Il testo costituisce lelaborazione aggiornata al marzo 2001 della relazione svolta in occasione del convegno a cura del Gruppo di Alleanza Nazionale della Camera dei Deputati Vivere con lIslam. Integrazione, coabitazione o conflitto? (Roma, 22 novembre 2000) e riprende, in forma riassunta e parzialmente integrata, parti successivamente pubblicate in CESNUR. Centro Studi sulle Nuove Religioni, Enciclopedia delle religioni in Italia, a cura di Massimo Introvigne, PierLuigi Zoccatelli, Nelly Ippolito Macrina e Verónica Roldán, Elledici, Leumann (Torino) 2001
Aspetti statistici della presenza islamica in Italia
“Il progressivo costituirsi in Italia di una popolazione musulmana è strettamente collegato al fenomeno delle migrazioni internazionali, che hanno interessato in modo crescente il nostro paese negli ultimi quindici anni, provocandone il coinvolgimento in tutta una serie di problematiche sociali e culturali già in corso nella maggior parte dei paesi dellUnione europea” (Andrea Pacini, “I musulmani in Italia. Dinamiche organizzative e processi di interazione con la società e le istituzioni italiane”, in Silvio Ferrari [a cura di], Musulmani in Italia. La condizione giuridica delle comunità islamiche, il Mulino, Bologna 2000, pp. 21-52 [p. 21]), che ospitano complessivamente circa dieci milioni di musulmani del quasi miliardo di aderenti a livello mondiale , con presenze ufficiali superiori al milione di cittadini in Germania (3.000.000), Francia (2.700.000) e Regno Unito (1.600.000).
Fissata la popolazione italiana in 57.440.000 cittadini, possiamo quantificare la presenza di minoranze religiose in circa 1.100.000 unità, ossia l1,92% della popolazione. Peraltro, se consideriamo i residenti sul territorio valutati fra i cinquantanove e i sessanta milioni, cifra comunque più incerta per la difficoltà di precisare il dato dellimmigrazione clandestina la percentuale di appartenenti a minoranze religiose sale intorno al 3,5%. La stima dei musulmani cittadini italiani indica questa presenza in circa 10.000 unità; si tratta di una cifra comunque soggetta a rapide variazioni future nel caso di più rapido accesso alla cittadinanza di musulmani immigrati: oggi appare ragionevole, forse persino generosa, sia perché i musulmani “etnici” che hanno acquisito la cittadinanza non sono molti (pure dovendosi tenere conto di musulmani venuti da ex-colonie italiane già in anni lontani), sia perché il dato dei convertiti è normalmente sovrastimato.
Tav. 1 – Minoranze religiose fra i cittadini italiani
Cattolici “di frangia” e dissidenti
20.000
Ortodossi
20.000
Protestanti
363.000
Ebrei
35.000
Testimoni di Geova (e assimilati)
400.000
Altri gruppi di origine cristiana
24.000
Musulmani
10.000
Baháí e altri gruppi di matrice islamica
3.000
Induisti e neo-induisti
15.000
Buddhisti
74.000
Gruppi di Osho e derivati
4.000
Sikh, radhasoami e derivazioni
1.500
Altri gruppi di origine orientale
800
Nuove religioni giapponesi
2.500
Area esoterica e della “antica sapienza”
13.500
Movimenti del potenziale umano
100.000
Movimenti organizzati New Age e Next Age
20.000
Altri
4.000
Totale
1.110.300
Molto più incerte e fonte di dibattiti senza fine, politicamente condizionati sono le statistiche sulle minoranze religiose presenti sul territorio se si considerano anche gli immigrati non cittadini e non solo i cittadini italiani. Il dato presupporrebbe infatti la possibilità di avere dati certi sullimmigrazione clandestina, il che è notoriamente assai difficile. Negli ultimi anni sono emersi come punto di riferimento del dibattito i dati della Fondazione Migrantes e della Caritas di Roma, basati sui permessi di soggiorno maggiorati del diciannove per cento per includervi i minori e i nuovi permessi in corso di registrazione (dunque non i clandestini, a loro volta valutati da fonti diverse fra i 180.000 e il mezzo milione), oggi proposti dallannuale Dossier Statistico Immigrazione. Si tratta di dati certamente interessanti, ma fondati sullipotesi di partenza che gli stranieri presenti in Italia abbiano la medesima ripartizione religiosa dei paesi di origine.
