Mario Gallotta, Cristianità n. 81 (1982)
L’apparizione di Maria Regina del Carmelo al superiore dei carmelitani, san Simone Stock, nel 1251, all’origine della devozione dello scapolare, una delle più amate e praticate in tutto il mondo cattolico. La grande promessa legata all’uso dell’abitino: la preservazione dall’inferno. Le apparizioni mariane di Lourdes e Fátima, ulteriori conferme di questa devozione. Lo scapolare del Carmine, segno distintivo dei cattolici contro l’errore e l’eresia nelle persecuzioni protestanti, napoleoniche e socialcomuniste.
Alla origine di una devozione tradizionale
Lo scapolare della Madonna del Carmine e il «privilegio Sabatino»
La notte fra il 15 e il 16 luglio 1251 Simone Stock, sesto superiore generale dei carmelitani, pregava intensamente la Madonna affinché concedesse un segno di speciale protezione all’ordine che, in suo onore, aveva scelto come proprio titolo giuridico la denominazione di Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Tale richiesta era ampiamente motivata dalle innumerevoli difficoltà che i carmelitani avevano dovuto affrontare nel secolo XIII e che Simone aveva sperimentato in prima persona.
Dopo avere subito intimidazioni, oltraggi e massacri da parte dei maomettani, gli eremiti del Monte Carmelo erano stati costretti a emigrare in Europa. Questo forzato trasferimento aveva creato problemi di ogni sorta, particolarmente a causa della incomprensione che il clero regolare e secolare aveva riservato ai nuovi arrivati, a torto sospettati di voler sottrarre i fedeli all’influenza degli antichi pastori. «I monaci vagavano in cerca di luoghi che ricordassero loro il Carmelo […]; i più avevano ancora viva la strage di tanti loro fratelli, la distruzione dei monasteri dove avevano dovuto abbandonare i ricordi più cari, mentre quella terra alla quale essi con stento avevano acconsentito di emigrare […] non aveva offerto loro che incomprensioni, derisioni ed una persecuzione che se non mozzava lo testa come la scimitarra saracena, aveva però l’effetto di martoriare fino all’esasperazione il loro spirito, minando i fondamenti di quella fede che essi avevano imparato essere basata sulla carità: quell’occidente che voleva far le crociate per venire in aiuto ai cristiani d’oriente, chiudeva le porte di casa proprio di fronte ai figli migliori di quell’oriente medesimo […]. Opposizione sistematica, temporeggiatrice, estenuante: questo solo offriva l’Europa agli eremiti del Carmelo» (1).
La risposta della Vergine alla preghiera di san Simone Stock
A tale situazione i carmelitani reagirono appellandosi ai Sommi Pontefici, che prima nella persona di Onorio III e poi in quella di Innocenzo IV si pronunciarono, anche ufficialmente, a loro favore. Ma neppure l’intervento dei successori di Pietro valse a rendere più agevoli le condizioni di vita dell’ordine, costretto a subire una situazione non più tollerabile. Fu allora che Simone Stock – il quale aveva dapprima vissuto l’esperienza eremitica orientale, guidando poi con prudenza e saggezza l’ordine sulla strada dell’adattamento alle esigenze proprie del tipo di vita occidentale – iniziò a rivolgersi costantemente e fervorosamente a colei che, sola, poteva far cessare le ostilità tra le quali si dibattevano i carmelitani. E la Vergine santa, invocata con tanto ardore, rispose all’appello di Simone, apparendogli con lo scapolare in mano e circondata da una moltitudine di angeli.
