Marco Invernizzi, Cristianità n. 393 (2018)
La pubblicazione di questo articolo vuole essere un omaggio a Giovanni Cantoni in occasione del suo ottantesimo compleanno. Fondatore di Alleanza Cattolica, da qualche anno Cantoni, per motivi di salute, ha dovuto abbandonare la guida diretta dell’associazione, di cui ora è reggente nazionale onorario. Dalle testimonianze traspare con evidenza l’impronta del fondatore, che si è dedicato per decenni alla formazione dei militanti con passione e con generosità.
La pazienza storica
Vi è un tema ricorrente negli interventi di Giovanni Cantoni, soprattutto ma non solo negli ultimi dieci anni. Riguarda la pazienza, virtù «piccola» ma importante, applicata alla storia «grande».
È una virtù che i militanti di Alleanza Cattolica conoscono fin dall’inizio, quando viene detto loro che l’associazione non promette nulla nell’immediato in termini di risultati politicamente tangibili, ma vuole cercare di preparare un futuro, che la nostra generazione non vedrà ma che qualcuno deve pur cominciare a preparare. Affinché si realizzi la signoria di Cristo sulla storia è necessario che qualcuno ci creda e trasmetta questa speranza perché altri, quando sarà il tempo, possano vedere il trionfo promesso a Fatima del Cuore immacolato di Maria. Un trionfo che non avrà nulla di mondano, ma che rimanda alla contemplazione di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) sui due campi, dove si trovano i due eserciti contrapposti, quello di Cristo e quello del demonio: nel primo si respira un clima di pace e di umiltà, laddove nel secondo regna il caos e dominano l’odio e il rancore.
Cantoni dava grande rilevanza a questa riflessione, perché la sua assenza avrebbe provocato un atteggiamento di ansia perenne e nociva, di ricerca esasperata di risultati e di visibilità e tutto ciò avrebbe compromesso lo stesso apostolato associativo.
Il protagonismo e la ricerca ansiosa dell’egemonia quando non di forme di potere, sono una malattia che corrode le relazioni, soprattutto ma non solo in politica, e purtroppo sono diffuse anche nel mondo cattolico. E nessuno potrà resistere nella tentazione, che certamente verrà, se non si sarà prepararti ad affrontarla.
Ricostruire un mondo devastato da secoli di Rivoluzione non è cosa che si possa realizzare in pochi anni o decenni. Servono uomini dedicati, che abbiano rifiutato la «mondanità», cioè il servizio del mondo invece che il servizio di Dio e del prossimo. Ma ciò non significa assolutamente rinunciare a cercare di incidere nella storia. In quest’ultima possiamo osservare cambiamenti repentini ed effimeri, ma anche svolte radicali. Sempre, quando un uomo si converte e decide di prepararsi per qualcosa di importante, succede qualcosa di grande: è il mondo che comincia a rinnovarsi, veramente. Se poi chi si converte riuscisse a convincere altre persone, allora si costruirebbe un ambiente. Se quest’ultimo diventasse visibile si potrebbe parlare di microcristianità o di cristianità di minoranza, come scriveva il card. Giacomo Biffi (1928-2015). E allora si comincerebbe a vedere più luce e tutto diventerebbe possibile.
Marco Invernizzi