Tav. 2 – Appartenenza religiosa degli immigrati (stima Caritas – 2000)
Cattolici
407.596
27,4%
Altri cristiani
328.859
22,1%
Musulmani
543.849
36,5%
Ebrei
c. 5.000
0,3%
Religioni orientali
96.314
6,5%
Rel. Tradizionali
c. 22.000
1,4%
Altri
86.256
5,8%
Totale
1.489.873
100%
Su una base di calcolo diversa che parte anzitutto dal contatto diretto e dalla rilevazione delle forme organizzate della religione degli immigrati (e che peraltro tiene conto dellesistenza di una miriade di piccole realtà), riteniamo di potere ipotizzare uno schema alternativo (cattolici esclusi) che identifica in circa 580.000 (e non circa 540.000, ovvero quasi il 40% degli immigrati in luogo del 36,5% citato dalla Caritas) i musulmani presenti in Italia, clandestini esclusi.
Tav. 3 – Principali minoranze religiose di immigrati in Italia
Musulmani
580.000
Ortodossi
140.000
Protestanti
50.000
Buddhisti
25.000
Induisti
10.000
Sikh e radhasoami
6.000
Altri di origine orientale
10.000
Ebrei
4.000
Testimoni di Geova
2.000
Altri
10.000
Peraltro, la presenza musulmana in Italia è stimata in maniera più cospicua da altre fonti: per esempio, essa è indicata in 600.000 unità dagli studi forniti dal professor Andrea Pacini della Fondazione Agnelli, e in almeno 650.000 aderenti dalla Direzione Generale degli Affari dei Culti del Ministero dellInterno (nota del 17 novembre 2000 allautore). Comunque sia, la presenza musulmana in Italia si è progressivamente costituita in termini significativi dalla metà degli anni 1980, raggiungendo le 304.200 unità nel 1992 e 436.254 unità nel 1999, passando così a rappresentare in termini percentuali dal 29% al 35% e oggi, come abbiamo visto, al 40% del totale della popolazione immigrata residente regolarmente in Italia.
Relativamente ai paesi di immigrazione musulmana in Italia maggiormente qualificati, il Marocco è a tuttoggi il paese da cui proviene la componente musulmana più numerosa, con una stima fornita dalla Caritas di 174.324 unità (pari all11,7% della totale immigrazione del 2000, stimata in 1.489.873 persone, e al 30% dellimmigrazione musulmana), cui segue lAlbania, con i suoi 137.748 immigrati (pari al 9,2% della totale immigrazione), e oltre la Tunisia, il Senegal, lEgitto, lAlgeria, il Pakistan, il Bangladesh, la Somalia, lIran, la Turchia, la Nigeria, la Iugoslavia, la Bosnia, lIraq, la Macedonia, la Croazia, lIndia.
Presenze organizzate dellIslam in Italia
LIslam in Italia è stato una realtà modesta fino alla fine degli anni 1960. In questo decennio comincia a organizzarsi una presenza di qualche centinaio di studenti (soprattutto siriani, giordani e palestinesi) che si aggiungono ai pochi uomini daffari e al personale delle ambasciate. Alla fine degli anni 1960 si ha anche la prima presenza musulmana sunnita organizzata in Italia con la formazione della realtà studentesca che porta nel 1971 alla costituzione dellUSMI (Unione degli Studenti Musulmani dItalia), che si sviluppa nelle città universitarie a partire da Perugia e nel decennio 1970-1980 apre una dozzina di luoghi di preghiera. Nel frattempo a Roma si organizza il Centro Islamico Culturale dItalia, il cui consiglio di amministrazione è composto prevalentemente da ambasciatori di paesi sunniti presso lItalia o la Santa Sede; i progetti per una grande moschea a Roma sono avviati nel 1974, ma linaugurazione ufficiale avviene solo nel 1995. Esiste così, fin dagli anni 1970, una distinzione notata da diversi studiosi, anche se messa in discussione da altri fra due forme di organizzazione dellIslam sunnita italiano: l”Islam delle moschee” e l”Islam degli Stati”, distinzione che diventa più importante con lesplosione dellimmigrazione islamica degli anni 1980 e 1990.