Il venerabile Pietro Swanington, segretario e amico del superiore generale, così descrive, nell’autografo rinvenuto successivamente nella tomba dello stesso Stock, la celeste apparizione: «Il beato Simone, quantunque assai innanzi con gli anni, macerato dalle austerità passava ben sovente le notti in orazione. Un giorno, ricolmo di consolazione celeste, ci radunò tutti insieme; e parlò in questi termini: “Benedetto sia Dio, fratelli carissimi, che non lasciò in abbandono quelli che speravano in lui né disdegnò le loro preci. Benedetta sia pure la Madre SS. del Nostro Signore Gesù Cristo, la quale memore dei giorni antichi, e delle tribolazioni che a molti di noi troppo incolsero, vi manda una parola che voi riceverete nell’allegrezza del Santo Spirito, il quale dirige me a manifestarvela come bisogna.
“Mentre io effondevo l’anima mia nel cospetto del Signore, sebbene altro non sia che polvere e cenere, e con tutta fiducia pregavo Maria Vergine mia Signora affinché, come voleva che noi fossimo chiamati suoi fratelli, così si mostrasse Madre, togliendoci dalle tentazioni, e con qualche segno di grazia ci rialzasse in faccia a coloro che ci perseguitano, dicendole con sospiri: O fiore de Carmelo etc. (2), mi apparve essa con grande corteggio, e tenendo l’Abito dell’Ordine disse: Prendi, amatissimo figlio, questo Scapolare; attesto sarà il segno dell’Ordine tuo e della mia Congregazione e del privilegio ch’io ho ottenuto per te e per tutti i Carmelitani, col quale chiunque piamente morrà, non soffrirà l’eterno incendio. È questo un segno di salute, salvezza nei pericoli, pegno di pace e di alleanza eterna. Disparve, dicendomi ch’io avessi spedito a Nostro Signore Innocenzo, Vicario del suo benedetto Figliuolo, perché ponesse rimedio alle vessazioni. Fratelli, mentre nei vostri cuori conserverete queste parole, fate di tutto per rendere certa la vostra vocazione per mezzo delle buone opere, e di non mancarvi giammai. Vegliate fra i rendimenti di grazie per tanta misericordia, pregando incessantemente onde le parole a me dette si adempiano, a lode della SS. Trinità, del Padre, di Gesù Cristo e dello Spirito Santo, e della Vergine sempre benedetta, Maria”» (3).
L’importanza dello scapolare o abitino che la Madonna mostrò a Simone d’Inghilterra – in seguito elevato all’onore degli altari – non è facilmente percepibile da parte degli uomini dei nostri tempi, immersi in una società ormai largamente secolarizzata. Essa era tuttavia immediatamente comprensibile ai cattolici del Medioevo, inseriti in un mondo nel quale anche le città e i villaggi erano costruiti in modo da spingere gli abitanti a essere per lo meno virtualmente contemplativi.
«Attorno ai monasteri – scrive p. Ludovico Saggi O. Carm. – gravitava tutto un mondo ansioso di Dio e di pace. E tale mondo voleva in qualche modo entrare in quelle oasi […]. Da qui la confraternita, concessa anche a coloro che rimanevano nel secolo, per cui si veniva a creare una unione spirituale. E, quale segno esteriore, si voleva anche l’abito: un abito che fosse in qualche modo simile a quello dei “confratelli” monaci» (4).
In un’atmosfera così profondamente impregnata di autentica e profonda religiosità, si può ben comprendere quale grande valore assumesse lo scapolare che, seppure formato da due semplici rettangolini di stoffa uniti da altrettante fettucce, aveva per i fedeli lo stesso valore di quello portato dai religiosi e consistente in due lunghe strisce, indossate sopra la tonaca e pendenti dalle scapole.
Se poi si pensa che lo scapolare è parte assai importante dell’abito carmelitano e l’uso del medesimo, sia pur in formato ridotto, stava a significare l’affiliazione all’ordine, al fine di goderne i benefici e i vantaggi spirituali, si può cogliere il grande significato del «segno speciale» mostrato dalla Vergine Santa a san Simone Stock: chiunque, religioso o laico avesse fatto parte – a qualsiasi titolo – della famiglia dei Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, sarebbe stato preservato dalle fiamme dell’inferno in virtù dell’abitino, regolarmente ricevuto e piamente indossato fino alla morte.
