
Mantenere i punti fissi di fronte all’effervescenza: unità dell’Occidente e garanzie per il popolo ucraino. L’equilibrio di Giorgia Meloni
di Marco Invernizzi
Sarebbe bello se il mondo fosse più semplice, ma non è così. Ci è chiesto di vivere in un mondo sempre più complesso, a partire da quell’evento epocale che è stato il 1989, quando il Muro della divisione e della vergogna venne abbattuto a Berlino dai cittadini finalmente liberi di attraversarlo.
Giovanni Cantoni lo ripeté continuamente negli anni successivi: nasceva un mondo complicato, senza più un paradigma di assoluta evidenza. Non che prima del 1989 fosse tutto semplice, ma c’erano il mondo comunista e quello che gli si opponeva, con tante differenze, certo, ma unito nel rifiuto dell’ideologia marxista.
Oggi il relativismo è penetrato profondamente dappertutto: destre controrivoluzionarie e destre che vogliono fare saltare il sistema liberale, conservatori legati alla tradizione occidentale e conservatori aperti alle suggestioni liberal, cattolici fedeli alla dottrina sociale e altri cattolici che nemmeno sanno cosa sia, sinistre di diversi tipi, occidentali a volte, più spesso pro-pal, cioè contro Israele, ora e sempre.
Bisogna prendere atto di questa situazione, altrimenti si esce dal reale, ma il prezzo da pagare è alto. Bisogna inevitabilmente spiegare tutti i passaggi, porre diverse domande e dare poche risposte, in attesa di capire. Ma chiunque vi dicesse che c’è una strada semplice sta mentendo, oppure sta trasformando in ideologia il suo desiderio.
Credo che la prima cosa che dobbiamo fare davanti alle novità della scena internazionale, dopo l’elezione di Trump, dopo i suoi primi provvedimenti esecutivi e dopo le sue successive dichiarazioni, sia di non farci prendere dal panico o dall’entusiasmo, a secondo dei punti di vista.
Non dobbiamo mai dimenticare il contesto storico in cui ci troviamo, ben descritto dalle parole profetiche di Benedetto XVI a Fatima nel 2010: il mondo ha iniziato un percorso di morte e non riesce più a fermarlo. Siamo immersi nell’odio che genera le guerre e non sappiamo uscirne. Questa è la realtà: il dominio dell’odio. Fintanto che non si arriverà a sconfiggere nei cuori degli uomini questo odio devastante contro la vita e contro quella che s. Agostino chiamava la tranquillità nell’ordine, non ci potrà essere una vera pace.
Intanto, dobbiamo sapere che il presidente americano, chiunque sia, non è un dittatore, né lo potrebbe diventare in pochi giorni: buona parte dei decreti del presidente Trump sono già stati fermati dal complesso sistema politico americano.
In secondo luogo, è legittimo pensare e auspicare che tutte le parole pronunciate da Trump in queste ore abbiano come scopo quello di raggiungere la pace fra Russia e Ucraina. Le modalità possono essere discutibili: la realtà rimane che da tre anni il popolo ucraino subisce un’aggressione disumana e contraria al diritto internazionale, ma per raggiungere l’obiettivo si può forse concedere qualche parola di troppo. Come ha detto Giorgia Meloni parlando ai conservatori americani, Trump non si allontanerà dall’Europa, perché se è vero che l’Occidente non esiste senza l’America, è altrettanto vero che non esiste senza l’Europa.
Tutti sappiamo che l’attuale Unione Europea non è una entità politica coesa in grado di dire qualcosa di unitario sulla scena internazionale. Sappiamo anche che le attuali classi dirigenti dei principali Paesi europei, Francia e Germania, hanno avuto posizioni ideali lontane e contrarie ai valori originari europei, come dimostra l’aborto inserito nella Costituzione francese, provvedimento peraltro sottoscritto anche dall’opposizione nazionalista di Marine le Pen.
