di Domenico Airoma
Dopo Verona – e forse anche a causa di Verona – pare che su una cosa si sia tutti (o quasi) d’accordo: la famiglia deve tornare a essere la priorità, anche e soprattutto per la politica.
Nell’attesa che gli uomini di Chiesa spieghino quale debba essere il metodo – posto che la sostanza è quella – e aprano anche l’altra metà della porta (come ha osservato Giovanni Orsina) ricordando (e ricordandosi) che la dottrina sociale della Chiesa Cattolica non si esaurisce nell’indicare i princìpi e i criteri di giudizio (e non le soluzioni politiche) in materia di immigrazione, mentre i commentatori più in vista fanno a gara a chi individua colui che, fra i politici, possieda le caratteristiche del novello Goffredo di Buglione senza parlare il bru bru populistico, provo a porre alcune domande.
Se, come è innegabile, l’Italia è in pieno inverno demografico, sì da far ritenere il calo della natalità la vera emergenza del Paese, per quale ragione non si può mettere mano a riforme che, come nella tanto vituperata Ungheria – regina del politicamente scorretto in chiave europea – hanno portato alla riduzione del 29,5% degli aborti, con un aumento sensibile delle nascite, magari anche applicando quella parte della Legge 194 che prevedeva – e che prevede – interventi dissuasivi verso le interruzioni di gravidanze e di sostegno alle madri in difficoltà?
E per quale motivo, se la famiglia – e non mi perdo in aggettivazioni (anche perché le altre “famiglie” sono infeconde anche nelle percentuali, non superando lo “zero virgola”) – è il motore della ricostruzione civile ed economica del tessuto sociale non si investe seriamente nella formazione di nuove famiglie, come – ancora una volta – si è fatto nella barbara Ungheria, dove, per l’effetto dell’investimento del 5% del PIL a sostegno delle giovani coppie, si è registrato un aumento del 42,5% dei matrimoni?
E per quale ragione, se la nostra società è affetta dal morbo dell’individualismo egoistico per nulla attento alle esigenze della comunità, non si rimodula l’imposizione fiscale in modo da chiedere di più ai single e molto di meno alle famiglie, capaci, nonostante tutto, di assicurare il welfare sociale più efficiente e meno costoso di tutti?
Si tratta, in definitiva, di provare a creare condizioni più favorevoli onde sperimentare la bellezza e i vantaggi del vivere in famiglia e delle relazioni tra famiglie, affinché, in un mondo deluso dalle parole vuote di chi ha promesso paradisi in Terra eretti su modelli antropologici alternativi, si possa tornare a sperimentare l’autentica umanità del lessico familiare, fatto di carne e di spirito, di nascite e di morti, di Terra e di Cielo.
Si tratta, in definitiva, del futuro. E non solo di quanti hanno sfilato a Verona.
Si tratta delle priorità per chi fa politica, anche se non fa parte di un contratto di governo.
Si tratta di dare corpo alla sostanza.
Il metodo lo lasciamo volentieri ai maestri delle forme.
Mercoledì, 03 aprile 2019