Sulla base di questa «grande promessa» la devozione dello scapolare, confermata dall’autorità della Chiesa, ebbe uno sviluppo straordinario.
Lo sviluppo della devozione dello scapolare
Padre Albino del Bambin Gesù O.C.D., nel suo magistrale saggio Lo Scapolare della Madonna del Carmine, offre un florilegio di significative testimonianze, che mi pare opportuno riportare, in quanto consentono di avere un’idea, almeno approssimativa, del favore che la devozione del santo abitino incontrò presso i fedeli di ogni nazione (5).
«All’inizio del secolo XV – scrive Matteo Orsini – l’Europa cattolica era inginocchiata davanti a Maria […]. I principi tedeschi si ornavano del suo scapolare» (6).
Il carmelitano Egidio Fabri, morto nel 1506, afferma che «[…] nel regno di Francia, nelle feste della Madonna, i nobili, vestiti di bianco, portano al collo lo scapolare, come confratelli dell’Ordine» (7). Il Piacentino Pietro Falcone, nella sua opera La cronica carmelitana, scrive nel 1595 che in Ispagna «[…] non vi è casa dove non portino l’abito del Carmelo» (8), mentre in Italia «[…] si contano infiniti fratelli di massima devozione e concorso, specialmente in Sicilia, nel Regno di Napoli e in Lombardia. A Piacenza, nel catalogo dei confratelli, gli ascritti sono più di diecimila: uomini, donne, secolari e religiosi di altri Ordini, sacerdoti […] e suore di diversi Ordini» (9).
Il «privilegio Sabatino»
A dare ulteriore impulso alla devozione dello scapolare concorse anche il cosiddetto «privilegio sabatino» che, approvato ufficialmente con l’omonima bolla nel 1322 (10), fu in seguito costantemente confermato dall’autorità della Chiesa (11).
Particolare significato assunse poi lo scapolare come segno distintivo nei confronti degli infedeli e degli eretici. «La diffusione in grande stile incominciò nel secolo XVI, nel periodo della Controriforma, come espressione dello spirito cattolico entro quello protestante e giansenista» (12), e fu in tale clima che, prima della battaglia di Praga del 1620, nella quale i cattolici sconfissero gli eretici, Massimiliano di Baviera si fece imporre lo scapolare unitamente a tutti i suoi ufficiali.
L’odio rivoluzionario contro gli ordini religiosi
Da allora in poi, nel corso dei secoli, l’abitino divenne sempre più un simbolo dei cattolici devoti alla Madonna e fedeli alla sede di Pietro. L’odio protestante, che portò alla distruzione e all’incendio di numerosi conventi carmelitani, consacrò la funzione distintiva dello scapolare, che venne esaltata nei secoli successivi, e particolarmente in Francia, allorché la Rivoluzione provocò un bagno di sangue senza precedenti, che colpì con particolare ferocia la famiglia dei carmelitani la quale scrisse, con le eroiche sedici martiri di Compiègne, una delle più belle pagine della sua storia (13).
La Rivoluzione, tuttavia, non si contenne entro i confini della Francia, ma «[…] come un temporale sorvolò tutta l’Europa e non risparmiò neppure l’America. Albeggiava una nuova era, satura dei più sinistri presagi, che spezzando tutti gli antichi princìpi, inalberava nuove teorie. Paladini delle nuove idee furono gli eserciti napoleonici che, passando trionfalmente per tutta l’Europa, servirono per propagare i germi della Rivoluzione […]. Chi più ne soffrì furono gli Ordini religiosi specialmente con le inique leggi di soppressione per cui, se non sempre si ricorse al vero e proprio martirio di sangue, si rese però praticamente impossibile ad essi la vita o con l’incamerazione, dei beni, o con la proibizione di ricevere nuovi membri o in male altre maniere» (14).
