Gonzague de Reynold, Cristianità n. 161 (1988)
Cercles concentriques. Études et morceaux sur la Suisse, Les Éditions du Chandelier, Bienne 1943, pp. 202-203. Traduzione e titolo redazionali.
La tecnocrazia o barbarie tecnica
Da cristiani non dobbiamo mai dimenticare la definizione di sant’Agostino nella Città di Dio: la pace è la tranquillità dell’ordine. La pace non ci viene mai data gratuitamente. Non ci è neppure mai data in modo definitivo. E una creazione continua, quotidiana. Prima bisogna guadagnarla, poi conservarla. E, soprattutto, è una grazia, una ricompensa, quella dell’ordine. Quindi non si pone il problema della pace, ma dell’ordine. Avremo la pace soltanto nella misura in cui saremo stati capaci di restaurare l’ordine. Questa pace sarà duratura soltanto nella misura in cui quest’ordine sarà fondato su principi giusti e su idee vere. In un momento in cui la Grecia antica portava a termine il proprio indebolimento nelle guerre intestine. Platone e Aristotele, studiando il problema della città perfetta, erano già giunti a questa conclusione: le due basi dell’ordine politico e sociale sono la giustizia e la verità. Ma, se è facile accertarlo in filosofia, com’è difficile applicarlo in politica! Il vero vinto in questa guerra sarebbe chi perdesse la pace.
A questo riguardo, non dobbiamo confondere ordine e organizzazione. Questa è solo un aspetto materiale, amministrativo, dell’ordine. Non è assolutamente l’ordine stesso. Ne diviene facilmente la contraffazione, la menzogna. In questo caso, invece di sostenere l’ordine, l’organizzazione lo distrugge. E metto l’accento su questa differenza perché vedo avanzare e imporsi una nuova forma di barbarie, la più temibile di tutte: la barbarie tecnica.
Negli Stati Uniti le hanno già dato un nome: la tecnocrazia. La tecnocrazia è la tirannia dell’organizzazione tecnica e scientifica; è quindi la forma ultima del materialismo pratico, molto ingannevole e molto minacciosa. Scrivendo questo, denunciando una confusione, non ne vorrei fare un’altra. Non mi sogno assolutamente di negare la necessità dell’organizzazione, né l’utilità della tecnica; al contrario, so che ci permetterà di rialzare le rovine e di compensare le distruzioni più rapidamente di quanto non fosse possibile poco fa; il tempo della ricostruzione sarà di conseguenza felicemente abbreviato. Il male è che l’uomo abusa di tutto: ecco perché cade da un estremo nell’altro. La tecnica è al servizio dell’uomo, ma quando — invece di servirlo — si serve di lui come se fosse una semplice «materia prima», quando dimentica la persona psicologica per vedere solamente individui fisiologici, quando pretende di ricondurre tutto a tipi unici attraverso regolamenti e schemi, quando si considera come un fine in sé mentre è e può essere solo un mezzo, quando — finalmente — pretende di governare il mondo, abbiamo la tecnocrazia. E io dichiaro ai miei lettori che rappresenta un pericolo diretto. Tende a portare l’uomo al livello di un animale economico e funzionale, di una formica superiore; può soltanto atrofizzare in lui l’anima.
Gonzague de Reynold