Il problema della rappresentanza dei musulmani sunniti in Italia si intreccia con quello dell”islamismo”, nome che (sulla scia di espressioni straniere) gli studiosi attribuiscono a un vasto movimento di risveglio che nel corso del XX secolo intende reagire alla occidentalizzazione delle società islamiche, proponendone al contrario una nuova islamizzazione. Nella corrente islamista è possibile però distinguere sulla scia di Renzo Guolo una tendenza “radicale”, che si propone la conquista del potere politico e quindi la islamizzazione “dallalto”, e una “neo-tradizionalista”, che intende piuttosto costituire nella società (in genere attorno alle moschee) spazi integralmente islamizzati, capaci di promuovere una islamizzazione della società “dal basso”. La maggiore organizzazione islamista è quella dei Fratelli Musulmani, fondata in Egitto nel 1928 da Hasan al-Banna (1906-1949), che si è gradualmente diffusa in tutto il mondo sunnita. Nel periodo egemonizzato dallinfluenza intellettuale di Sayyid Qutb (1906-1966), tra i Fratelli Musulmani sono emerse tendenze radicali, che sono state però respinte dalla maggioranza del movimento dopo la morte di Qutb, giustiziato in Egitto nel 1966. Dopo Sayyid Qutb, i Fratelli Musulmani emergono come un movimento “neo-tradizionalista”, che in genere dichiara di rifiutare luso della violenza, da cui si separano movimenti radicali come al-Jamaa al-Islamiyya e al-Jihad. Nei paesi di emigrazione i Fratelli Musulmani sostituiscono allideale di una islamizzazione della società, che perseguono nei paesi a maggioranza islamica, quello della creazione di spazi islamizzati nella società, allinterno dei quali ai musulmani (sunniti) siano riconosciuti “diritti collettivi” e uno statuto comunitario specifico (con riferimento in particolare al diritto di famiglia). A livello internazionale i Fratelli Musulmani hanno avuto rapporti non facili con gli Stati, ma dopo la rivoluzione iraniana e il conseguente pericolo di un risveglio sciita molti osservatori hanno notato una “alleanza” non dichiarata tra i Fratelli Musulmani e lArabia Saudita volta a contrastare la penetrazione sciita nel mondo sunnita (e che comprenderebbe laccordo dei Fratelli Musulmani a svolgere una limitata attività in Arabia Saudita e nei paesi da questa più direttamente influenzati). Anche se nella Guerra del Golfo i Fratelli Musulmani e lArabia Saudita si sono collocati su posizioni opposte, la collaborazione è continuata e si esprime oggi anche in Italia nellalleanza fra lUCOII e la Lega Musulmana Mondiale (Rabita), realtà fondata alla Mecca nel 1962 e con una presenza in Italia dal 1997, attualmente presieduta da Abdallah bin Salih al Obeid. Allalleanza Fratelli Musulmani – Arabia Saudita fanno ostacolo in Occidente sia gruppi di musulmani sunniti filo-occidentali (rappresentati in Italia dalla CO.RE.IS. e, su scala assai minuscola, dallAMI), sia paesi come il Marocco e lEgitto che diffidano sia dei Fratelli Musulmani sia dei sauditi e che vorrebbero perseguire la logica di un “Islam degli Stati” che segue i propri cittadini allestero anziché delegare la rappresentanza dellIslam a organizzazioni “di base” sorte nei vari paesi occidentali e normalmente orientate in senso islamistico. Fra le espressioni italiane dell”Islam degli Stati” si devono citare oltre al sostegno della Libia allUnione Islamica in Occidente la “Moschea di Stato” di Palermo, gestita direttamente dal governo tunisino; lIstituto Culturale Islamico (I.C.I.), sostenuto dallEgitto; e la Missione Culturale dellAmbasciata del Marocco, che sostiene diverse moschee “spontanee” che non aderiscono ad associazioni o federazioni.