I germi disseminati dalle armate di Napoleone Bonaparte non tardarono a svilupparsi e diedero ben presto i loro tristi frutti. Il Carmelo italiano, in particolare, subì durissimi colpi e venne quasi a estinguersi allorché il processo rivoluzionario risorgimentale coronò il proprio successo con l’unificazione della penisola. I conventi furono «trasformati in caserme o adibiti ad uffici pubblici, moltissime Chiese profanate, divenute granai, fienili o addirittura scuderie. I religiosi vagarono in cerca di un rifugio: molti tornarono alle loro famiglie, altri perirono miseramente […]. Furono disperse in questo tempo le ricchissime biblioteche, gli archivi. I documenti venivano asportati a sacchi, spesso venduti ai più vicini maceri […]. Così veniva consumata una delle più grandi ingiustizie della storia» (15).
In una situazione così triste la Vergine santa non poteva rimanere impassibile. E apparve infatti a Lourdes, per infondere coraggio al popolo cristiano, che gemeva sotto i colpi della Rivoluzione. L’ultima apparizione si ebbe il 16 luglio, festa della Madonna del Carmine: la circostanza non sfuggì a Bernadette, che per tutta la vita si dimostrò fedelissima devota dello scapolare.
Ciò contribuì non noto alla ripresa della devozione, che conobbe un nuovo periodo di feconda diffusione, grazie anche ai Papi Pio IX, Leone XIII e soprattutto san Pio X che, come giovane parroco di Salzano, fu direttore della locale confraternita e durante il suo pontificato si prodigò affinché la devozione del santo scapolare si diffondesse ovunque. Fu proprio san Pio X che, pur consigliando sempre l’uso dell’abitino tradizionale, concesse ai fedeli – con decreto del 16 dicembre 1910 – di poter sostituire allo scapolare la medaglia benedetta recante le immagini della Madonna e del Sacro Cuore di Gesù.
Mentre le confraternite si sviluppavano con rinnovato vigore, la Madre di Dio volle dare ancora un segno del particolare favore con cui riguardava i suoi fedeli, rivestiti dell’abito carmelitano: a Fatima, il 13 ottobre 1917, finalmente «apparve, in una visione gloriosa, la Madonna del Carmelo, incoronata Regina del cielo e della terra, con in braccio Gesù Bambino» (16).
Come a Lourdes, dunque, anche a Fátima la serie delle apparizioni si chiudeva nel segno del Carmelo e non è certamente un caso che l’unica superstite dei tre pastorelli, Lucia dos Santos, si trovi in un monastero carmelitano con il nome religioso di Suor Maria del Cuore Immacolato.
Il tributo di sangue del Carmelo durante la guerra civile spagnola
Le penitenze e i sacrifici chiesti alla Cova da Iria ebbero, di lì a poco, una prima realizzazione nella penisola iberica. Durante la guerra civile, infatti, il sangue riprese a scorrere a fiumi. Il «flagello comunista», come lo definì il Santo Padre Pio XI, non si limitò «ad uccidere Vescovi e migliaia di sacerdoti, di religiosi e religiose» (17), dando prova di «un odio, una barbarie e una efferatezza che non si sarebbe creduta possibile nel nostro secolo» (18), ma «fece molte vittime tra i laici di ogni ceto […] trucidati a schiere per il fatto di essere buoni cristiani o almeno contrari all’ateismo comunista» (19). Anche in questa occasione, come nei secoli passati, il furore della Rivoluzione si accanì in particolare contro il Carmelo, bersaglio prediletto della sua rabbia omicida. «Diciassette conventi e cinquecento monasteri carmelitani furono messi a ferro e fuoco […]. Ecco, a Toledo, tutta la comunità carmelitana falciata. Là, sotto le mura del convento, quasi sotto lo sguardo della loro Madonna, cadono sotto la raffica di piombo. Ecco assassinati quattordici carmelitani scalzi della comunità di Barcellona. Ecco i martiri di Tarragona […] e i trentotto della provincia aragonese […].
