Il percorso storico-giuridico delle Prelature personali, che inizia con il Concilio Vaticano II, alla luce delle recenti modifiche apportate da Papa Francesco. Problemi e prospettive.
di Stefano Nitoglia
Papa Francesco, con la Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium” del 19 marzo 2022, che riforma l’organizzazione della Curia Romana, ha affidato al Dicastero per il Clero la competenza per tutto ciò che spetta alla Sede Apostolica circa le prelature personali, di cui l’unica finora eretta è quella dell’Opus Dei, e ciò in considerazione del preminente compito in essa svolto a norma del diritto canonico dai chierici (can. 294, CIC).
Successivamente, con Lettera Apostolica in forma di motu proprio “Ad charisma tuendum” del 14 luglio 2022, entrato in vigore il 4 agosto 2022, Papa Francesco ha dettato alcune norme per adeguare le disposizioni relative alla istituzione della prelatura personale in ragione della nuova organizzazione della Curia Romana.
Prima di affrontare il problema delle nuove disposizioni in materia, dettate dalle sopra citate norme, vale la pena operare una ricostruzione storica della figura giuridica della prelatura personale.
Questa figura principia dal Concilio Vaticano II. Il Concilio intende le prelature personali secondo l’unico punto di riferimento allora esistente sotto il nome di prelatura, vale a dire le cosiddette prelature nullius (nullius dioeceseos, di nessuna diocesi) o prelature territoriali, regolate dal Codice di diritto canonico al canone 370: “La prelatura territoriale, o l’abbazia territoriale, è una determinata porzione del popolo di Dio, circoscritta territorialmente, la cura della quale viene affidata, per circostanze speciali, ad un Prelato o ad un Abate che la governa a modo di Vescovo diocesano, come suo pastore proprio.” Si tratta di una forma di chiesa particolare, assimilabile ad una diocesi, definita dal suo territorio e dalla guida di un pastore suo proprio, detto Prelato, che non necessariamente ha ricevuto la consacrazione episcopale. Per questo motivo, le prelature personali vengono menzionate nel decreto conciliare “Presbyterorum ordinis”, n. 10, accanto alle diocesi.
In tale decreto conciliare, che definisce per la prima volta talefigura, si legge: “Dove la considerazione dell’apostolato lo richiede, si renda più fattibile non solo l’adeguata distribuzione dei sacerdoti, ma anche le opere pastorali proprie dei vari gruppi sociali da realizzare in qualche regione o nazione, o in qualsiasi parte della terra. A questo scopo, pertanto, possono essere utilmente istituiti alcuni seminari internazionali, diocesi speciali o prelature personali e altri accordi del genere, nei quali i sacerdoti possono entrare o essere incardinati per il bene comune di tutta la Chiesa, secondo norme da determinare per ogni caso, salvaguardando sempre i diritti degli ordinari locali”.
Lo spirito della prelatura personale è ripreso nel decreto conciliare “Ad gentes”, che prevede la costituzione di prelature personali: “per rendere più facili le opere pastorali particolari per le diverse classi sociali si prevede la costituzione di Prelature personali, in quanto il corretto esercizio dell’apostolato lo avrà richiesto” (nota 105).
Successivamente, il motu proprio “Ecclesiae Sanctae” del 6 agosto 1966, nell’articolo dedicato a “Ripartizione del clero e aiuti da fornirsi alle diocesi”, riguardo alle Prelature ricorda: “Per favorire speciali iniziative pastorali o missionarie in favore di certe regioni o di gruppi sociali, che abbisognano di speciale aiuto, possono fruttuosamente essere erette dalla Sede Apostolica delle Prelature composte di presbiteri del clero secolare, in possesso di una particolare formazione, dotate di propri statuti e sotto la direzione di un proprio Prelato”.
Le Prelature personali, coerentemente con tale visione, trovarono collocazione nel nuovo Codice di diritto canonico del 1983 ai canoni 294, 295, 296 e 297.
Si riporta di seguito il testo letterale dei citati canoni:
Can. 294: Al fine di promuovere un’adeguata distribuzione dei presbiteri o di attuare speciali opere pastorali o missionarie per le diverse regioni o per le diverse categorie sociali, la Sede Apostolica può erigere Prelature personali formate da presbiteri e da diaconi del clero secolare, udite le conferenze dei Vescovi interessati.
