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La santità nella ricchezza

6 Settembre 2025 - Autore: Daniele Fazio

Quale lezione da due prossimi santi “benestanti”?

di Daniele Fazio

Il prossimo 7 settembre Sua Santità Leone XIV proclamerà santi i beati Pier Giorgio Frassati (1901-1925) e Carlo Acutis (1991-2006). Pur vivendo in due momenti storici diversi e pur essendo entrambi giovanissimi, hanno preso sul serio la sequela di Gesù Cristo, vivendo eroicamente le virtù cristiane. Con l’accertamento dei miracoli previsti dai processi canonici, ora sono posti universalmente quali modelli e intercessori per tutti i fedeli.

Sono svariati gli aspetti che li accomunano. Uno emerge in qualche modo in maniera provocatoria, rispetto a certi clichè da “cattolicesimo annacquato”: entrambi provengono da famiglie benestanti. Pier Giorgio nacque, infatti, in una famiglia della ricca borghesia torinese, per giunta laicista. Il padre Alfredo, giurista, fu il fondatore del quotidiano La Stampa. Carlo, invece, nacque a Londra perché i suoi genitori per motivi di lavoro si trovano nella capitale britannica: il nonno è, infatti, azionista di maggioranza e presidente emerito di un grande gruppo assicurativo. La famiglia Acutis, almeno fin quando non venne trascinata dall’esempio del figlio, era piuttosto indifferente alla vita religiosa.

L’agiatezza economica non è stata per entrambi motivo di ostacolo per il loro cammino cristiano, perché se è difficile che il ricco passi per la cruna dell’ago evangelica (Mt 19,24), il miracolo non è impossibile, anzi, personalmente ritengo che sia motivo di straordinaria virtù, per un uomo dovizioso, non essersi attaccato alle sicurezze materiali, ma averle sapute utilizzare per la ricerca del Regno di Dio aiutando il prossimo.

Per entrambi, al momento dei funerali, si è infatti verificato qualcosa di simile. Le celebrazioni furono affollate da tanti poveri e sconosciuti che, all’oscuro delle rispettive famiglie e con loro meraviglia, nel corso degli anni erano stati abbondantemente aiutati da Pier Giorgio e da Carlo. La cosa impressionò talmente tanto il padre di Frassati che dall’ateismo passò alla fede. Quanto al beato Carlo, infaticabile soccorritore dei “barboni” del centro storico della metropoli meneghina, il suggello della vita fu l’esaudimento del suo desiderio di essere sepolto ad Assisi, dove il vescovo, mons. Domenico Sorrentino, lo definì «un francescano senza saio».

Il cristianesimo non può essere ridotto a pauperismo, men che meno a dialettica tra classi sociali. Vi sono benestanti che non hanno legato il loro cuore alle ricchezze materiali, ma ne hanno usato secondo giustizia e carità. Del resto, la condizione di indigenza da sola non è sufficiente per vivere in coerenza il cristianesimo. Gesù proclama beati i poveri in spirito e Lui stesso aveva tra i suoi più cari amici Lazzaro, Maria e Marta: una famiglia agiata del tempo, che assieme ad altre persone sosteneva economicamente la sua missione e la comunità apostolica.

La lezione che, ancora, giunge da questi aspetti esemplari dei prossimi santi è perfettamente in linea con quanto insegnato dalla morale sociale cattolica. La proprietà non è un furto – come vagheggiato da Pierre Joseph Proudhon (1809-1865) e dall’ideologia socialcomunista –, non va altresì idolatrata, ma concepita come un diritto relazionato alla destinazione universale dei beni. Essa, inoltre, garantisce la libertà concreta dei singoli. La presenza dei poveri sarà costante nella storia e per tale ragione il diritto alla proprietà riveste anche una responsabilità sociale di solidarietà.

Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa afferma: «Il realismo cristiano, mentre da una parte apprezza i lodevoli sforzi che si fanno per sconfiggere la povertà, dall’altra mette in guardia da posizioni ideologiche e da messianismi che alimentano l’illusione che si possa sopprimere da questo mondo in maniera totale il problema della povertà. Ciò avverrà soltanto al Suo [di Cristo] ritorno, quando Lui sarà di nuovo con noi per sempre. Nel frattempo, i poveri restano a noi affidati e su questa responsabilità saremo giudicati alla fine (cfr. Mt 25,31-46)» (n.183).

La proprietà privata non va dunque idolatrata né abolita: il vantaggio personale o familiare degli averi è anch’esso funzionale al bene comune e deve essere strutturato in tale ottica.  Dai prossimi santi Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis viene anche questo esempio che è innanzitutto il riconoscimento della «piena e perenne signoria di Dio su ogni realtà» (n.177), di cui l’uomo è amministratore e custode.

Sabato, 6 settembre 2025

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