«Dovunque, seminaristi e padri anziani, fratelli laici e suore, inseguiti, braccati, insultati, torturati. crivellati di colpi […].
«Ecco invasa e perduta Valencia […]. Il Santo Deserto di Las Palmas devastato, la sua pineta distrutta, le antiche immagini frantumate, le reliquie disperse. San Clemente trasformato in un teatro, il Collegio carmelitano di Barcellona dato alle fiamme. Profanato il convento di Ubeda, saccheggiati quelli di Madrid, di Lerida, di Tarragona, di Santander, di Oviedo […]» (20).
In una simile atmosfera di odio sanguinario, essere scoperti con lo scapolare addosso poteva significare il martirio immediato, ma i confratelli del Carmine non furono da meno dei religiosi e dei terziari, offrendo numerose testimonianze di strenuo coraggio e affrontando la morte con le insegne di Maria santissima.
Tale martirio non fu, tuttavia, senza conseguenze, perché il sangue dei caduti infuse in tutti i confratelli uno zelo e un ardore apostolico senza pari che molto giovarono alla diffusione del santo scapolare in ogni parte del mondo.
Il merito incontestabile di avere proposto nella forma più solenne alla cattolicità intera il santo abitino va tuttavia ascritto a S.S. Pio XII che, ricorrendo il VII centenario della visione di san Simone, pronunciò parole vibranti di calda e appassionata spiritualità in varie e qualificate occasioni, nelle quali lo scapolare fu costantemente indicato quale strumento privilegiato di lotta contro le forze del male, particolarmente adatto alle battaglie del nostro secolo.
In questa prospettiva Papa Pio XII, dinanzi ai religiosi e ai laici riuniti in Roma per celebrare il settecentesimo anniversario dell’apparizione della Vergine santa a san Simone Stock, ribadì che chi riveste l’abitino del Carmine «fa professione di appartenere a Nostra Signora, come i cavalieri del secolo XIII, al quale rimonta l’origine dello scapolare, i quali, sotto lo sguardo della loro Donna, si sentivano valorosi e sicuri, e portando i suoi colori avrebbero preferito mille volte morire, piuttosto che lasciarli umiliare» (21).
Tale passo ispirò mirabilmente il già citato padre Albino Marchetti del Bambin Gesù, recentemente chiamato dal Signore al compenso eterno, che commentò il passo del Pontefice testé riportato con parole che ancora oggi conservano intatto un fascino degno del suo infuocato amore per Maria Regina. «Nei tornei medievali – scriveva – i cavalieri scendevano sul campo a dar prova del loro valore indossando i colori della Dama del cuore. Nell’infuriare della lotta, tra il lampeggiare delle spade e delle lance, il pensiero correva alla Signora per la quale si battevano, e nel suo sguardo se era presente, o nel suo ricordo richiamato continuamente dal blasone indossato, trovavano il vigore e il coraggio per vincere o per morire da eroi» (22).
Se la cavalleria medievale, con i suoi ideali di forza, di grazia e di bellezza pare oggi tramontata, tuttavia in suo luogo «è sorta una cavalleria più sacra e più pura, consacrata ad una Signora la cui bellezza non svanisce mai, la cui potenza non conosce limiti di tempo e di spazio: la milizia sacra alla Regina del Carmelo. Le sue schiere, numerose come la rena del mare, hanno avuto da lei il vessillo di tutte le vittorie, lo scapolare, e sotto questa bandiera, si impegnano a servirla con amore e dedizione assoluta per la vita e per la morte.
«Diffuso nei tempi cavallereschi del Medioevo, lo scapolare ne ricorda i fasti e ne conserva il simbolismo. Chi lo riveste intende assumere la livrea di Maria, e si impegna a lottare e a vincere in suo onore la battaglia della verità e della virtù. Quando la tentazione infuria, o lo assale la stanchezza o la monotonia della vita, egli trova nella veste di Maria un richiamo ed un incitamento a perseverare, con la certezza della protezione celeste e della vittoria finale. Chiunque indossa lo scapolare diventa un cavaliere della più nobile Donna ed un umile servitore della Regina del Cielo. La sua vita non è più sua; l’ha consacrata alla Vergine e deve impiegarla in suo onore» (23).
