GIOVANNI PAOLO II, Omelia nella Messa a Fatima, del 13-5-1991, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XIV, 1, pp. 1228-1234. Traduzione redazionale.
“Ecco la tua Madre” (Gv. 19, 27)!
1. La Liturgia mette oggi davanti ai nostri occhi, cari fratelli e sorelle, un vasto orizzonte della storia dell’uomo e del mondo. Le parole del libro della Genesi ci fanno meditare sull’origine dell’universo, sull’opera della creazione; dal primo libro andiamo all’ultimo, l’Apocalisse, per contemplare con gli occhi della fede “un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi” (Ap. 21, 1). Abbiamo, quindi, il principio e la fine; l’Alfa e l’Omega (cfr. ibid. 21, 6). Ma la fine è un nuovo principio, perché costituisce la piena realizzazione di tutto in Dio: “la dimora di Dio con gli uomini” (ibid. 21, 3).
Così, fra il primo principio e questo nuovo e definitivo inizio, scorre la storia dell’uomo creato da Dio “a sua immagine”, come ci dice la Parola del Signore: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gn. 1, 27).
2. Al centro di questa storia dell’uomo e del mondo si erge la Croce di Cristo sul Golgota. L’uomo, creato maschio e femmina, ritrova in questa Croce l’esatta profondità del suo stesso mistero, che si rivela nelle parole dell’Uomo dei Dolori a sua Madre, che stava accanto alla Croce: “Donna, ecco il tuo figlio!”. E poi, rivolgendosi al discepolo che amava: “Ecco la tua Madre” (Gv. 19, 26-27).
L’uomo, creato a immagine di Dio, è il coronamento di tutta la creazione. Confuso dinanzi alla sua grandezza, il Salmista esclama: “Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, / di gloria e di onore lo hai coronato: / gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, / tutto hai posto sotto i suoi piedi;… / O Signore, nostro Dio, / che cosa è l’uomo perché te ne ricordi? / Il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal. 8, 6-7.2.5).
Che cos’è l’uomo?
La domanda del Salmista suona con una meraviglia ancora più profonda dinanzi a questo mistero che trova il suo climax sul Golgota. Che cos’è l’uomo, se il Verbo, il Figlio consustanziale al Padre, si è fatto uomo, Figlio dell’Uomo nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo?
Che cos’è l’uomo… se lo stesso Figlio di Dio, e nello stesso tempo vero uomo, ha preso su di sé i peccati di tutti gli uomini e li ha portati, come Uomo dei Dolori, come Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, sull’altare della Croce?
Che cos’è l’uomo?
Lo stupore del Salmista al cospetto della misteriosa grandezza dell’uomo, così come gli appare nell’opera della creazione, diventa ancora più grande nella contemplazione dell’opera della Redenzione.
Che cos’è l’uomo?
3. Dall’inizio, è stato costituito signore della Terra, signore del mondo visibile. Ma la sua grandezza non si manifesta soltanto nel fatto di assoggettare e di dominare la Terra (cfr. Gn. 1, 28). La dimensione stessa della sua grandezza è la gloria di Dio: come scriverà sant’Ireneo, “la gloria di Dio è l’uomo vivente, ma la vita dell’uomo è la contemplazione di Dio” (Adversus Haereses, IV, 20, 7). L’uomo è posto al centro del mondo delle creature visibili e invisibili, tutte ricolme della gloria del Creatore: proclamano la sua gloria.
E così attraverso la storia del Cosmo visibile (e invisibile) s’innalza, come un Tempio immenso, un abbozzo del Regno eterno di Dio. L’uomo — maschio e femmina — è stato posto dall’inizio al centro di questo Tempio. Lui stesso ne è diventato la dimensione centrale, e vera “dimora di Dio con gli uomini”, perché, a motivo e per amore dell’uomo, Dio è entrato nel mondo creato.