Can. 295 § 1. La Prelatura personale è retta dagli statuti fatti dalla Sede Apostolica e ad essa viene preposto un Prelato come Ordinario proprio, il quale ha il diritto di erigere un seminario nazionale o internazionale, di incardinare gli alunni e di promuoverli agli ordini con il titolo del servizio della prelatura. §2. Il Prelato deve provvedere sia alla formazione spirituale di coloro che ha promosso con il predetto titolo, sia al loro decoroso sostentamento.
Can. 296. I laici possono dedicarsi alle opere apostoliche di una Prelatura personale mediante convenzioni stipulate con la Prelatura stessa; il modo di tale organica cooperazione e i principali doveri e diritti con essa connessi siano determinati con precisione negli statuti.
Can. 297. Parimenti gli statuti definiscano i rapporti della Prelatura personale con gli Ordinari del luogo nelle cui chiese particolari la Prelatura stessa esercita o intende esercitare, previo consenso del Vescovo diocesano, le sue opere pastorali o missionarie.
La Prelatura personale è una figura nuova rispetto a quella ordinaria che aveva caratterizzato la struttura della Chiesa fino ad allora, basata sulle diocesi, che sono caratterizzate dal territorio in cui si trovano, mentre la Prelatura personale, come dice la stessa denominazione, ha un criterio personale, basato sulle esigenze e i bisogni delle persone, alle quali va garantita e fornita assistenza spirituale.
L’unica Prelatura personale attualmente esistente nella Chiesa è quella dell’Opus Dei, eretta il 28 novembre 1982 da Papa San Giovanni Paolo II attraverso la Costituzione Apostolica “Ut sit”.Fino a quella data, questa istituzione aveva avuto lo status giuridico di istituto secolare, nel quale si potevano trovare diverse realtà ecclesiali equiparate agli istituti religiosi, cioè ai fedeli della Chiesa che si consacrano a Dio attraverso i voti e vivono secondo regole debitamente approvate dall’autorità della Chiesa.
Tornando, ora, al motu proprio “Ad charisma tuendum”, si riporta il testo dell’articolato:
Art. 1. Il testo dell’articolo 5 della Costituzione Apostolica “Ut sit” è, a partire da ora, sostituito dal testo seguente: “A norma dell’articolo 117 della Costituzione Apostolica “Praedicateevangelium”, la Prelatura dipende dal Dicastero per il Clero che, a seconda delle materie, valuterà le relative questioni con gli altri Dicasteri della Curia Romana. Il Dicastero per il Clero, nella trattazione delle diverse questioni, dovrà avvalersi, mediante l’opportuna consultazione o trasferimento delle pratiche, delle competenze degli altri Dicasteri”.
Art. 2. Il testo dell’articolo 6 della Costituzione Apostolica “Ut sit” è, a partire da ora, sostituito dal testo seguente: “Ognianno il Prelato sottoporrà al Dicastero per il Clero una relazione sullo stato della Prelatura e sullo svolgimento del suo lavoro apostolico.
Art. 3. In ragione degli emendamenti della Costituzione Apostolica “Ut sit” disposti con la presente Lettera Apostolica, gli Statuti propri della Prelatura dell’Opus Dei dovranno essere convenientemente adeguati su proposta della Prelatura medesima,da approvarsi dai competenti organi della Sede Apostolica.
Art. 4. Nel pieno rispetto della natura del carisma specifico descritto dalla Costituzione Apostolica sopra citata, si intende rafforzare la convinzione che, per la tutela del dono peculiare dello Spirito, occorre una forma di governo fondata più sul carisma che sull’autorità gerarchica. Pertanto il Prelato non sarà insignito, né insignibile dell’ordine episcopale.
Art. 5. Considerando che le insegne pontificali sono riservate agli insigniti dell’ordine episcopale, al Prelato dell’Opus Dei si concede, in ragione dell’ufficio, l’uso del titolo di Protonotario Apostolico soprannumerario con il titolo di ReverendoMonsignore e pertanto potrà usare le insegne corrispondenti a questo titolo.
Con il successivo motu proprio, dato a Roma il giorno 8 agosto 2023, Papa Francesco ha disposto:
Art. 1. Al can. 295, § 1, relativo agli statuti e al Prelato, si aggiunge che la Prelatura personale “è assimilata alle associazioni pubbliche clericali di diritto pontificio con facoltà di incardinare chierici”, che i suoi statuti possono essere “approvati o emanati dalla Sede Apostolica” e che il Prelato agisce “in quanto Moderatore, dotato delle facoltà di Ordinario”.