Con simili espressioni p. Albino. Marchetti O.C.D. non faceva altro che sviluppare un concetto molto caro ai santi e ai beati, che in vita e in morte vollero essere rivestiti del santo abitino, portato con la fierezza di chi riconosce in esso le insegne di Maria. Valga per tutti l’esempio di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che così si espresse nella sua opera Le glorie di Maria: «Conforme gli uomini si recano ad onore di avere alcuni che portano le loro livree, così Maria Santissima gradisce che i suoi devoti portino il suo scapolare, in segno di essere dedicati alla di lei servitù ed essere del numero della famiglia della Madre di Dio» (24). Il gradimento di cui parlava, sant’Alfonso ha ricevuto due conferme indubitabili da parte della Vergine santa, che, prima a Lourdes e poi a Fátima, ha voluto far comprendere a Bernadette Soubirous e ai tre pastorelli come accanto al santo rosario, dovesse trovare il giusto rilievo anche il santo scapolare (25).
Lo scapolare del Carmine, le apparizioni di Fatima e il Regno di Maria
Se dunque la Regina del Cielo in persona ha inteso fornirci autorevolmente e amorevolmente indicazioni così evidenti, come potremmo noi disattenderle senza mostrarci con ciò ciechi e sordi di fronte ai suoi desideri?
Oggi, alle soglie del terzo millennio cristiano, ogni cattolico deve riflettere attentamente sui doveri che lo attendono, considerando in maniera particolare, il messaggio di Fátima, che costituisce l’imprescindibile punto di riferimento per tutti coloro che vogliono schierarsi dalla parte della verità.
«Oltre la tristezza e le punizioni sommamente probabili, verso le quali avanziamo – scrive Plinio Corrêa de Oliveira – abbiamo dinanzi a noi le luci sacrali dell’alba del Regno di Maria: “Infine il mio Cuore Immacolato trionferà”. È una prospettiva grandiosa di universale vittoria del Cuore regale e materno della santissima Vergine. È una promessa pacificante, attraente e soprattutto maestosa ed entusiasmante.
«Per evitare il castigo nella tenue misura in cui è evitabile, dobbiamo ottenere la conversione degli uomini nella scarsa misura in cui è ancora ottenibile prima del castigo, secondo la comune economia della grazia, per avvicinare il più possibile l’alba benedetta del Regno di Maria, per aiutarci a camminare in mezzo alle ecatombi che tanto gravemente ci minacciano. Come possiamo fare? Ce lo dice la Madonna: attraverso l’infervoramento nella devozione a lei, la preghiera, la penitenza.
«Per stimolarci alla preghiera, rivestendosi successivamente degli attributi propri alle invocazioni di Regina del Santo Rosario, di Madonna Addolorata e di Madonna del Carmelo, ella ci ha indicato quanto le fa piacere essere conosciuta, amata e venerata in questo modo» (26).
Siano dunque il Rosario e lo scapolare, vissuti nella consacrazione interiore al Cuore Immacolato di Maria, le fulgide armi con cui combattere il maligno e i suoi seguaci nella trepida attesa che, fra le plumbee nubi e le tragiche ombre dell’ora presente, possano finalmente intravedersi i primi bagliori del Regno della Madre di Dio, Mediatrice di tutte le grazie e Corredentrice del genere umano.
Mario Gallotta
Note:
(1) GIOVANNI GAVA e ANGELO COAN, Carmelo, Poliglotta Vaticana, Roma 1950, pp. 99-100.
