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L’enciclica «Dilexit nos». La devozione al Sacro Cuore e la riparazione sociale

27 Dicembre 2024 - Autore: Silvia Scaranari

Silvia Scaranari, Cristianità n. 430 (2024)

Il 24 ottobre scorso il Santo Padre Francesco ha emanato la quarta enciclica del suo pontificato, Dilexit nos (1), dopo la Lumen fidei del 2013 — completamento di una traccia di Benedetto XVI (2005-2013; † 2022) —, la Laudato si’ del 2015 e la Fratelli tutti del 2020.

Dopo un testo d’impianto teologico, uno di preoccupazione sul benessere della terra e uno sulla fratellanza fra tutti gli uomini, il Papa ci offre un lungo esame di carattere scritturale, teologico, storico e pastorale sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù.

1. Che cos’è un’enciclica

Ma che cos’è un’enciclica e che peso ha all’interno della Chiesa?

Il termine enciclica indica un testo «mandato in giro», dal greco enkýklos e dal latino encyclica, che indicano appunto un documento fatto circolare per tutti. Se inizialmente indicava documenti di pontefici o di vescovi destinati a determinate aree, da Benedetto XIV (1740-1758) ha assunto l’attuale portata di documento magisteriale emanato dal Papa e inviato a tutti i vescovi del mondo e, tramite questi, a tutti i fedeli. Pur non trattandosi di documento dogmatico, un’enciclica è un atto di magistero ordinario di natura teologica, morale, sociale e politica, che comporta un «religioso ossequio dell’intelletto e della volontà» (2) da parte del fedele. Mentre nell’emanazione del dogma vi è una richiesta di adesione incondizionata, nel caso dell’enciclica vi possono essere passaggi legati a circostanze contingenti o a inclinazioni personali del Pontefice, ma l’im­pianto generale, la sostanza, è magistero (insegnamento), non solo generico suggerimento o indicazione che, normalmente, interviene su questioni che vengono percepite come necessarie in un determinato momento storico. 

Da Benedetto XIV in poi, che intervenne con puntualità sull’Illu­minismo che si diffondeva a macchia d’olio in Europa e sull’assolutismo «illuminato», l’uso delle encicliche diviene strumento sempre più utilizzato dai Pontefici secondo l’esigenza e l’urgenza dei tempi. Sarebbe troppo lungo elencare tutte le encicliche, ma mi sembra opportuna una sintetica segnalazione delle più significative a puro scopo esemplificativo.

Dalla Diu satis del 1800 del servo di Dio Pio VII (1800-1823) sui danni e i pericoli della Rivoluzione francese alla Mirari vos del 1832 di Gregorio XVI (1831-1846) contro l’espansione del liberalismo estremo e alla Quanta cura del 1854 del beato Pio IX (1846-1878) sugli errori del liberalismo e del socialismo con nuova condanna della Rivoluzione francese e del Risorgimento italiano: documenti che con tempestività intervengono sugli errori del tempo e offrono una confutazione tanto efficace quanto per lo più inascoltata.

Con Leone XIII (1878-1903) si apre in modo significativo il discorso sulle questioni sociali, i rapporti di lavoro fra operai, imprenditori e Stato, a cui dedica in particolare la Rerum novarum del 1891, preceduta dalla Immortale Dei del 1885 sul rapporto fra potere civile ed ecclesiastico e sulla tutela della libertà individuale — richiamata nella Libertas del 1888 — e dalla Humanum genus del 1884, per illustrare gli errori della massoneria sempre più diffusa in Italia e nel mondo.

Il tema del laicismo è ripreso da san Pio X (1903-1914) nella Vehementer nos del 1906, mentre la Pascendi del 1907 vede la condanna del modernismo, che si stava diffondendo a cavallo dei due secoli. Con il secolo XX e l’emergere di «poteri forti» sempre più nazionalisti e contrari alla dignità dell’uomo, diventa pressante il tema politico e si intensificano i documenti che mettono in evidenza i relativi errori. Pio XI (1922-1939), dopo aver ribadito la regalità di Cristo nella Quas primas del 1925, interviene con decisione contro i grandi totalitarismi nel 1937 con la Mit brennender Sorge sugli errori del nazionalsocialismo, con la Divini Redemptoris sul comunismo ateo e con la Firmissimam constantiam sul laicismo anti-cattolico del Messico, tema già anticipato nel 1932 con la Acerba animi.

