di Marco Tangheroni
1. L’espansione musulmana
Subito dopo la morte di Maometto, avvenuta nel 632 – era nato circa nel 570 -, i guerrieri arabi, nel tempo dei primi quattro califfi – Abu Bakr (573-634), Omar ibn al-Khattab (?-644), Othman (565-656) e Alì (600 ca.-661), i cosiddetti califfi “ben guidati” – si lanciano fuori del loro paese, abbattendosi, inattesi, sulle province asiatiche e africane dell’impero romano d’Oriente e sull’impero persiano. Il rapido elenco delle principali conquiste, con l’indicazione delle date dell’avvenuta occupazione è sufficiente a dare un’idea della rapidità dell’espansione: la Palestina nel 634, Damasco nel 635, tutta la Siria nel 640, l’impero persiano dal 637 al 651, l’Egitto dal 632 al 646. Entro il 652 viene conquistata Tripoli e costretta al tributo anche Cartagine. Sono passati soltanto vent’anni dalla morte del profeta Maometto.
Quindi, sotto la dinastia araba degli Omayyadi – fondata da Muawiyya ibn Abu Sufyan (603 ca.-680), che aveva fissato la capitale a Damasco – l’espansione riprende vigorosa: entro il 705 tutta l’Africa Settentrionale è sotto la dominazione degli arabi, i quali, così, si affacciano sull’Atlantico; nel 700 una nuova base navale è impiantata a Tunisi; nel 711 viene attaccato il regno visigoto della Spagna, che crolla quasi senza opporre resistenza; negli anni successivi le punte avanzate dell’espansione araba in Occidente penetrano profondamente nel cuore del regno dei franchi, “i più lontani tra i nemici della Spagna”, come li chiama, alla metà del secolo IX, lo storico Ibn Abd al-Hakam (?-871). Ma proprio a cento anni dalla morte di Maometto, nel 732, Carlo Martello (685-741), maestro di palazzo del regno franco, sconfigge gli arabi a Poitiers, il punto più avanzato raggiunto dalle armate musulmane. Ma già nel 717 l’imperatore bizantino Leone III l’Isaurico (680-741) aveva fermato l’esercito islamico sotto le mura di Costantinopoli, in un conflitto da considerare decisivo per la Cristianità orientale e, probabilmente, anche per quella occidentale.
2. La conquista della penisola iberica e la nascita di al-Andalus
Purtroppo, la mancanza di fonti documentarie e narrative impedisce agli storici di ricostruire nei dettagli la cronologia, gli eventi, le direttrici della conquista della penisola iberica. Tuttavia, alcuni punti sono considerati certi, o quasi: il numero limitato, all’inizio, dei conquistatori guidati dal capo berbero Tariq ibn Ziyad (?-720 ca.), non più di dodicimila; la prevalenza della componente berbera su quella araba; l’annientamento dell’esercito di re Rodrigo (?-711 ca.) in una battaglia nota come la battaglia di Wadi Lagos, forse l’attuale Guadalete; l’esistenza di dissensi dinastici che costituiscono l’occasione per l’intervento musulmano e ne facilitano il successo, insieme ad altri elementi di disordine e di debolezza del regno visigoto; la collaborazione con gli invasori delle comunità ebraiche e di una parte dell’aristocrazia cristiana; la quasi immediata occupazione della capitale, Toledo; il successivo arrivo di una grossa spedizione guidata da Musa ibn Nusair (640-716), governatore del Nord Africa, composta prevalentemente da arabi; l’eliminazione, nel giro di pochi anni, di quanto restava del regno visigoto.
Una nuova realtà, culturale e politica, nasce dunque nella penisola iberica, chiamata al-Andalus. Il processo di islamizzazione è lento e progressivo, giacché comunità cristiane – i cui componenti sono chiamati “mozarabi” -, sia pure in condizione giuridica e fiscale di inferiorità, continuano a sopravvivere, in particolare nelle principali città, anche fino al secolo XI.
