Giornata dedicata al mondo cristiano dopo quella di venerdì, molto intensa, dedicata all’incontro con le autorità politiche e religiose egiziane.
Rivolgendosi ai tanti, soprattutto giovani, presenti stamane all’Air Defense Stadium per la celebrazione della Santa Messa, il Santo Padre ha cercato di applicare alla vita di ogni fedele l’esperienza dei discepoli di Emmaus. Tutti siamo discepoli in cammino e viviamo quotidianamente l’esperienza dei due giovani ebrei.
Nella vita ci sono momenti di delusione profonda: «Morte. I due discepoli tornano alla loro vita quotidiana, carichi di delusione e disperazione: il Maestro è morto e quindi è inutile sperare. Erano disorientati, illusi e delusi. […] Colui sul quale hanno costruito la loro esistenza è morto, sconfitto, portando con sé nella tomba ogni loro aspirazione».
In verità, il Papa sottolinea che «La croce di Cristo era la croce delle loro idee su Dio; la morte di Cristo era una morte di ciò che immaginavano fosse Dio. Erano loro, infatti, i morti nel sepolcro della limitatezza della loro comprensione» ed è per questo che hanno bisogno di Gesù che spieghi loro cosa è successo. «Risurrezione. Nell’oscurità della notte più buia, nella disperazione più sconvolgente, Gesù si avvicina a loro e cammina sulla loro via». Nel buio, Gesù si fa compagno di strada e spiega che siamo noi a doverci mettere in sintonia con Dio, perché «ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio», sempre. «…noi non possiamo incontrare Dio senza crocifiggere prima le nostre idee limitate di un dio che rispecchia la nostra comprensione dell’onnipotenza e del potere». Quando io mi metto sui passi di Cristo, Lui trasforma la mia vita perché Lui è «Vita. L’incontro con Gesù risorto ha trasformato la vita di quei due discepoli […] Infatti, la Risurrezione non è una fede nata nella Chiesa, ma la Chiesa è nata dalla fede nella Risurrezione».
Dio gradisce la fede autentica, solo quella «ci rende più caritatevoli, più misericordiosi, più onesti e più umani […] Dio gradisce solo la fede professata con la vita».
Ecco che allora, passando dai fedeli ai pastori della Chiesa egiziana, Francesco mette in evidenza alcune tentazioni che devono essere fuggite. Li esorta a non perdere la speranza, a non cadere nella tristezza dei frutti non visti crescere, dopo tanta fatica, ma a continuare ad essere linfa per il popolo a loro affidato. Diverse le tentazioni che il Papa enuncia: la tentazione di lasciarsi trascinare e non guidare, la tentazione di lamentarsi continuamente, la tentazione del pettegolezzo e dell’invidia, la tentazione del paragonarsi con gli altri, la tentazione del “faraonismo”, la tentazione dell’individualismo, ma soprattutto una che riguarda anche tutti i fedeli: la tentazione del camminare senza bussola e senza mèta.
È un rischio per tutti quello di camminare «…senza avere un’identità chiara e solida». «La vostra identità come figli della Chiesa è quella di essere copti – cioè radicati nelle vostre nobili e antiche radici – e di essere cattolici – cioè parte della Chiesa una e universale: come un albero che più è radicato nella terra e più è alto».
«Sarete sempre presenti nel mio cuore e nella mia preghiera. Coraggio, e avanti con lo Spirito Santo! “Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci in Lui!”».
Silvia Scaranari