L’emergere di nuovi strumenti tecnologici come la radio, il cinema e soprattutto la televisione vedono l’interesse del venerabile Pio XII (1939-1958), il quale nella Miranda prorsus del 1957 esprime l’apprezza­mento per le potenzialità positive dei media, ma anche ammonisce sul­l’uso improprio o dannoso degli stessi. Ai problemi internazionali nati con l’affermarsi del comunismo maoista è dedicata la Ad apostolorum principis del 1958 sulla Chiesa cattolica in Cina.

San Giovanni XXIII (1958-1963) interviene su temi urgenti quali la questione sociale e la Chiesa con la Mater et magistra del 1961 e nel 1963, al crescere delle tensioni della Guerra Fredda, con la Pacem in terris su verità, giustizia e amore nella libertà come fondamento della vera pace.

L’urgenza dei tempi porta san Paolo VI (1963-1978) alla molto contestata Humanae vitae sulla vera dignità della persona umana contro l’aborto e la contraccezione, tanto sostenuti dal movimento sessantottino, tema ripreso con decisione da san Giovanni Paolo II (1978-2005) nella Evangelium vitae del 1995, preceduta dalla trilogia dedicata alla Trinità con la Redemptor hominis del 1979 su Cristo, la Dives in misericordia del 1980 sul Padre e la Dominum et vivificantem del 1985 sullo Spirito Santo. A Maria e alla donna nella società e nella Chiesa ha invece dedicato la Mulieris dignitatem nel 1988, pubblicando quindi altre quattordici encicliche su temi diversi, ma tutti urgenti.

Benedetto XVI, convinto che la crisi della Chiesa contemporanea abbia le sue radici nella mancanza di fede, offre tre encicliche di carattere teologico, Deus caritas est (2005), Spe salvi (2007) e Caritas in veritate (2009).

2. La devozione al Sacro Cuore come antidoto alla modernità 

E arriviamo a Papa Francesco e alla Dilexit nos, che sembra già dimenticata dai media e, temo, anche dal mondo cattolico. 

Perché oggi un intervento magisteriale sul Sacro Cuore? Fra tanti problemi che attanagliano il mondo è proprio urgente porre attenzione su un aspetto devozionale? Secondo il Santo Padre il tema è urgente perché non si tratta di pura devozione, ma di un rimedio forte all’autentica tragedia che il mondo sta attraversando. È un testo che non offre il fianco a polemiche, a controversie, ma va al cuore della crisi della nostra epoca. Razionalismo, relativismo, solipsismo, individualismo, narcisismo hanno un’unica causa: la perdita della centralità del cuore nella nostra vita, l’incapacità di cogliere la reductio ad unum della persona umana nel suo cuore, la perdita della comprensione dell’amore ricevuto da Dio e donato ai nostri compagni di strada.

Il testo, molto ricco, può essere suddiviso in più parti: un lungo esame del significato del termine cuore, una ricostruzione storica della devozione al Sacro Cuore di Gesù, un’analisi delle potenzialità di riparazione sociale della devozione al Sacro Cuore e infine la dimensione missionaria, universale dell’amore che nasce nel cuore dell’uomo aperto all’amore divino, unica soluzione all’odio, al rancore, al desiderio di rivalsa e di potere che sta logorando l’umanità.

Il cuore non è solo il centro della vita fisica — se non batte, si muore —, ma è colto da tutta la tradizione culturale, dagli antichi greci in poi, come la parte più interna, il nucleo spirituale dell’essere umano: «Fin dall’antichità ci siamo resi conto dell’im­portanza di considerare l’essere umano non come una somma di capacità diverse ma come un mondo animo-corporeo con un centro unificatore, che conferisce a tutto ciò che vive la persona lo sfondo di un senso e di un orientamento» (n. 3). 

Il cuore è anche il luogo in cui viviamo la vera esperienza di noi stessi, in cui usciamo dalle menzogne per cogliere la vera dimensione dei nostri pensieri e delle nostre azioni e sentire la profondità delle domande sul nostro vero essere, «io sono il mio cuore» (n. 14). Perciò grandi santi hanno preso il cuore come punto centrale dell’esperienza religiosa, da sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) che negli Esercizi spirituali invita a stimolare il cuore «[…] perché sentiamo e gustiamo con il cuore un messaggio del Vangelo» (n. 144), a san John Henry Newman (1801-1890) che usa il motto «Cor ad cor loquitur».

