Missionarietà, conversione, riforma interiore, misericordia. Sono queste, in sintesi, le caratteristiche della riforma della Curia Romana voluta da Papa Francesco, nel solco della Tradizione, e con innovazioni pratiche
di Stefano Nitoglia
Il 19 marzo Papa Francesco ha firmato la Costituzione Apostolica Praedicate evangelium sulla Curia Romana e il suo servizio alla Chiesa e al mondo, con la quale è stata riformata la struttura di governo della Chiesa cattolica.
La Curia Romana è il complesso dei dicasteri ecclesiastici che coadiuvano il Papa nel governo generale della Chiesa. La formazione dei dicasteri ecclesiastici, che ebbe uno sviluppo lento e laborioso, si fa risalire, da alcuni, al IV secolo, sebbene il periodo della sua espansione e migliore strutturazione si ponga tra il secolo XII e il XVI, quando fu riordinata dal Pontefice Sisto V con la Costituzione Apostolica Immensa aeterni Dei, del 1588, che pose le basi che costituiscono ancor oggi il suo fondamento. Successivamente vi furono le riforme operate da Papa (san) Pio X nel 1908, con la Costituzione Apostolica Sapienti consilio, da Papa (san) Paolo VI con la Costituzione Apostolica Regimini Ecclesiae universi, del 1967, e, da ultimo, da Papa (san) Giovanni Paolo II, con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus, del 1988, che ha regolato la Curia fino alla riforma di Papa Francesco.
Praedicate evangelium è l’atto finale di un lungo percorso di studio ed elaborazione compiuto a partire già dalle Congregazioni generali pre-conclave del 2013, successivamente elaborato e completato dal cosiddetto gruppo “C9”, creato dal Pontefice argentino pochi mesi dopo l’inizio del suo pontificato.
Si potrebbe sintetizzare in due parole lo spirito della nuova Costituzione:“nova et vetera”. Insieme alla riaffermazione, in linea con la Tradizione, delle verità fondamentali sulla natura e la missione della Chiesa, contenute nel Preambolo (con un’enfasi particolare sulla missionarietà, sulla conversione, sulla misericordia), si danno delle disposizioni pratiche, innovative, per la riorganizzazione della Curia.
Il Preambolo
Nel preambolo si spiega che quello di predicare il Vangelo, da cui prende titolo la Costituzione, è «il primo servizio che la Chiesa può rendere a ciascun uomo e all’intera umanità nel mondo odierno». Una Chiesa chiamata ad una conversione missionaria, fondata sulla testimonianza, con parole ed opere, della misericordia divina, che essa stessa ha ricevuto da Dio e che deve dispensare all’uomo moderno. Una missione congiunta intimamente alla comunione sinodale.
Si ribadisce,in continuità con la Tradizione, la natura e la costituzione gerarchica della Chiesa, con Pietro a capo del Collegio degli Apostoli. Il rinnovamento della Chiesa e, in essa, della Curia deve avvicinarsi il più possibile alla comunione missionaria del Signore e degli Apostoli sotto l’azione dello Spirito Santo. Il primo nucleo della Chiesa costituì un “gruppo” stabile, del quale Gesù «mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro». Per assicurare la continuità della missione divina, Pietro e gli Apostoli ebbero cura di istituire dei successori in modo che, come allora «costituirono, per volontà del Signore, un unico Collegio apostolico, così ancora oggi, nella Chiesa, società gerarchicamente organizzata, il Romano Pontefice,successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono uniti tra loro in un unico corpo episcopale, al quale i Vescovi appartengono in virtù della consacrazione sacramentale e mediante la comunione gerarchica col capo del Collegio e con le sue membra, cioè con il Collegio stesso».
In questo Collegio «il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi, sia della moltitudine dei fedeli. I singoli Vescovi, invece,sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari. Queste sono formate a immagine della Chiesa universale, ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica una e unica. Perciò i singoli Vescovi rappresentano la propria Chiesa, e tutti insieme col Papa rappresentano la Chiesa universale in un vincolo di pace, di amore e di unità».