Art. 2. Al can 295, § 2, relativo alle responsabilità del Prelato circa la formazione e il sostentamento dei chierici incardinati della Prelatura, si specifica che egli agisce “in quanto Moderatore, dotato delle facoltà di Ordinario”.
Art. 3. Al can. 296, relativo alla partecipazione dei laici alle attività apostoliche della Prelatura personale, si aggiunge il riferimento al can. 107, in modo che l’articolo 296 risultando il summenzionato canone così formulato: Can 296. Osservato quanto prescritto dal canone 107, i laici possono dedicarsi alle opere apostoliche di una Prelatura personale mediante convenzioni stipulate con la Prelatura stessa; il modo di tale organica cooperazione e i principali doveri e diritti con essa connessi siano determinati con precisione negli Statuti.
Il can 107 recita – §1. A ciascuno sia per il domicilio sia per il quasi-domicilio tocca il parroco e l’Ordinario proprio. §2. Il parroco o l’Ordinario proprio del girovago è il parroco o l’Ordinario del luogo in cui il girovago dimora attualmente. §3. Il parroco proprio di colui che non ha se non il domicilio o il quasi-domicilio diocesano, è il parroco del luogo in cui attualmente dimora.
In sintesi, si può dire che le principali novità di queste nuove disposizioni normative sono due: assimilazione, ma non identificazione, delle prelature personali alle associazioni clericali di diritto pontificio, dotate della facoltà di incardinazione; conferma e ricordo, tramite il richiamo al canone 107, paragrafo 1, del Codice di Diritto Canonico, che i fedeli laici legati alle prelature, ottengono il proprio parroco e il proprio ordinario attraverso il domicilio e il quasi domicilio. Detto più semplicemente, i laici sono soggetti alla giurisdizione del proprio parroco e del proprio ordinario. Si tratta, in questo caso, di una esplicitazione di ciò che già esisteva e si applicava in precedenza.
Le associazioni clericali di diritto pontificio
Le associazioni clericali sono regolate dal canone 302 del Codice di diritto canonico del 1983, che recita: Si chiamano clericali quelle associazioni di fedeli che, sotto la direzione di chierici, fanno proprio l’esercizio degli ordini sacri e sono riconosciute come tali dall’autorità competente.
Durante i lavori preparatori del CIC 1983 (cf. Communicationes XII, 1980, 109-112), sino all’ultimo progetto, in un canone inserito dopo l’attuale can. 315, si prevedeva la possibilità che esistessero associazioni con facoltà di incardinare chierici. Tale possibilità è stata soppressa nell’ultima revisione del CIC 1983, dal momento che si era ritenuto che a tale problematica si fosse già risposto tramite le “società di vita apostolica” (can. 731 CIC).
La possibilità di incardinare chierici in associazioni, tuttavia, non è stata del tutto abbandonata, dal momento che qualche anno dopo (1990) essa viene accolta nel can. 579 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.
Con Lettera del 13 maggio 2006, l’allora Prefetto della Congregazione per il Clero, Card. Castrillón Hoyos, richiese a Benedetto XVI di concedere al già menzionato Dicastero il privilegio (ex can. 76, § 1) di poter “concedere ad una specifica Associazione o Movimento ecclesiale la capacità giuridica di incardinare i propri chierici, dopo aver studiata la petizione e adoperato le consultazioni pertinenti”. Per conseguenza, in data 11 gennaio 2008, Benedetto XVI ha confermato alla Congregazione il privilegio di concedere la facoltà di incardinare chierici nelle Associazioni Pubbliche Clericali di diritto pontificio che ne facciano richiesta e che siano in possesso di determinati requisiti. Dopo le prime esperienze, in data 28 aprile 2008 la Congregazione per il Clero ha provveduto a formalizzare alcuni “criteri interni” da applicare nei casi di richiesta di incardinare da parte di Associazioni Pubbliche Clericali. Papa Francesco, in una Riunione dei Capi Dicastero su tale tema, da lui voluta, ha confermato il privilegio concesso alla Congregazione da Benedetto XVI.