Il cuore non può essere autoreferenziale: come tutta la persona umana è ferito dal peccato e quindi deve lasciarsi guidare dall’amore divino. Gesù guarda con amore l’uomo e i Vangeli sono testimoni di molti momenti in cui con lo sguardo, con i gesti, con le parole Gesù comunica il suo amore all’uomo concreto che incontra sulla via.

La Chiesa ha «[…] scelto l’immagine del cuore per rappresentare l’amore umano e divino di Gesù Cristo e il nucleo più intimo della sua Per­sona» (n. 54); in quanto pienamente uomo e pienamente Dio, Cristo ha un cuore, «simbolo reale, che rappresenta il centro, la fonte da cui è sgorgata la salvezza per l’umanità intera» (n. 52).

L’amore di Gesù non è un amore astratto, ma avendo Egli assunto la nostra umanità ha assunto anche la nostra sensibilità, per cui «alla luce […] della fede, per la quale crediamo che nella Persona di Cristo esiste il connubio tra la natura umana e la divina, la nostra mente è resa idonea a concepire gli strettissimi vincoli che esistono tra l’amore sensibile del cuore fisico di Gesù e il suo duplice amore spirituale, l’umano e il divino» (n. 66), ponendolo allo stesso tempo in una dimensione trinitaria, per cui l’amore di Gesù irradia l’amore del Padre ed è colmo dello Spirito Santo.

3. L’importanza della riparazione

Papa Francesco dedica una parte significativa dell’enciclica anche alla riparazione. Consapevole che il tema è stato ed è oggetto di discussione e di riflessione, si collega con quanto insegnato da san Giovanni Paolo II: il mondo moderno è disgregato, è in rovina per aver perso il senso dell’u­nità della persona e del suo fine ultimo, la salvezza eterna. L’uo­mo contemporaneo vive in una continua ricerca della felicità, ma la cerca nella distrazione, nei beni materiali, nella fama e nel potere, nella soddisfazione dei propri desideri, dimentico della sua vera natura di figlio di Dio. Il mondo nega la propria dipendenza dall’Onnipotente, vuole vivere da solo e così si auto-destina a una insoddisfazione perenne. La comunione di amore di e con Cristo apre la dimensione della riparazione. Come ha scritto san Giovanni Paolo II, «sulle rovine accumulate dall’o­dio e dalla violenza, potrà essere costruita la civiltà dell’amore tanto desiderato, il regno del cuore di Cristo» (cit. al n. 182) (3).

La Chiesa è una comunità in cui ogni nostro peccato crea una ferita alla comunione dei santi: «questo vale soprattutto per alcuni peccati che “costituiscono, per il loro oggetto stesso, un’aggressione diretta al prossimo”» (4), assumendo un carattere sociale. «San Giovanni Paolo II ha spiegato che la ripetizione di questi peccati contro gli altri finisce molte volte per consolidare una “struttura di peccato” che influisce sullo sviluppo dei popoli. Ciò fa spesso parte di una mentalità dominante che considera normale o razionale quello che in realtà è solo egoismo e indifferenza. Tale fenomeno si può definire alienazione sociale: “È alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione di questo dono ed il costituirsi di questa solidarietà interumana” (5). Non è solo una norma morale ciò che ci spinge a resistere a queste strutture sociali alienate, a metterle a nudo e a propiziare un dinamismo sociale che ripristini e costruisca il bene, ma è la stessa “conversione del cuore” che “impone l’obbligo” (6) di riparare tali strutture. È la nostra risposta al Cuore amante di Gesù Cristo che ci insegna ad amare» (n. 183).