Lintesa con lo Stato italiano costituisce da anni unaspirazione dei musulmani che vivono in Italia. Per lo Stato, uno dei problemi è stata lidentificazione di realtà islamiche effettivamente rappresentative; i contrasti fra l”Islam delle moschee” e l”Islam degli Stati” non hanno reso più facile la questione. Allo scopo dichiarato di risolvere questi problemi, il 15 aprile 2000 è stata formalizzata la costituzione del Consiglio Islamico dItalia, con lo scopo precipuo di dar vita a un organismo unitario di rappresentanza dellIslam al fine di stipulare unIntesa con lo Stato italiano e una volta che tale intesa sarà raggiunta di curarne la esecuzione e le eventuali modifiche. Soci fondatori del Consiglio sono lUCOII (che rappresenta l”Islam delle moschee”), la sezione italiana della Lega Musulmana Mondiale e dopo vari contrasti con la sua componente marocchina, non favorevole allaccordo il Centro Islamico Culturale dItalia, che rappresenta l”Islam degli Stati”. Laccordo fra lUCOII e la Lega Musulmana Mondiale è stato, come si è accennato, letto da vari osservatori come trasposizione sul piano italiano dellalleanza tra i Fratelli Musulmani e lArabia Saudita. Presidente dellorganismo prima delle sue dimissioni dallente, in data 13 marzo 2001, assieme ad altri due membri del consiglio direttivo era lex ambasciatore italiano presso lArabia Saudita Mario Scialoja, della Lega Musulmana Mondiale; vice-presidente è Dachan Mohamed Nour, dellUCOII, cittadino italiano e già esponente di rilievo dei Fratelli Musulmani siriani. Il consiglio direttivo era composto da quattordici membri, sette in rappresentanza dellUCOII, tre in rappresentanza del Centro Islamico Culturale dItalia, tre in rappresentanza della Lega Musulmana Mondiale – Italia, e un membro in rappresentanza di comune accordo fra il Centro e la Lega. Laccordo crea un nuovo soggetto per la rappresentanza del mondo islamico (sunnita) italiano, ed è stato interpretato come la saldatura nonostante il dissenso marocchino, e i recenti dissensi interni che rendono incerto il futuro del Consiglio Islamico dItalia fra l”Islam delle moschee” e quella parte dell”Islam degli Stati” che è egemonizzata o almeno orientata dallArabia Saudita.
Anche lUCOII (Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia) costituisce un soggetto che ha chiesto di stipulare unIntesa con la Repubblica Italiana. Nata sulla scia dellUSMI, per iniziativa di membri del Centro culturale islamico di Milano e Lombardia (nato a sua volta nel solco dellUSMI e attivo anche su scala nazionale e con una sua richiesta di Intesa allo Stato italiano), lUCOII è costituita ad Ancona nel 1990. Dopo avere “ereditato” le strutture dellUSMI, emerge come la realtà musulmana italiana più diffusa e radicata sul territorio, con una forte influenza islamista in genere. AllUCOII fanno capo una trentina di centri islamici e unottantina di moschee dove si svolgono pratiche rituali e una più ridotta attività di carattere culturale; vi sono inoltre quasi trecento luoghi di preghiera che non hanno ancora lo status di moschea e talora sono ubicati in appartamenti privati. Fra le moschee che fanno capo allUCOII, alcuni studiosi hanno notato che “numerose sono quelle i cui dirigenti in qualche modo si ispirano allideologia dei Fratelli Musulmani” (A. Pacini, op. cit., p. 44); così che come si è accennato con la collaborazione fra UCOII e Lega Musulmana Mondiale – Italia “si salda dunque anche a livello italiano laccordo fra la leadership di ispirazione Fratelli Musulmani (…) e quelle di ispirazione tradizionalista guardate con favore dai sauditi” (Renzo Guolo, “La rappresentanza dellIslam italiano e la questione delle Intese”, in S. Ferrari [a cura di], op. cit., pp. 67-82 [p. 75]). Alcune organizzazioni dellIslam sunnita italiano, come il Fondaco dei Mori e la Casa della Cultura Islamica, entrambe a Milano, collaborano regolarmente con lUCOII.
