurata rimozione della questione droga, in atto da anni, accentuata con l’approvazione tre anni fa, senza discussione e senza la minima valutazione degli effetti, del criminogeno decreto Renzi; che, fra l’altro, ha escluso l’obbligo dell’arresto in flagranza del c.d. piccolo spaccio: “piccolo” come quello che ha provocato la fine di Adele. La seconda: avviando una grande campagna di informazione, che parta dalla scuola elementare e che riguardi le conseguenze sulla salute di ogni tipo di stupefacente. La terza: pretendendo dai media un minimo di coerenza; se vuoi far capire, caro Corriere, che la droga fa male, evita di fare da sponda alle campagne pro legalizzazione della cannabis.
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