Il referendum di 75 anni fa – Brevi riflessioni su un conflitto che andò ben al di là della scelta istituzionale
di Oscar Sanguinetti
2 giugno 2021: 75 anni fa nasce la Repubblica Italiana. Il risultato del referendum del 1946, voluto dai partiti vincitori del fascismo, secondo i dati ufficiali vede 12.718.641 voti a favore del nuovo regime istituzionale (il 54,27% dei suffragi validi, 23.437.143), e 10.718.502 voti (pari al 45,73% del totale espresso) per la monarchia. La Repubblica ottiene il consenso del 50,1% dell’elettorato totale, che equivale al 28% della popolazione italiana complessiva (45.540.000 unità).
Pochi giorni dopo, re Umberto II va in esilio.
Si corona così il lungo sogno dei “giacobini” italiani nato con le “repubbliche sorelle” del Triennio 1796-1799, cresciuto con la Repubblica bonapartista del 1800-1805 e ripreso nelle repubbliche rivoluzionarie del 1848-1849. Se nel Risorgimento era prevalsa la corrente monarchico-parlamentare di Cavour, la corrente sconfitta, quella di Mazzini, di Garibaldi e di Cattaneo, ora trionfava.
Dal 1946 per la prima volta il popolo italiano nel suo insieme fa esperienza di istituzioni repubblicane e di un regime parlamentare-democratico, di cui la Costituzione, due anni dopo, traccerà i lineamenti definitivi e definirà i princìpi e i valori fondamentali.
Molto è stato scritto sul plebiscito — l’ennesimo dopo quelli palesemente manipolati del 1859-1861 — che ha segnato la sorte dei Savoia — “chi di plebiscito ferisce, di plebiscito perisce”, commentava nel 1973 Giovanni Cantoni. Celebrato a ridosso di una guerra che ha inflitto gravi sofferenze agli italiani, che hanno vissuto il dramma della “morte della Patria”, l’8 settembre 1943; con gli Alleati che ancora occupano militarmente il Paese; con centinaia di migliaia di ufficiali e soldati ancora nei campi di prigionia; con le “volanti rosse” che al Nord uccidono e terrorizzano i benpensanti; infine, non esente da brogli — importanti le ricerche di Franco Malnati e la ricostruzione di Aldo A. Mola, oggi nelle edicole —, il referendum si tiene in un Paese ancora sotto shock e, quindi, meno in grado di prendere decisioni fondamentali come la scelta della forma istituzionale.
La repubblica, come forma di governo, non ha in sé nulla di negativo: la stessa cristianità ne ha conosciuta più di una e Leone XIII l’ha giudicata legittima. Tuttavia — va sottolineato specialmente per chi è nato in età repubblicana — che la repubblica non è né una creazione divina, né un dogma di fede. E il fatto che sia stata sempre e ovunque ritenuta tale dalle forze rivoluzionarie ne rivela la valenza ideologica. Non che la Rivoluzione non avanzi anche nelle monarchie: basti l’esempio dell’Olanda. Nondimeno, un sovrano e una dinastia conservano ancora qualche barlume della sacralità dell’autorità e ricordano la famiglia quale modello delle istituzioni. Una res publica anonima e impersonale rafforza invece l’individualismo moderno e sancisce il primato delle istituzioni pubbliche sulla società.
Martedì, primo giugno 2021