Le parole che nei giorni scorsi il vicepresidente americano Vance ha rivolto a Monaco alla classe dirigente europea sono significative: l’Unione Europea non esiste, non è in grado di esprimere una posizione comune, anche perché ha rinunciato alle sue radici e quindi è in contraddizione con se stessa e con la sua storia. Se posso permettermi, non è tanto un problema di mancanza di libertà, quanto di rifiuto delle proprie radici e quindi di identità.
L’Europa non va distrutta, per poi trattare con i singoli Stati, come forse qualcuno vorrebbe, ma aiutata a recuperare le proprie radici e quindi la propria identità. In questa prospettiva bisogna fare attenzione a non rendere ancora più arduo il lavoro difficile e delicato dei governi, come quello italiano, alleati senz’altro degli Stati Uniti ma anche inseriti nell’Unione Europea, impegnati a modificare l’indirizzo dell’UE non per sopprimerla.
So che questa prospettiva di equilibrio non piace a un certo mondo che vorrebbe “rompere” drasticamente con ogni ipotesi di Unione Europea per ritornare a un nazionalismo isolazionista. Attenzione, però, perché il nazionalismo porta alla guerra, come è sempre accaduto, e non va confuso con l’amore per la propria patria tendente alla collaborazione con chi ha comuni radici e ideali condivisi.
E’ evidente che questo discorso per essere compreso necessita di una premessa. Le società occidentali non si cambiano per decreto o semplicemente perché si è installato un buon governo. Ci vuole tempo, pazienza e soprattutto un progetto culturale, che attualmente non si vede. La politica serve, i provvedimenti esecutivi anche, ma se qualcuno pensasse di potere cambiare con pochi gesti, spesso “urlati” sopra le righe, temo sia destinato a una ennesima delusione.
Proprio per questo organizzeremo il prossimo 14-15 marzo a Roma e a Milano due incontri per capire che cosa è successo in Ucraina negli scorsi tre anni e, in particolare, quali sono le caratteristiche dell’ideologia del Mondo russo.
Tutti saremmo contenti di ritornare a Pratica di mare, quando Russia e Occidente si parlavano, ma, ritornando a quel tempo, che cosa ne sarà dell’Ucraina e del suo popolo, che per tre anni ha combattuto valorosamente sacrificando centinaia di migliaia di uomini per difendere la propria patria? Saranno sacrificati, in nome della pace, come i combattenti anticomunisti consegnati dagli Alleati ai sovietici dopo la fine della Seconda guerra mondiale? E quanto dell’Ucraina resterà agli ucraini? E chi garantirà l’indipendenza della parte di Ucraina che resterà libera dalla dominazione russa?
Come si può capire non sono solo domande: non bisogna avere fretta di avere risposte, la trattativa è appena cominciata e sarà lunga.
Ritorno all’inizio.
Abbiamo di fronte due problemi, e due avversari. Il primo è interno e riguarda il tradimento delle classi dirigenti europee rispetto alle radici cristiane d’Europa; il secondo sono gli avversari esterni, i governi di Russia e Cina. Logica vorrebbe che Europa e Usa combattessero insieme questa battaglia identitaria, ma forse il diavolo sta cercando di incrinare ogni collaborazione.
Permettemi di concludere suggerendo l’ascolto dell’intervento del Presidente del consiglio italiano ai conservatori americani, il suo appello all’unità dell’Occidente, non di quello relativista delle attuali classi dirigenti, ma quello fondato, sono sue parole, sulla filosofia greca, il diritto romano e i valori cristiani. E va anche apprezzato il suo equilibrio nel tenere insieme il sacro diritto alla legittima difesa del popolo ucraino, l’alleanza storica e fondamentale dell’Italia con gli USA, senza perdere il legame con l’Europa. Un equilibrio difficile, un compito che ha bisogno del nostro affetto e delle nostre preghiere.
Noi infine non lasciamoci ingannare e imitiamo s. Ignazio, che nel tempo della tribolazione invitava a non cambiare le decisioni già prese. Non odiamo nessuno e vogliamo cooperare con tutti, proprio in un’ottica cattolica, cioè universale: l’Occidente è un bene, è stato un dono, e può ritornare a esserlo.
Lunedì, 24 febbraio 2025