Carissimi fratelli, la “dimora di Dio con gli uomini” ha raggiunto il suo culmine in Cristo. Egli è “la nuova Gerusalemme” (cfr. Ap. 21, 2) di tutti gli uomini e popoli, dato che in Lui tutti sono stati eletti per il destino eterno in Dio. È anche l’inizio del Regno eterno di Dio nella storia dell’uomo, e questo Regno — in Lui e per Lui — è la realtà definitiva del cielo e della terra. È “un nuovo cielo e una nuova terra”, in cui “il cielo e la terra di prima” troveranno il loro pieno compimento.
4. Lo testimonia la Croce del Golgota, che è la Croce della nostra Redenzione. Nella Croce è manifesta tutta la storia dell’uomo, che è allo stesso tempo la storia del peccato e della sofferenza. È segnata dalle lacrime e dalla morte, come riferisce il Libro dell’Apocalisse: quante lacrime negli occhi degli uomini, quanto lutto e lamento, quanta fatica umana (cfr. Ap. 21, 4). E, alla fine dell’esistenza terrena, la morte. Questa ha costituito appunto la progressiva sparizione “del cielo e della terra di prima”, segnati dall’eredità del peccato.
Non è forse questa la verità di tutta la storia? Tale verità non è confermata — in modo particolare — dal nostro secolo, ormai prossimo alla fine, insieme al secondo millennio della storia dopo Cristo?
Il nostro secolo conferma — forse come nessun altro fino a ora — la verità delle parole del Salmista sull’uomo e la sua grandezza, e nello stesso tempo la verità dell’Apocalisse a proposito delle lacrime, della sofferenza e della morte. L’uomo è diventato più che mai signore della creazione, dominando gli elementi e le energie della natura; ma, nello stesso tempo, ha provato la potenza dominatrice del peccato, che nasce all’interno dell’uomo, e fruttifica in depravazione, in distruzione e in morte, portata fino all’estremo di guerre totali, e di metodi che sterminano non solo gli individui, ma popoli e nazioni intere.
5. La Croce di Cristo non cessa di testimoniarlo! Ma soltanto essa — questa Croce di Cristo — rimane, attraverso la storia dell’uomo, come segno della certezza della Redenzione.
Attraverso la Croce di suo Figlio, Dio ripete di generazione in generazione la sua verità sulla creazione: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap. 21, 5). Il cielo e la terra di prima continuano a passare… Davanti a essi rimane Cristo indifeso, spogliato di tutto nel tormento della morte, Figlio dell’Uomo crocifisso! E, nel frattempo, Egli non cessa di essere segno della vittoriosa certezza della vita. Attraverso la sua morte è stato seminato, nel seno della terra, il potere invincibile della vita nuova; la sua morte è principio di Risurrezione:
“Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1 Cor. 15, 55).
Attraverso la Croce sul Golgota, scende dal cospetto di Dio, nella storia dell’umanità, nella storia di ogni secolo, “la città santa, la nuova Gerusalemme… come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap. 21, 2).
6. Con il cuore profondamente commosso e stupito dinanzi al piano creatore e salvifico di Dio per realizzare la pienezza a cui Egli ci ha chiamato, io, pellegrino con voi di questa Nuova Gerusalemme, vi esorto, cari fratelli e sorelle, ad accogliere la grazia e l’appello che in questo luogo si avverte in modo più tangibile e penetrante, nel senso di adattare le nostre vie a quelle di Dio. Vi saluto tutti, cari pellegrini della Madonna di Fatima, qui presenti fisicamente o spiritualmente. Ma in modo particolare il mio saluto cordiale e deferente va al Signor Presidente della Repubblica, in questa terra di Santa Maria; saluto affettuosamente Mons. Alberto, Vescovo di Leiria-Fátima — che ringrazio delle amabili parole di benvenuto —, e tutti gli altri venerabili Fratelli nell’Episcopato qui presenti. Un saluto fraterno, latore di speranza e d’incoraggiamento, alla Chiesa di Angola, qui presente nelle persone dei Pastori con un numero significativo di loro diocesani, in pellegrinaggio di gratitudine alla loro Patrona, in quest’Anno Giubilare della loro evangelizzazione, iniziata a Soyo, il luogo dove, nel secolo XV, i portoghesi hanno per la prima volta celebrato la Santa Messa e hanno battezzato i primi nativi di quel territorio.
