di Daniele Fazio
Mentre il nuovo parlamento si sta costituendo e gli analisti della politica cercano di interpretare il voto degl’italiani, le certezze sono sostanzialmente tre: il primato, tra le forze politiche in campo, del Movimento 5 Stelle (M5S), che supera il 32 % dei consensi; la leadership della Lega (circa il 18% dei consensi) all’interno del Centro-destra, che come coalizione sfiora il 38%; e il tonfo delle Sinistre, con il Partito Democratico (PD) che scende sotto la soglia del 20 %, e Liberi e Uguali (LeU) che prende seggi per il rotto della cuffia, superando appena il 3%.
Da questo panorama e dai giochi parlamentari prevedibili si possono ipotizzare quattro scenari:
- un governo M5S-PD, con l’aggiunta forse anche di LeU: a quanto pare, però, il leader del PD Matteo Renzi, vero sconfitto nelle elezioni, frenerebbe ritagliandosi un ruolo di mera opposizione;
- un governo di Centro-destra, con il leader della Lega, Matteo Salvini, in qualità di premier, che avrebbe però necessità di catalizzare l’appoggio di cosiddetti “responsabili” vari provenienti da altre formazioni politiche, i quali così potrebbero, una volta dato l’appoggio al governo, incorrere nell’espulsione dai propri partiti di provenienza;
- un governo “tecnico” con l’incarico di predisporre una nuova legge elettorale con cui chiamare ancora un volta gl’italiani al voto: un governo di tal fatta, però, o viene vincolato a questo scopo preciso dal presidente della repubblica, oppure finirà per durare molto più del tempo necessario della mera riforma elettorale, legiferando in positivo anche su altre materie;
- infine il temutissimo governo M5S-Lega: a oggi è una prospettiva irrealizzabile, se si tiene conto delle dichiarazioni contrarie di Salvini, il quale continua a fare lealmente squadra con Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi per l’Italia all’interno del Centro-destra. La palla, quindi, passa adesso al presidente della repubblica, Sergio Mattarella, a consultazione dal quale si recheranno, dopo l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, le delegazioni dei partiti.
Da questo punto di vista, non resta allora che attendere gli sviluppi delle prossime settimane, tenendo certamente conto anche del peso elettorale che ha costituito il cosiddetto “popolo del Family Day” e di cui ha ampiamente fatto stato il leader Massimo Gandolfini. Da un altro punto di vista, è invece opportuno, in questo frangente di stallo, ribadire ancora una volta come la salvezza non venga dalla politica e che è necessaria, anzi fondamentale, oggi più che mai, un’azione culturale che sensibilizzi e orienti gl’italiani, tenuto conto del tessuto sociale “coriandolare” e “arrabbiato” in cui si muovono.
La “cultura” ‒ ovviamente ‒ non sono la semplice istruzione o il numero di libri che si sono letti, ma gli ambiti in cui l’uomo vive, così come il suo pensiero e le sue relazioni.
Sono dunque illuminanti le parole del pensatore e uomo d’azione brasiliano Plinio Correa de Oliveira (1908-1995), maestro della scuola cattolica contro-rivoluzionaria del Novecento, che nel proprio scritto più importante, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (originariamente pubblicato nel 1959 e in forma ampliata nel 1977) annota: «[…] è necessario riconoscere che se qualcuno, per esempio, riuscisse a far cessare le proiezioni cinematografiche o le trasmissioni televisive immorali o agnostiche, avrebbe fatto per la Contro-Rivoluzione molto di più che se avesse provocato la caduta di un governo di sinistra, nella routine di un regime parlamentare» (Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Edizione del cinquantenario, 1959-2009, con materiali della “fabbrica” del testo e documenti integrativi, presentazione e cura di Giovanni Cantoni, parte I, cap. X, n.4, Sugarco, Milano 2009, p. 92).
Ciò non significa delegare la battaglia politica a non si sa chi, né tantomeno rinunciare a essa, ma stabilire la priorità della cultura sulla politica, perché è dalle visioni del mondo, dall’orientamento morale, e, perché no, dalla fede religiosa, degli uomini che dipende non solo l’esito di una competizione politica, ma anche la rigenerazione di una classe politica.
Il lungo processo di secolarizzazione, che ha per scenario l’Europa, ha dapprima conquistato i costumi degli uomini, poi è stato giustificato attraverso idee (ideologia) e, infine, è stato ratificato in leggi (ideocrazia), divenendo così, come ha detto Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005), una “struttura di peccato” (al n. 36 della lettera enciclica Sollicitudo rei socialis , del 1987, il Pontefice parla espressamente di «strutture di peccato»). La politica, come si vede, è l’ultimo stadio di un itinerario che, conquistando il cuore e la mente degli uomini, non si pone più al servizio del bene comune, ma diventa veicolo di aggressione all’ordine naturale e cristiano.
Le “minoranze creative” cattoliche – senza perdere di vista l’agone politico, anzi cercando di “contagiarlo” ‒ hanno oggi il compito impegnativo e prioritario d’incontrare l’uomo, favorendone l’apertura alla trascendenza e la reintegrazione in sé stesso. L’opera della “nuova evangelizzazione”, stabilito che una fede che non diventi cultura è inutile, è allora il passo fondamentale per riconquistare i cuori a Cristo e per poter ricomporre i cocci di una società senza bussola. La trasmissione di buona cultura e di buone prassi passa certamente attraverso la costituzione di “ambienti sani” in cui si potrà sperimentare che se un certo tipo di mondo sta morendo, un altro tipo di mondo può nascere, esattamente e comunque mutatis mutandis, come fecero i benedettini con le strutture a cui seppero dare vita a fronte dello sgretolamento dell’impero romano in Occidente. Lavorarono per il regno di Dio, ma nella storia il loro impegno preparò – inconsapevolmente – il Sacro Romano Impero.
È un mondo che oggi ci tocca rifare dalle fondamenta. Bisogna, dunque, partire dalla “materia” così come essa si trova e cercare di plasmarla con l’aiuto di Dio. La fatica sarà ricompensata certamente non solo con le conseguenze politiche, ma soprattutto con la salvezza eterna.