Si sono costituiti due comitati per la possibile battaglia referendaria contro la legalizzazione della droga e dell’omicidio del consenziente. Una battaglia difficile ma doverosa.
di Stefano Nitoglia
Nella conferenza di fine anno 2021, tenutasi il 22 dicembre scorso, il presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, rispondendo a una domanda a proposito dei referendum sulla legalizzazione delle droghe e sull’omicidio del consenziente, ha affermato: “Il Governo non si costituirà (nei relativi giudizi davanti la Corte Costituzionale, ndr) contro l’ammissibilità di questi referendum”, aggiungendo: “Avrebbe potuto creare le condizioni perché la loro presentazione fosse slittata all’anno prossimo, non l’ha fatto“.Con questa dichiarazione Draghi ha preso posizione in favore dei due referendum. Si tratta, infatti, di una scelta non neutrale, dato che il Governo ha quasi sempre partecipato ai giudizi di ammissibilità dei referendum davanti la Corte Costituzionale, dando mandato all’Avvocatura di Stato di difendere le leggi esistenti. Basti ricordare, su questi temi non negoziabili, i referendum abrogativi della legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita. Non solo.
Il capo del governo si è vantato di aver presentato e fatto approvare due decreti-legge che hanno prorogato per ben due volte i termini per la raccolta delle firme del referendum sulla droga, che, altrimenti, non avrebbe raggiunto le 500.000 firme necessarie. In occasione della seconda proroga (dal 30 settembre al 31 ottobre 2021 per il deposito delle firme, mentre a maggio c’era stata la prima proroga per l’inizio della raccolta) il leader radicale Riccardo Magi, presidente di + Europa e tra i promotori del referendum per la cannabis legale aveva esclamato: “Anche Draghi a favore della norma sulla cannabis” (“la Repubblica”, 28.9.2021).“Questa non è neutralità: è una scelta precisa e non equivocabile verso una deriva libertaria e di morte” si legge in un comunicato del “Centro Studi Livatino” del 22 dicembre.È una decisione grave in quanto, nel caso del referendum, impropriamente chiamato dai mass media sulla eutanasia (con la guerra delle parole vinta ancora una volta dalla cultura radicale, dato che il termine evoca la cosiddetta “buona morte”), si tratta in realtà di omicidio del consenziente, poiché il referendum si propone l’abrogazione dell’art. 579 del codice penale, che punisce, appunto, tale fattispecie.
E, infatti, il quesito suona così: “Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole «la reclusione da sei a quindici anni.»; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole «Si applicano»?”.L’art. 579, sulla base del principio della indisponibilità della vita umana, punisce con la reclusione da 6 a 15 anni chiunque cagiona la morte di una persona con il suo consenso. Si tratta di una disposizione speciale rispetto a quella generale (art. 575 cod. pen.), che punisce con la più pesante reclusione, non inferiore a 21 anni, la fattispecie dell’omicidio.
Il referendum sull’omicidio del consenziente, come dice espressamente il quesito (v. supra) e come è stato classificato dalla Corte di Cassazione in sede di validazione delle firme raccolte, si inserisce in una scia di morte che ha subito una accelerazione a partire dalla triste vicenda di Eluana Englaro, quando la Cassazione, con la sentenza n. 21748 del 16 ottobre 2007, stabilì che alimentazione e idratazione costituiscono trattamento medico se eseguite in modo artificiale e che, pertanto, in quanto trattamenti medici si possono interrompere in alcuni casi (stato vegetativo del soggetto e con il suo consenso, desumibile da elementi del tutto generici, quali sua personalità, sue precedenti dichiarazioni, stile di vita ecc.).
In questa triste vicenda si è inserita la legge 219 del 2017 (c. sulle “dat”, disposizioni anticipate di trattamento – e l’uso del termine disposizioni in luogo di dichiarazioni è significativo), che ha dato sanzione di legge, se così si può dire, alla sentenza Englaro, stabilendo che nutrizione e idratazione sono trattamenti sanitari.Infine, la Corte Costituzionale, giudicando sulla legittimità dell’art. 580 cod. pen. in tema di aiuto al suicidio nella nota vicenda Cappato e dj Fabo, dopo aver invitato il Parlamento a legiferare in materia dandogli delle coordinate, di fronte all’inerzia del legislatore, ha stabilito con la sentenza n. 242 del 2019 che va esente da responsabilità penale chi aiuta al suicidio se il giudice valuta che il paziente “sia affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili”.
Quanto al referendum sulla “cannabis legale”, esso, in realtà, mira all’abrogazione di ogni disposizione che punisce la coltivazione di qualsiasi tipo di stupefacente, e non solo della “cannabis”, quindi anche dell’oppio, dei funghi allucinogeni e della coca.Alla luce delle suddette considerazioni il comportamento del presidente del Consiglio Mario Draghi, che con le sue dichiarazioni in sede di conferenza stampa di fine anno e con la facilitazione del percorso di raccolta delle firme, si è schierato a favore dei referendum, appare assai grave. Non è, infatti, come si vorrebbe, un comportamento “neutro” ma una vera e propria scelta di campo; il campo della morte e della deriva libertaria.
Dopo il movimento anarchico e libertario del ’68 e la fine delle ideologie, successiva all’implosione dell’Impero Sovietico dopo il crollo del Muro di Berlino (1989) e la fine dell’URSS (1991), la Rivoluzione sembra aver sposato la tecnocrazia, in quello che Giovanni Cantoni (1938-2020) definì “l’ultimo travestimento dell’ideologia, quello tecnocratico” (Giovanni Cantoni, “Nota sulla tentazione tecnocratica”, in “Cristianità”, n. 170, 1989, citando la lettera apostolica “Octogesima adveniens” di San Paolo VI (1963-1978). Tecnocrazia che in Italia assume il volto rispettabile e rassicurante di Mario Draghi e che coniuga la compressione della democrazia, mediante la riduzione sempre più asfissiante degli spazi di libertà, con la cultura della morte e dello sballo.
Occorre reagire a questo ennesimo, ultimo e, forse, più pericoloso travestimento delle ideologie anticristiane, denunciandone con fermezza e senza timore la natura. A ben guardare le forze che sostengono i referendum, ogni forma di reazione sembra destinata alla sconfitta, troppi essendo i poteri che sono schierati a favore della cultura della morte e dello sballo. Ma denunciare il male è comunque importante e meritorio perché permette di superare quel clima di rassegnazione che si è impadronito del campo dei “buoni”. Peggio della sconfitta sarebbe il silenzio. Ecco perché è importante sostenere i due comitati per il no alla droga e all’omicidio del consenziente che si sono costituiti a Roma il 21 dicembre e dei quali vi forniremo a breve tutte le informazioni necessarie per aderire e partecipare alle loro iniziative.
Lunedì, 27 dicembre 2021