(2) Trattasi della celebre preghiera intitolata Flos Carmeli, di cui il carmelitano messinese Nicolò Calciuri ha lasciato una delle più antiche traduzioni in volgare: «Fiore carmelita et vita fiorita, splendore del cielo, et vergine parturisti, singulare. Madre piatosa, huomo non conoscesti, alli tuoi carmeliti dà alcun privilegio stella del mare» (da Vita fratrum del Santo Monte Carmelo, in Ephemerides Carmeliticae, anno VI (1955, p. 404).
(3) P. STANISLAO DI S. TERESA O. C. D., Compendio della Storia dell’ordine Carmelitano, Scuola Tipografica Calasanziana, Firenze 1925, pp. 94-95.
(4) P. LUDOVICO SAGGI O. Carm., La «bolla sabatina», Institutum Carmelitanum, Roma 1967, p. 8.
(5) Cfr. ALBINO DEL BAMBIN GESÙ O.C.D., Lo Scapolare della Madonna del Carmine, Áncora, Milano 1957.
(6) MATTEO ORSINI, La Vierge, Parigi 1837, vol. II, p. 219.
(7) BARTOLOMEO XIBERTA O. Carm., De visione sancti Simonis Stock, Roma 1950, p. 117.
(8) GIUSEPPE FALCONE, La cronica carmelitana, Piacenza 1595, p. 507.
(9) Ibidem.
(10) Per i problemi relativi alla «bolla sabatina» cfr. il già citato studio di L. SAGGI.
(11) Tale conferma è dimostrata dalle bolle Ex Clementi e Provisionis Nostrae, di Paolo III; dalla bolla Cum a nobis, di Pio IV; dalla bolla Superna dispositione, di san Pio V e, infine, dalla Ut laudes, di Gregorio XIII. Il contenuto del «privilegio sabatino» fu così definito, con decreto della Congregazione dell’Indice, in data 20 gennaio 1613: «Si permetta ai Carmelitani di predicare che il popolo cristiano può piamente credere nell’aiuto da parte della Madonna alle anime dei frati e dei confratelli della confraternita della Madonna del Carmine che saranno morti in grazia di Dio ed in vita avranno portato l’abito dell’Ordine, avranno osservato la castità secondo il proprio stato ed avranno recitato il Piccolo Ufficio o fatto delle astinenze. Detto aiuto verrà dalla di lei continua intercessione, pii suffragi, meriti e speciale protezione dopo la loro morte, specialmente nel giorno di sabato, giorno che dalla Chiesa è dedicato alla B.ma Vergine». (Versione italiana riportata da L. SAGGI O. Carm., Santa Maria del Monte Carmelo, Institutum Carmelitanum, Roma 1972, p. 133).
(12) G. GAVA e A. COAN, op. cit., p. 60.
(13) Cfr. CLAUDE SAINT-YVES, Il vero dialogo delle Carmelitane, trad. it., Paoline, Roma 1978.
(14) G. GAVA e A. COAN, op. cit., p. 167.
(15) Ibid., p. 172.
(16) ANTONIO A. BORELLI MACHADO, Le apparizioni e il messaggio di Fátima, Cristianità, Piacenza 1980, 3ª ed. it., p. 45.
(17) PIO XI, Enciclica Divini Redemptoris, Edizioni Paoline, Roma 1961, p. 12.
(18) Ibidem.
(19) Ibidem.
(20) J. G. GIACOMELLI, Martirio a Guadalajara, Postulazione Generale O.C.D., Roma 1960, pp. 92-96.
(21) L’Osservatore Romano, 13-10-1950.
(22) P. ALBINO DEL BAMBIN GESÙ O.C.D., op. cit., pp. 132-133.
(23) Ibid., p. 133.
(24) SANT’ALFONSO MARIA DE’ LIGUORI, Le glorie di Maria, Favero, Vicenza 1954, p. 957.
(25) Cfr. P. TEOFANO DI S. TERESA DEL B. G. O.C.D., Rosario e Scapolare. La Madonna li vuole uniti, Roma 1955.
(26) PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, Prefazione a ANTONIO A. BORELLI MACHADO, op. cit., pp. 16-17.