La Curia Romana è al servizio del Papa e in rapporto organico con il Collegio dei vescovi e con ogni singolo vescovo, con le Conferenze episcopali nonché con le strutture gerarchiche Orientali. Non collocandosi tra il Papa e i vescovi, ma ponendosi al servizio di entrambi.
La missione dei laici
Gli unici evangelizzatori non sono il Papa e i Vescovi, ma ogni cristiano battezzato proprio in virtù del battesimo. Quindi, e qui sta la novità, tutti i battezzati, anche i laici e le laiche, possono «avere ruoli di governo e di responsabilità». Una presenza e partecipazione «imprescindibile, perché essi cooperano al bene di tutta la Chiesa e, per la loro vita familiare, per la loro conoscenza delle realtà sociali e per la loro fede che li porta a scoprire i cammini di Dio nel mondo, possono apportare validi contributi, soprattutto quando si tratta della promozione della famiglia e del rispetto dei valori della vita e del creato, del Vangelo come fermento delle realtà temporali e del discernimento dei segni dei tempi».
Una riforma interiore
La riforma della Curia non deve essere soltanto un fenomeno burocratico, ma deve germogliare «da una riforma interiore», secondo il paradigma del Buon Samaritano, fatto proprio dal Concilio, cioè «di quell’uomo, che devia dal suo cammino per farsi prossimo ad un uomo mezzo morto che non appartiene al suo popolo e che neppure conosce. Si tratta qui di una spiritualità che ha la propria fonte nell’amore di Dio che ci ha amato per primo, quando noi eravamo ancora poveri e peccatori, e che ci ricorda che il nostro dovere è servire come Cristo i fratelli, soprattutto i più bisognosi, e che il volto di Cristo si riconosce nel volto di ogni essere umano, specialmente dell’uomo e della donna che soffrono (cfr Mt 25,40)».Una riforma non fine a sé stessa, ma mezzo di una più forte testimonianza cristiana per favorire una più efficace evangelizzazione e un più fecondo spirito ecumenico.
I princìpi e i criteri della riforma
«Per rendere possibile ed efficace la missione pastorale del Romano Pontefice ricevuta da Cristo Signore e Pastore, nella sua sollecitudine per tutta la Chiesa (cfr Gv 21,51ss), e per mantenere e coltivare la relazione tra il ministero petrino e il ministero di tutti Vescovi, il Papa “nell’esercizio della sua suprema, piena ed immediata potestà sopra tutta la Chiesa, si avvale dei Dicasteri della Curia romana, che perciò compiono il loro lavoro nel suo nome e nella sua autorità, a vantaggio delle Chiese e al servizio dei sacri pastori”. In tal modo la Curia è al servizio del Papa e dei Vescovi i quali “col successore di Pietro reggono la casa del Dio vivente”. La Curia esercita questo servizio ai Vescovi nelle loro Chiese particolari nel rispetto della responsabilità loro dovuta in quanto successori degli Apostoli». Così la Costituzione Apostolica spiega i princìpi e i criteri della riforma. In particolare, la Curia rinnovata deve operare al servizio della missione del Papa e dei Vescovi nello spirito di una “sana decentralizzazione”, con la riduzione del numero delle Congregazioni, che ora vengono denominate Dicasteri, e nell’accorpamento di alcuni di essi. Una missione non propria, ma vicaria, che compie in virtù della potestà ricevuta dal Sommo Pontefice: «Per tale ragione qualunque fedele può presiedere un Dicastero o un Organismo, attesa la peculiare competenza, potestà di governo e funzione di quest’ultimi». Un compito da operare con ardore interiore nella preghiera in comune, nel rinnovamento spirituale e nella quotidiana celebrazione dell’Eucarestia.
I cambiamenti più significativi
I cambiamenti più significativi riguardano la Segreteria di Stato, che assume la funzione di «Segreteria papale» e «coadiuva da vicino il Romano Pontefice nell’esercizio della sua suprema missione»; il Dicastero per l’Evangelizzazione, che diviene il primo Dicastero della Curia Romana (che non sarà più, quindi, come prima, il Dicastero per la Dottrina della Fede), che, presieduto direttamente dal Papa, avrà due sezioni, una per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo e una per le prime evangelizzazioni e le nuove Chiese; l’istituzione del nuovo Dicastero per il Servizio della Carità, guidato dall’Elemosiniere di Sua Santità; la creazione della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, che entra a far parte del Dicastero per la Dottrina della Fede continuando ad avere norme proprie e un presidente e un segretario propri.