Attualmente le Associazioni Pubbliche Clericali con facoltà di incardinare, erette dalla Congregazione per il Clero, sono sei: Communauté Saint Martin, Société Jean-Marie Vianney, Opera di Gesù Sommo Sacerdote, Fraternità dei Sacerdoti Operai Diocesani del Cuore di Gesù, Comunità dell’Emanuele e Fraternità Missionaria di Sant’Egidio (cf. Annuario Pontificio 2022). Di queste, le ultime due (Comunità dell’Emanuele e Fraternità Missionaria di Sant’Egidio) sono nate e legate con maggiore o minore intensità a un movimento. Va detto che la ragion d’essere del sacerdozio dei presbiteri incardinati in queste ultime due associazioni non è, in primo luogo, la cura pastorale dei loro membri, diversamente dalla Prelatura dell’Opus Dei riguardo ai fedeli laici in essa incorporati (cfr. Miguel Delgado Galindo, “Movimenti ecclesiali e incardinazione dei chierici. A proposito dell’erezione di un’associazione clericale con facoltà di incardinare”, in https://doi.org/10.19272/201808602013 · «ius ecclesiae» · xxx, 2, 2018 · pp. 651-674).
Queste associazioni, sebbene fossero già associazioni clericali, hanno ricevuto il potere di incardinare solo nel 2008, come sopra detto. Al Moderatore o responsabile di esse vengono attribuite le facoltà di Ordinario, come fanno gli articoli 1 e 2 del motu proprio dato il giorno 8 agosto 2023. Con motu proprio “Competentias quasdam decernere” dell’11 febbraio 2022 di papa Francesco queste associazioni clericali sono state incluse tra gli enti incardinanti.
La natura giuridica delle prelature personali. Le due tendenze dottrinali in materia
Fin qui la ricostruzione storico – cronologica del percorso giuridico dell’istituto delle prelature personali. Passiamo, ora, ad esaminare la natura giuridica di tali istituti, e i problemi giuridici che esse hanno suscitato, e suscitano tuttora, basandoci, principalmente, sullo studio del giurista e accademico spagnoloAmadeo de Fuenmayor Champín (1915-2005) “Le Prelature personali e l’Opus Dei (A proposito di una monografia di Gaetano Lo Castro) in https://www.iusecclesiae.it/article/view/201.
Esiste, sulla natura della nuova istituzione della Prelatura personale, una dottrina, per un certo tempo maggioritaria, che la intende come ente giurisdizionale gerarchico di carattere personale della Chiesa, e una dottrina minoritaria, che nega tale carattere e dissente sulla possibilità di appartenenza a pieno titolo dei laici a tale ente.
Questa seconda tendenza dottrinale afferma che esistono antinomie tra l’istituzione della prelatura e le norme generali in proposito, sia conciliari sia codiciali. Secondo la prima tendenza, invece, esiste una linea di continuità tra l’idea iniziale (quella del Concilio) e la sua successiva e progressiva attuazione in tre provvedimenti legislativi generali (il motu proprio “Ecclesiae Sanctae”; la Costituzione Apostolica “Regimini EcclesiaeUniversae” e il Codice di diritto canonico del 1983). Secondo la detta dottrina minoritaria, le uniche possibili strutture giurisdizionali gerarchiche della Chiesa sarebbero le chiese particolari, con la conseguente impossibilità di esistenza di altri enti giurisdizionali gerarchici. Siccome, secondo tale dottrina, le prelature personali non sono chiese particolari esse, pertanto, non formano parte della struttura gerarchica della Chiesa. Sostiene, questa dottrina, con caratteristiche che si ritrovano nella recente legislazione che stiamo esaminando, che le prelature personali o sono organi istituiti per una migliore distribuzione del clero, di natura societaria, privi di presbiterio proprio, oppure sono associazioni clericali di incardinazione e di apostolato, con laici che possono collaborare solo dall’esterno senza esserne parte.
La Prelatura personale dell’Opus Dei e le conseguenze della nuova normativa
Siccome, come detto, prima e unica, per ora, applicazioni pratica della normativa sulle prelature personali è stata data con la Costituzione Apostolica “Ut sit” del 1982, mediante la quale è stata eretta la Prelatura personale Opus Dei, occorre inquadrare il problema e i contrasti dottrinali di cui abbiamo detto sopra innanzitutto alla luce della “Ut sit”, anche per le conseguenze che tali nuove disposizioni avranno sulla compagine dell’Opus Dei.