Oltre al Centro Islamico Culturale dItalia, al Consiglio Islamico dItalia, allUCOII e al Centro culturale islamico di Milano e Lombardia (e, per dire il vero, allAssociazione Musulmani Italiani, che sembra però patire negli ultimi anni unesistenza effimera), ha chiesto di stipulare unIntesa con lo Stato Italiano la CO.RE.IS (Comunità Religiosa Islamica), fondata nel 1993 intorno alla figura di Abd al Wahid Pallavicini e precedentemente nota come Associazione Internazionale per lInformazione sullIslam (AIII), recentemente ascesa allonore delle cronache per il progetto di costruzione di una moschea in Via Meda, a Milano. Impegnata in varie attività culturali in Italia e allestero, e presente nel nostro paese con una decina di filiali, la CO.RE.IS. si presenta come “pienamente compatibile con la società e con lordinamento giuridico italiano” e attraverso il “rifiuto secondo le sue parole di ogni forma di esclusivismo confessionale, egemonia ideologica di matrice islamista o sudditanza nei confronti di correnti politiche o di Stati esteri”, per quanto abbia recentemente stretto rapporti di collaborazione con lUnione Islamica in Occidente (UIO) di “influenza” libica, la prima organizzazione islamica a essersi costituita in Italia nel 1947 , e che è attualmente presieduta dal cittadino italiano di origine libica Mansur Tantoush. A partire dal 1999, anno dellaccordo fra UIO e CO.RE.IS., questultima è diventata inoltre lorgano di rappresentanza italiana allinterno dellassemblea dei soci della World Islamic Call Society.
Elencati, per quanto succintamente, gli organismi musulmani italiani che hanno avanzato proposte di Intesa e/o riconoscimento con lo Stato italiano, non va dimenticato un cenno ancora più breve alle altre realtà presenti e attive sul territorio. Alla sezione italiana della Lega Musulmana Mondiale (Rabita) va affiancata lassociazione islamica Zaydn ibn Thabit di Napoli, rilevante su scala locale per la sua presenza nel centro storico partenopeo, dove vivono moltissimi musulmani; mentre a Roma va segnalata lAssociazione Islamica Culturale, costituita come ente autonomo nel 1998 e composta prevalentemente da immigrati provenienti dallEgitto. Un fronte particolarmente vicino al radicalismo islamico più integralista è costituito invece dallIstituto Culturale Islamico di Viale Jenner a Milano, con qualche migliaio di frequentatori , nato nel 1988 da un gruppo che si separa dal Centro culturale islamico di Milano e Lombardia e diretto da una leadership islamista di tipo radicale che sviluppa una decisa critica dellislamismo neo-tradizionalista dei Fratelli Musulmani, accusati di moderatismo, e dellUCOII, diventando così punto di riferimento italiano delle correnti islamiste radicali che si dichiarano non interessate a unIntesa con lo Stato. A rappresentare in forma organizzata lIslam turco in Italia sono il Suleymancilar (che può essere considerato sia una confraternita derivata dalla Naqshbandiyya sia un movimento tipico dellislamismo turco), che rifiuta lazione secolarizzatrice dello Stato turco ed è presente soprattutto nel capoluogo lombardo, dove svolge unazione tesa a consolidare linfluenza dellIslam allinterno delle famiglie e nella vita personale; e lassociazione religiosa-culturale Milli Görüs, che condivide con i suleymanci la critica della laicità dello Stato kemalista, ma si differenzia per il meno radicale rifiuto della modernità. Sempre in ambito sunnita, una presenza discreta ma crescente in Italia è esercitata infine dal movimento Jamaa at-Tabligh wa dawa (“associazione del messaggio” o “gruppo di predicazione”), un movimento missionario avviato in India il quale si proclama apolitico, non violento e alla ricerca di musulmani tiepidi al fine di risvegliarne la fede: un ruolo che rende i Tabligh interlocutori credibili di diversi Stati dellEuropa continentale e ha favorito la loro integrazione in una emigrazione islamica di origine prevalentemente nordafricana non sempre in sintonia con le caratteristiche di origine, tipicamente indo-pakistane, del movimento.
Le origini sufi del movimento Tabligh, come di altre realtà cui abbiamo già dedicato alcuni cenni, spinge ad accennare a un altro tipo di appartenenza organizzata spesso poco visibile, ma diffusa : quello delle confraternite, che sembrerebbero distaccarsi dallIslam ufficiale codificato perché danno maggiore importanza alla dimensione affettiva del rapporto con Dio. Alla coesione spirituale corrisponde anche una forte coesione organizzativa dei membri, che si esprime di solito sul piano religioso mediante lapertura di proprie sale di preghiera. Perlopiù le confraternite si limitano a fare proposte inerenti la vita religiosa e la pratica della solidarietà fra i propri membri; talvolta però esercitano anche un ruolo politico o di pressione sociale nei paesi musulmani (come nel caso dei suleymanci in Turchia).