3. La resistenza cristiana e l’inizio della “Reconquista”
Intanto, però, fin dai primissimi anni della conquista, mentre ancora continuano le incursioni musulmane in Francia, un primo nucleo di resistenza cristiana si forma nelle Asturie, probabilmente su iniziativa delle popolazioni locali, profondamente romanizzate e cristianizzate, anche se con la partecipazione di esponenti dell’aristocrazia visigota. Secondo la tradizione di antiche cronache il primo re a guidare la ribellione sarebbe stato Pelayo (718-737), il quale avrebbe avuto la prima vittoria a Covadonga, nel 722: uno scontro forse di limitato significato militare, ma di altissimo valore simbolico, giacché, nonostante le tesi minoritarie di alcuni storici, esso segna effettivamente l’inizio di quel processo di reconquista, destinato a segnare in modo decisivo, per ben quasi otto secoli, la storia della penisola iberica.
Un regno molto importante è quello di Alfonso II il Casto (791-842) durante il quale vengono respinti diversi tentativi musulmani di porre fine a questo Stato cristiano, i cui guerrieri, al contrario, sanno compiere incursioni anche in luoghi molto lontani, come Lisbona. Alfonso II si preoccupa pure di stabilire relazioni, politiche e religiose, con Carlo Magno (742-814), del quale riconosce una qualche forma di superiore autorità. La grande espansione territoriale si ha, peraltro, con i regni di Ordoño I (850-866) e di Alfonso II (866-910), con l’occupazione di centri come León, Oporto, Coimbra, Burgos, Simancas, verso sud, e l’annessione della Galizia a ovest e dei Paesi Baschi a est.
Con Ordoño II (914-924) e con il trasferimento della capitale più a sud, nell’antica città romana di León, si può dire nato il regno dello stesso nome, durante il quale, nel corso del secolo X, non mancano lotte dinastiche che bloccano il processo di riconquista, mentre i conti di Castiglia danno vita a un principato in pratica quasi indipendente. Comunque, cominciano a svilupparsi nuovamente le città, mentre un popolamento intenso e attivo dà una buone base economica a queste regioni ritornate cristiane. Da ricordare, infine, la restaurazione delle gerarchie ecclesiastiche, la diffusione del monachesimo, l’elevazione del culto di Santiago, san Giacomo, e della sua tomba di Compostella a “culto nazionale”.
Nelle regioni pirenaiche più orientali la resistenza dei nuclei cristiani è fortemente favorita dagli interventi di Carlo Magno, anche se altri impegni – contro i sassoni e contro gli avari, in particolare – e la disfatta subita dalla retroguardia dell’esercito carolingio al passo di Roncisvalle, nel 778, a opera forse anche di baschi, limitano più ambiziosi progetti iniziali d’intervento. Si affermarono così, da ovest a est, il regno di Navarra con capitale Pamplona, in forte espansione nel secolo X; la contea, poi regno, d’Aragona, e le contee della Catalogna, presto unificate intorno alla preminente contea di Barcellona.
La Reconquista cristiana riprende nuovo slancio nella seconda metà del secolo XI, in piena coincidenza con il generale risveglio della Cristianità e favorita dalla dissoluzione del califfato di Cordova, divisosi in una trentina di piccoli Stati, conosciuti come “regni di Taifas”, dove taifa indicava la base familiare e tribale di tali regni. Essa è sostenuta, del resto, da molti guerrieri ultrapirenaici. La Chanson de Roland e il Cantar del mio Cid esprimono bene la tensione ideale e religiosa che animava i cavalieri cristiani impegnati nelle guerre iberiche. Spiritualmente e anche giuridicamente la Reconquista veniva assimilata alla crociata. Gli ordini militari nati in Terrasanta, come i templari e gli ospedalieri, nonché altri sorti proprio nella penisola, come quello di Santiago, quello di Calatrava e quello portoghese di Avis, hanno un ruolo decisivo, anche con la costruzione e la difesa di un gran numero di castelli di frontiera, utili pure per il controllo delle strade.