La Costituzione Apostolica “Ut sit” costituisce il termine finale di un lungo percorso dell’Opus Dei alla ricerca di una configurazione giuridica adeguata al suo carisma proprio; lungo percorso che l’ha vista dapprima inquadrata come pia unione, poi come società di vita comune e istituto secolare, uniche configurazioni possibili all’epoca prima dello sviluppo conciliare e della successiva normazione sopra richiamata, infine come prelatura personale, che ha assicurato all’Opus Dei “un ordinamento ecclesiale adeguato al suo carisma fondazionale e dalla sua realtà sociale” (cfr. declaratio Prelaturae personalesdella Congregazione per i Vescovi, pubblicata su l’Osservatore Romano del 28 dicembre 1982 e, successivamente, il 2 maggio 1983 in AAS 75 (1983, pp. 464- 468).
In detta declaratio viene usata due volte la parola “trasformazione”, a sottolineare la portata della decisione pontificia, che non riguardava soltanto alcune modifiche nelle norme sulle quali si reggeva l’Opus Dei, trattandosi, invece, di una vera e propria trasformazione giuridica della sua natura, che la faceva uscire dal perimetro del fenomeno associativo nel quale era prima collocata, per appartenere alla struttura pastorale e gerarchica della Chiesa. Questa è anche la ragione per la dipendenza di questo ente dalla Congregazione per i Vescovi, vale a dire dal Dicastero della Curia Romana competente sulle entità integranti la struttura pastorale e gerarchica della Chiesa, competenza ora passata, dalle nuove norme, alla Congregazione per il Clero. Va aggiunto, in proposito, che da un punto di vista formale le norme che hanno costituito questo ente sono contenute in un documento (Costituzione Apostolica) il quale, anche per le clausole di stile in esso contenute, è abitualmente usato dalla Santa Sede per l’erezione di entità appartenenti alla organizzazione gerarchica della Chiesa. La competenza della Congregazione per i Vescovi sulle prelature personali, dalla recente normativa che stiamo esaminando ora negata, è stata ribadita dalla Costituzione sulla Curia Romana “Pastor bonus” del 28 giugno 1988 di San Giovanni Paolo II la quale, all’articolo 80, così dispone: “Ad hanc Congregationem (sc. pro episcopis) perthinent ea omnia, quae ad Sanctam Sedemspectant circa Prelaturas personales”.
L’appartenenza alla struttura pastorale e gerarchica della Chiesa delle Prelature personali è confermata, peraltro, da una lettera del 17 gennaio 1983 del Cardinale Sebastiano Baggio, allora Prefetto della Sacra Congregazione per i Vescovi, a Mons.Alvaro del Portillo, allora Prelato dell’Opus Dei, e pubblicata su “Studia et documenta” del 2011, nella quale si legge: “sono lieto di comunicarle che Sua Santità mi ha pienamente confermato quanto aveva esposto nell’udienza accordata a Lei, ossia: 1) la collocazione nella pars I del liber II non altera il contenuto dei canoni che riguardano le Prelature personali, le quali pertanto, pur non essendo Chiese particolari, rimangono sempre strutture giurisdizionali, a carattere secolare e gerarchico, erette dalla Santa Sede per la realizzazione di peculiari attività pastorali, come sancito dal Concilio Vaticano II”. (cf. Studia et documenta. Rivista dell’Istituto Storico San Josemaría Escrivá – Vol. 5 –gennaio-dicembre 2011).
L’elaborazione dottrinale, una volta minoritaria, come sopra detto, che negava alle prelature personali la natura di enti di carattere giurisdizionale gerarchico e non ammetteva la partecipazione dei laici a queste strutture, pare ora essere stata fatta propria dalle recenti disposizioni in materia.
Per sostenere la sua tesi, la dottrina, allora minoritaria, rilevava una presunta contraddizione tra le norme che avevano istituito la prelatura personale il 28 novembre 1982, con la Costituzione più volte richiamata “Ut sit” e le successive norme codiciali sulle prelature personali del codice del 1983 le qualinorme, sostenevano costoro, essendo in contrasto con la Costituzione “Ut sit” e temporalmente successive ad essa, avrebbero implicitamente abrogato le disposizioni della “Ut sit”sulla base dei principi regolanti la successione delle leggi nel tempo.