Non ci sarà più alcuna distinzione tra Congregazioni (ora Dicasteri) e Pontifici Consigli, ma vi saranno solo Dicasteri, tutti guidati da un Prefetto, in numero di 16: per l’Evangelizzazione, per la Dottrina della Fede, per il Servizio della Carità, per le Chiese orientali, per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, delle Cause dei Santi, per i Vescovi, per il Clero, per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, per i Laici, la Famiglia e la Vita, per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, per il Dialogo Interreligioso, per la Cultura e l’Educazione, per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, per i Testi legislativi, per la Comunicazione.
Ci sono poi gli Organismi di giustizia: Penitenzieria Apostolica, Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Tribunale della Rota Romana; e quelli economici: Consiglio per l’economia, Segreteria per l’economia, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, Ufficio del Revisore Generale, Commissione di Materie Riservate, Comitato per gli Investimenti.
Conclusione
In conclusione cosa si può dire della riforma di Papa Bergoglio? Io penso che si possa dire, in estrema sintesi, che essa conserva molto (la dottrina tradizionale sulla natura della Chiesa e la potestà pontificia, tra le altre cose) e innova poco (il Dicastero per l’Evangelizzazione, derivazione, peraltro, della vecchia Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli; il Diastero per il Servizio della Carità, vera novità; la Pontificia Commissione per la tutela dei minori, anch’essa derivazione di un precedente organismo, la Commissione per la tutela dei minori, diventata Pontificia Commissione così che possa entrare a far parte del Dicastero per la Dottrina della Fede, costituendo una novità assai importante e non da tutti condivisa, data la natura dottrinale del Dicastero accorpante). Per il resto, si limita a mutamenti formali di denominazione degli organismi curiali (“Dicasteri” invece di “Congregazioni”, a meno che la modifica formale non nasconda cambiamenti più sostanziali, che al momento sfuggono), a modifiche organizzative che comportano ristrutturazioni e accorpamenti, a mutamenti funzionali, come la Segreteria di Stato, che perde in parte l’originaria importanza e centralità, divenendo la segreteria del Papa.
La vera novità della riforma, la sua anima, va colta nella volontà del Papa di porre l’accento più sulla pastorale che sulla dottrina, secondo il paradigma del Buon Samaritano, e comunque sempre nel solco della Tradizione, sulla nuova evangelizzazione, sullo slancio missionario, sulla carità, sulla valorizzazione del laicato, nel solco del Decreto conciliare sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem.
Insomma, più che di una riforma “burocratica” si tratta di una riforma interiore, “spirituale”, che assume quasi i tratti di una scommessa. Funzionerà? La Chiesa ha due anime, quella petrina, più giuridica (anche se non solo giuridica) e quella giovannea, più spirituale. L’organismo Chiesa ha bisogno di entrambe le anime, come il corpo umano ha bisogno di entrambi i polmoni.
La riforma di Papa Francesco, pur essendo petrina, sembra porre l’accento sull’anima giovannea. Per funzionare occorre, però, che i suoi membri, ovvero tutti i battezzati, laici, religiosi ed ecclesiastici, si rinnovino interiormente, affinché l’epoca di cambiamento che stiamo vivendo diventi un vero cambiamento d’epoca, realizzando quel Regno di Maria profetizzato da san Luigi Maria Grignion de Montfort e dalla Madonna a Fàtima, il cui messaggio è tornato drammaticamente di attualità con la consacrazione della Russia, dell’Ucraina e del mondo intero al Cuore immacolato di Maria, fatta dal Pontefice il 25 marzo, ricorrenza della festa dell’Annunciazione e dell’Incarnazione del Verbo, per allontanare lo spettro della guerra e propiziare l’avvento di un’epoca di pace, la vera pace, che è la pace di Cristo nel Regno di Cristo.
Lunedì, 28 marzo 2022