«I, I will be king,/ And you, you will be queen». David Bowie (1947-2016), “Heroes” (1977)
di Marco Respinti
L’8 Marzo torna puntuale ogni 365 giorni come ogni altro giorno del calendario, 29 febbraio escluso, e puntualmente celebra la Giornata della donna, con il suo contorno di plausi e di contestazioni, di considerazioni e di polemiche. Sempre uguali, sempre le stesse, sempre identiche nella sostanza e nella retorica, nel battimano di questi e nello sbeffeggio di quelli, eterno ritorno di uno dei tanti Festival di Sanremo.
Ma c’è una questione importante che nessuno può bypassare. Affinché la donna possa essere celebrata degnamente l’8 Marzo, bisogna che ci sia la donna. Che il concetto di «donna» sia netto, inequivoco, oggettivo, univoco, universalmente chiaro oltre ogni ragionevole dubbio a tutti. Altrimenti diventa la Giornata del Non-so-bene-cosa.
Il nostro però è il mondo che non sa più definire la «donna». Che ha smesso di saperla e di volerla definire. Per scelta e decisione, alla «donna» si è rinunciato. Dire cosa sia «donna» e chi sia una donna è un reato intellettuale a rischio di denuncia. «Donna» non è più un’affermazione condivisa di realtà, bensì il frutto di volontà e intenzioni. Nel nostro mondo non si è «donna», ma si può anche essere «donna», si vuole anche essere «donna», che lo si sia oppure no. Ognuno può essere «donna», basta che lo dica a sé e agli altri. Si può essere «donna» anche se si è uomo, incontrovertibilmente come che il Sole sia giallo, o si può essere qualsiasi altra cosa pur essendo qualsiasi altra cosa giacché la struttura binaria «donna» e «uomo» è considerata una illusione perniciosa.
Il mondo in cui viviamo è il trionfo della volontà e della rappresentazione di se stessi ad libitum. «Donna» e «uomo» sono solo convenzioni che, come tali, possono essere sempre rinegoziate all’infinito. È una pesca, una tombola, una lotteria a rischio di diventare roulette russa.
Come si può però pretendere di dedicare una Giornata mondiale alla donna se nessuno sa più cosa significhi «donna» e chi sia la donna? Come negare la mimosa, in ufficio, al collega che la mattina dell’8 Marzo si levi dal giaciglio e, grattandosi mollemente la barba incolta, decida allo specchio di diventare regina per un giorno o una settimana o un mese? Come meravigliarsi se la cena di sole «donne» dell’8 Marzo diventi la passerella di principesse transessuali, madame transgender, genderfluid in fuseux e un insieme qualsiasi delle lettere che compongono gli acronimi della fiera delle vanità sessuali del mondo di oggi? Come impedire che l’8 Marzo sia la festa delle «persone con la vagina», dei servizi igienici inclusivi, delle squadre sportive miste, degli energumeni maschi nelle carceri femminili, dei bloccanti della pubertà ognuno come gli va? Come impedire, cioè, che l’8 Marzo non sia Lotto Marzo?
Venerdì, 8 marzo 2024