Nel 1085 Alfonso VI il Valoroso (1030 ca.-1109) riconquista Toledo, mentre gli aragonesi si impadroniscono di Saragozza e Rodrigo Diaz de Bivar (1043 ca.-1099), soprannominato il Cid Campeador, il “signore guerriero”, governa per alcuni anni Valenza; una grande spedizione navale pisana, con l’aiuto di Raimondo Berengario III il Grande (?-1131), conte di Barcellona, riconquista temporaneamente – dal 1113 al 1115 – Ibiza e Maiorca, liberando un gran numero di schiavi cristiani. Ma dall’Africa una nuova ondata islamica, guidata dalla dinastia berbera degli Almoravidi, nel 1086 interviene ad arrestare l’espansione cristiana con la battaglia di Sagrajas: tutta la Spagna musulmana viene annessa all’impero almoravide, destinato, peraltro, a disgregarsi a sua volta, dopo il 1140, a opera di un nuovo gruppo di origine africana, quello degli Almohadi.
Nella prima metà del secolo XIII la Reconquista conosce la sua fase decisiva. Nel 1212 la grande vittoria cristiana di Las Navas de Tolosa costringe gli Almohadi sulla difensiva. Nel 1230 il re di Castiglia Fernando III il Santo (1200 ca.-1252), ereditando anche la corona del regno di León, può proseguire il processo di avanzamento e di ripopolamento annettendo tutta la valle del Guadalquivir. In Portogallo, dopo la conquista della penisola di Palmela, di fronte a Lisbona, a opera degli ordini militari, nel 1217, re Sancho II (1210 ca.-1248) arriva a impadronirsi dell’Algarve, nel 1248. Lungo il Mediterraneo il re d’Aragona e conte di Barcellona Giacomo I (1213-1276), educato da bambino dai cavalieri templari, riconquista le Baleari e Valenza, aggiungendo due nuovi regni alla confederazione nota come Corona d’Aragona; le città sono ripopolate da cristiani, mentre comunità musulmane importanti – i moriscos – rimanevano nelle campagne. Presto resterà governato da sovrani musulmani il solo regno di Granada.
4. La conclusione: la liberazione della penisola iberica
Dalla seconda metà del secolo XIII i regni cristiani sono distratti da altre direttrici di espansione, come, per la Corona d’Aragona, la Sicilia conquistata nel 1282, la Sardegna nel 1323 e il regno di Napoli nel 1442. Essi conoscono anche gravi crisi dinastiche e politiche. Il loro impegno anti-islamico, di conseguenza, diminuisce, anche se, di tanto in tanto, vi sono nuovi conflitti originati, in modo particolare, dall’importanza del controllo dello stretto di Gibilterra.
Soltanto nel 1492 i Re Cattolici, Ferdinando d’Aragona (1452-1516) e Isabella di Castiglia (1451-1504) – il cui matrimonio, nel 1469, aveva posto le basi della riunificazione delle due corone -, conquistano, dopo aspra guerra, il regno di Granada, ponendo così fine, dopo sette secoli e mezzo, a ogni dominazione islamica in terra iberica.
Questa guerra è condotta sull’onda di un grande entusiasmo religioso e nazionale, il quale spiega anche il fatto che i sovrani accolgano il progetto, apparentemente irrealizzabile, del genovese Cristoforo Colombo (1451 ca.-1506): le capitulaciones de Santa Fe, con le quali veniva dato il via alla sua impresa, sono, appunto, firmate nel quartier generale della guerra di Granada, due mesi dopo la conquista della città. Si può ben dire che, in un certo senso, la scoperta e la conquista del Nuovo Mondo sono una sorta di continuazione della Reconquista.
Per approfondire: vedi l’espansione islamica, in Robert Mantran, L’espansione musulmana dal VII al XI secolo, trad. it., Mursia, Milano 1978; la Reconquista, in Federico Udina Martorell, La Reconquista española, in La Cristianità dei secoli XI e XII in Occidente: coscienza e struttura di una società (Atti dell’VIII Settimana di Studio. Mendola 30 giugno-5 luglio 1980), Vita e Pensiero, Milano 1983, pp. 85-101; e in Joseph Calmette, Storia di Spagna, trad. it., Sansoni, Firenze 1962, 1° vol., passim.