A parte la questione del preteso contrasto tra le due norme, che non pare sussistere, si fa notare, però, dalla dottrina contraria,che nel caso della “Ut sit” si è trattato di un procedimento iniziato come atto amministrativo il 28 novembre 1982 e conclusosi come atto legislativo con la sua solenne promulgazione, il 19 Marzo 1983, nell’atto formale di esecuzione da parte del Nunzio apostolico in Italia, che ha dato esecuzione alla Costituzione Apostolica “Ut sit”, che aveva eretto l’Opus Dei in Prelatura personale, e, poi, nella consueta forma della pubblicazione negli “Acta apostolicae sedis”, il 2 maggio dello stesso anno, sicché la“Ut sit” è successiva al Codice del 1983, che è entrato in vigore nel gennaio del 1983.
In poche parole, la dottrina minoritaria non considera la fondamentale distinzione tra perfezione, vigenza ed efficacia della legge, trattandosi, in questo caso, di un processo con un inizio euna fine. Va detto, ancora, che il metodo interpretativo proposto dalla dottrina minoritaria porterebbe a ritenere il legislatore incoerente.
I laici nelle prelature personali
Si discute se i laici possano partecipare pleno iure alla prelatura, di modo che ne siano parte integrante. La dottrina minoritaria sopra richiamata lo esclude, negando alle prelaturepersonali, come detto, la natura di enti di carattere giurisdizionale gerarchico.
L’Opus Dei è una struttura composta da sacerdoti e laici, uniti da una vocazione comune e da una complementarità di funzioni, circostanza, questa, assai importante al fine della comprensione delle recenti disposizioni pontificie che la hanno riguardata. Unità pastorale organica e indivisibile, composta da sacerdoti e laici, i quali ultimi costituiscono il 98% della struttura; per cui non sarebbe comprensibile né possibile scinderla in due o più strutture composte, una, formata da, sacerdoti, l’altra, da laici, da suddividere, eventualmente, ancora in due diverse strutture, maschili e femminili.
La caratteristica costitutiva dell’Opus Dei, quindi, consiste nel fatto che essa non è un raggruppamento di sacerdoti che chiama alcuni laici a collaborare alle proprie finalità e neppure un’associazione di laici con alcuni sacerdoti consiglieri o cappellani ma, come messo in evidenza da Giovanni Paolo II nellaCostituzione “Ut sit”, è un’unità organica di sacerdoti e di laici sotto la giurisdizione di un proprio Prelato, vale a dire è una realtà di vita cristiana che presuppone e comporta costituzionalmente tanto l’attività laicale quanto quella sacerdotale. Tutta l’attività apostolica della prelatura dell’Opus Dei va vista in un rapporto essenziale con l’esercizio del sacerdozio comune proprio dei fedeli laici messo in luce dai documenti conciliari. Si legge, infatti, all’inizio degli Statuti della prelatura: “L’Opus Dei è una prelatura personale che comprende allo stesso tempo chierici e laici, per la realizzazione di un peculiare compito pastorale sotto il governo di un prelato proprio”; proseguendo: il sacerdozio ministeriale dei chierici e il sacerdozio comune dei laici si intrecciano intimamente- intime coniunguntur -e mutualmente si richiamano e completano – se invicem requirunt et complent -, per la realizzazione, in unità di vocazione e di regime, del fine che la prelatura cerca di raggiungere”.
I laici fanno pertanto essenzialmente parte (de essentia) dell’ente; senza di essi la prelatura personale non potrebbe conseguire la sua finalità, non potrebbe avere i suoi presbiteri, provenienti dai laici incorporati alla prelatura, non sarebbe venuta all’esistenza o cesserebbe di esistere.
Le nuove disposizioni pontificie, da accogliere “con sincera obbedienza filiale”, come sottolinea il Prelato dell’Opus Dei Mons. Fernando Ocariz (https://opusdei.org/it-it/article/messaggio-del-prelato-dellopus-dei-a-proposito-del-motu-proprio-sulle-prelature-personali/), nella parte riguardante la missione e il ruolo dei laici, sembrano essere ispirate a un certo clericalismo, peraltro più volte criticato dallo stesso papa Francesco, e non tener conto dei documenti conciliari e post-conciliari sulla vocazione laicale. “Studieremo le conseguenze che queste modifiche possono avere sulla configurazione giuridica dell’Opus Dei, anche all’interno del lavoro che si sta svolgendo con il Dicastero del Clero sull’adattamento degli Statuti richiesto dal Motu proprio Ad charisma tuendum, in un clima di comunione con il Santo Padre”, ha detto il Prelato.
Lunedì, 21 agosto 2023