Gesù ci ha donato una speranza speciale, contraria al normale pensiero del mondo. Ci ha detto che se uno non muore non può portare frutto e Lui ha fatto proprio così. Durante gli anni del Suo ministero pubblico ha compiuto tanti gesti straordinari, ha predicato tante cose belle, ma se non fosse morto non ci avrebbe dato il frutto del perdono divino, non ci avrebbe aperto le porte del Paradiso. Gesù per noi si è umiliato, si è fatto «piccolo piccolo, come un chicco di grano; ha lasciato la sua gloria celeste per venire tra noi: è “caduto in terra”. Ma non bastava ancora. Per portare frutto Gesù ha vissuto l’amore fino in fondo, lasciandosi spezzare dalla morte» ed è così che dalla croce, dalla morte, nasce per noi la speranza.
Quell’amore che tutto sopporta, che tutto spera, l’amore che è la vita stessa di Dio, ha trasformato tutto, ci ha donato la speranza della vita eterna. «Gesù ha trasformato il nostro peccato in perdono, la nostra morte in risurrezione, la nostra paura in fiducia» dice il santo Padre nell’udienza generale di ieri. Solo dalla forza vitale di Gesù, piena di amore, può venire la speranza dell’uomo. Nell’apparenza, chi ama perde perché si priva di qualcosa per donarla ad un altro, ma in verità questo gesto è un gesto di forza, la forza dell’amore che nell’abbassarsi, nel privarsi, nello spezzarsi, apre una nuova vita.
Chi desidera avere, chi vuole esperienze nuove, cade nella trappola del desiderio che non si estingue mai, cade prigioniero del demonio che sempre possiede e nulla dona, e lo dice Gesù stesso, «Chi ama la propria vita la perde» (Gv 12,25). Dice il Papa: «sei vorace, cerchi di avere tante cose ma … perderai tutto, anche la tua vita, cioè: chi ama il proprio e vive per i suoi interessi si gonfia solo di sé e perde» mentre la vita vera è un donare e così vincere la Vita. Questo amore non è senza dolore, l’amare sul serio passa attraverso la sofferenza, ce l’ha insegnato Gesù che per amarci è passato attraverso la croce. Ma la croce non è la fine, è solo un passaggio, la fine è la Resurrezione. Il Papa richiama le parole stesse di Gesù che nell’Ultima Cena dice «La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo» (Gv 16,21). Ecco: donare la vita, non possederla.
«L’amore è il motore che fa andare avanti la nostra speranza. E ognuno di noi può domandarsi: “Amo? Ho imparato ad amare?”»
Il Santo Padre ci lascia con un invito. In questi giorni, rubiamo un’ora alla nostra vita quotidiana e restiamo a contemplare il Crocefisso, «sorgente di speranza» e impariamo a riconoscere in Lui la fonte vera per superare tutti i nostri difetti, tutti i nostri desideri sbagliati, perché «con Te niente è perduto».
Silvia Scaranari