Essendo la Chiesa la comunione dei santi — defunti e fedeli viventi in grazia di Dio —, essa opera per ricostruire la società dell’amore, cioè secondo il piano di Dio. Oggi ci troviamo di fronte a una società disfatta, piena di rancore, di rabbia, di desiderio di rivalsa, di odio dell’uomo contro l’uomo, come i tanti conflitti in atto a livello internazionale mostrano chiaramente. Non solo nella guerra, ma anche nella vita delle nostre città, dei nostri quartieri e dei nostri condomìni, delle nostre famiglie, il rispetto e la pazienza lasciano troppo spesso e facilmente posto alla lite. Viviamo da anni in una condizione di «coriandoli», cioè di individui che vivono l’uno accanto all’al­tro, ma senza incontrarsi, senza unirsi e per di più «rancorosi», come descrive gli italiani il Rapporto Censis del 2017 (7). E come l’Italia il mondo intero. 

A fronte di questa situazione il Santo Padre invita ad attingere dal Sacro Cuore l’amore e la linfa vitale per riemergere dalla crisi, per ricucire i rapporti umani. Solo l’amore, ricevuto da Gesù e donato agli uomini, può sanare le ferite profonde del tessuto sociale e rigenerarne di nuovo. L’amore trinitario esonda dal Sacro Cuore e ci rende partecipi di questo immenso patrimonio che, se accolto, diventa diffusivum sui.

Infatti, «il Mistero pasquale di Cristo […] e tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell’e­ternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi e in essi è reso presente» (n. 193) (8). Il sacrificio salvifico di Cristo è assoluto ma ha bisogno della nostra collaborazione, Egli nulla può di fronte al nostro rifiuto del Suo amore. «Questo è tanto reale che il nostro rifiuto lo ferma in tale impulso di donazione, così come la nostra fiducia e l’offerta di noi stessi apre uno spazio, offre un canale libero da ostacoli all’effu­sione del suo amore. Il nostro rifiuto o la nostra indifferenza limitano gli effetti della sua potenza e la fecondità del suo amore in noi» (ibidem).

Nostro dovere è far innamorare il mondo di Cristo e ciò è possibile quando la proposta cristiana è testimoniata integralmente, non solo attraverso il rito o il sentimento, ma neanche solamente attraverso l’attivismo sociale: dev’essere invece una proposta integrale al cui centro vi è una persona, Cristo. E, se la devozione al Sacro Cuore ha una dimensione di riparazione sociale, diventa immediatamente un’opera missionaria. La salvezza degli uomini ha bisogno di missionari innamorati non solo del «fare» ma soprattutto di Cristo, che sappiano far innamorare il loro prossimo perché, conclude Papa Francesco, «oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro. Siamo spinti solo ad accumulare, consumare e distrarci, imprigionati da un sistema degradante che non ci permette di guardare oltre i nostri bisogni immediati e meschini. L’amo­re di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso e Lui solo può liberarci da questa febbre in cui non c’è più spazio per un amore gratuito. Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre» (n. 218). 

«Cuor di Gesù, che tutto sai, che tutto puoi, che tutto vedi, Cuor di Gesù provvedi», è una breve preghiera che mi hanno insegnato mia nonna e mia madre e che ho trasmesso ai miei figli, un condensato di saggezza popolare che vede nel Cuore di Gesù il punto di riferimento e l’abban­dono fiducioso al Suo infinito amore. In fondo ripetiamo incessantemente «Cor Jesu adveniat Regnum Tuum, adveniat per Mariam», perché Maria è la prima che ha potuto far battere il suo cuore all’unisono con quello di Gesù e solo Lei è maestra su questa via.

Silvia Scaranari

Note:

1) Cfr. Francesco, Lettera enciclica «Dilexit nos» sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo, del 24-10-2024. Tutti i riferimenti fra parentesi nel testo rimandano a questo documento.

2) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 752.

3) San Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale «Reconciliatio et Paenitentia», 2-12-1984, n. 16.

4) Ibid. per il riferimento interno.

5) Lettera enciclica «Sollicitudo rei socialis» nel ventesimo anniversario della «Populorum progressio», 30-12-1987), n. 36; Lettera enciclica «Centesimus annus» nel centenario della «Rerum novarum», 1°-5-1991, n. 41.

6) Il riferimento interno è al Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1888.

7) Cfr. 51° Rapporto Annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese, nel sito web <https://www.censis.it/rapporto-annuale/51%C2%B0-rapporto-sulla-situazione-sociale-del-paese2017>, consultato il 31-12-2024.

8) Il riferimento interno è al Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1085.

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