Il sistema delle confraternite sufi è particolarmente sviluppato in Senegal, dove gran parte della popolazione musulmana (il 94%) appartiene a tre confraternite, due importate (la Qâdiriyya e la Tijâniyya) e una nata in Senegal, la Murîdiyya. Questultima riunisce circa un terzo dei senegalesi, principalmente di etnia wolof. Poiché questa etnia è maggioritaria nellemigrazione senegalese in Italia, si stima che circa due terzi degli oltre trentamila senegalesi presenti in Italia appartengano alla Murîdiyya, facendone la maggiore confraternita sufi presente sul territorio italiano. Caratteristica della confraternita muride è il forte accento posto sul lavoro come mezzo per progredire nella vita religiosa e sulla solidarietà economica fra i membri, con il risultato di favorire una forte coesione e controllo reciproco, riducendo al minimo i casi di marginalità e devianza.
Altre confraternite sufi circa dieci sono presenti sul territorio nazionale, anche se con un numero di aderenti assai ridotto rispetto alla Murîdiyya. Una peculiarità che va qui sottolineata è linflusso operato dal pensatore perennialista francese René Guénon (1886-1951) nella “scoperta” del sufismo e attraverso esso, dellIslam da parte di una percentuale cospicua dei convertiti italiani allIslam, i quali hanno dato vita a filiali autoctone delle confraternite madri (generalmente maghrebine o mediorientali), da esse riconosciute e supportate, comè il caso della tarîqa Ahmadiyya Idrisîyya Shâdhilîyya, operante a Milano dal 1980 sotto la guida di Abd al-Wahid Pallavicini già incontrato come ispiratore della CO.RE.IS. , il quale in effetti ha scelto quale nome islamico (Abd al-Wahid) lo stesso che fu di René Guénon.
Infine, per quanto la presenza di origine iraniana in Italia non superi le 10.000 unità, va segnalata anche nel nostro paese una presenza organizzata dellIslam sciita. Gli sciiti in genere (provenienti in ordine decrescente dallIran, dallIraq e dal Libano) sono una componente nettamente minoritaria del mondo islamico in Italia, che si esprime attraverso vari centri e organizzazioni, nel cui coordinamento è rilevante il ruolo della sezione culturale dellAmbasciata della Repubblica Islamica dellIran presso la Santa Sede. Peraltro, esistono anche gruppi sciiti che non si riconducono a tale coordinamento informale, in genere non per ragioni dottrinali ma a causa di divergenze politiche rispetto al governo iraniano. In cordiali relazioni con numerosi altri ambienti sciiti, lAssociazione Islamica “Ahl-al-Bait” (“Genti della Casa”) ha la peculiarità di nascere da convertiti italiani, mossi da un interesse e da un entusiasmo originariamente di natura prettamente politica, che si trasforma poi in adesione religiosa per la rivoluzione islamica del 1979 in Iran e per la figura dellimâm Ruhollah Musawi Khomeini (1900-1989). Tale associazione, che segue con entusiasmo il movimento libanese sciita Hezbollah, ha recentemente avanzato una richiesta di riconoscimento quale ente religioso allo Stato italiano.
Concludendo, accanto alle organizzazioni che aspirano a rappresentare, con alterne vicende, i musulmani italiani anche in vista di unIntesa con lo Stato vi sono in Italia altre presenze rilevanti: organizzazioni di tipo nazionale o socio-religioso, movimenti missionari, confraternite. E questo senza accennare alla vasta portata della cosiddetta appartenenza individuale allIslam, laddove lappartenenza religiosa passa attraverso una scelta e unadesione individuale la cui espressione presenta unampia gamma di differenziazioni: da unappartenenza puramente culturale non poco diffusa fra tunisini e algerini a un forte processo di secolarizzazione che la rende talora assai superficiale, come nel caso degli albanesi. Come si è visto, il panorama dellIslam in Italia è dunque molto complesso e nello stesso tempo ancora molto fluido.
PierLuigi Zoccatelli