Infine, mosso dalla Parola di Dio in questa celebrazione eucaristica — “maschio e femmina li creò” (Gn. 1, 27)! — mi è gradito rivolgere alle famiglie il mio saluto propiziatore di tutte le benedizioni di Dio per le vostre case, per i vostri figli e per la vostra vita in comune. Il vostro dovere fondamentale è realizzare attraverso la storia la benedizione originaria del Creatore — “siate fecondi e moltiplicatevi” (Gn. 1, 28) — trasmettendo l’“immagine divina” con la generazione di nuovi figli.
Care famiglie, il vostro servizio generoso e rispettoso della vita sarà possibile oggi, come lo è sempre stato, se vi manterrete nella contemplazione della dignità umana e soprannaturale dei figli che generate: ogni uomo è oggetto dell’amore infinito di Dio che lo ha riscattato. Le famiglie che non rifiutano i loro doveri riguardo alla procreazione, nell’ambito di un opportuno senso di paternità responsabile e di fiducia nella Provvidenza divina, danno al mondo un’insostituibile testimonianza del valore più alto. Costituiscono una sfida alla mentalità antinatalistica imperante, e una giusta condanna di tale mentalità, che nega la vita al punto da sacrificarla, in molti casi, anche nel seno materno, attraverso l’aborto, crimine nefando, come dichiara il Concilio (cfr. Gaudium et Spes, 27). Vi chiedo quindi, care famiglie, questo servizio generoso e rispettoso della vita. “Contro il pessimismo e l’egoismo, che oscurano il mondo, la Chiesa sta dalla parte della vita: e in ciascuna vita umana sa scoprire lo splendore di quel “sì”, di quell’”amen”, che è Cristo stesso (cfr. 2 Cor. 1, 19; Apoc. 3, 14). Al “no” che invade e affligge il mondo, contrappone questo vivente “sì”, difendendo in tal modo l’uomo e il mondo da quanti insidiano e mortificano la vita” (Familiaris consortio, 30).
7. “Donna, ecco il tuo figlio!” — “Ecco la tua Madre!”. Il Santuario di Fatima è un luogo privilegiato, dotato di un valore speciale: ha in sé un messaggio importante per l’epoca che stiamo vivendo. È come se qui, all’inizio del nostro secolo, fossero risuonate, con una nuova eco, le parole pronunciate sul Golgota.
Maria, che era accanto alla Croce di suo Figlio, ha dovuto accettare ancora una volta la volontà di Cristo, Figlio di Dio. Ma mentre sul Golgota il Figlio le indicava un solo uomo, Giovanni, il discepolo che amava, qui lei ha dovuto accoglierli tutti. Tutti noi, gli uomini di questo secolo e della sua difficile e drammatica storia.
In questi uomini del secolo XX si sono manifestate con uguale grandezza sia la loro capacità di dominare la Terra, sia la loro libertà di trasgredire il comandamento di Dio e di negarlo, come eredità del loro peccato. L’eredità del peccato si palesa come una folle aspirazione a costruire il mondo — un mondo creato dall’uomo — “come se Dio non esistesse”. E anche come se non esistesse quella Croce sul Golgota, in cui “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello” (Sequenza pasquale), per mostrare che l’amore è più potente della morte e che la gloria di Dio è l’uomo vivente.
Madre del Redentore! Madre del nostro secolo!
Per la seconda volta sono davanti a Te in questo Santuario, per baciare le tue mani, perché sei stata ferma accanto alla Croce di tuo Figlio, che è la croce di tutta la storia dell’uomo anche del nostro secolo.
Sei stata e continuerai a rimanere, posando il tuo sguardo sui cuori di questi figli e figlie, che ormai appartengono al terzo millennio. Sei rimasta e continuerai a restare, vegliando, con mille attenzioni di madre, e difendendo, con la tua potente intercessione, l’albeggiare della Luce di Cristo in seno ai popoli e alle nazioni.
Tu sei e resterai, perché il Figlio Unigenito di Dio, tuo Figlio, ti ha affidato tutti gli uomini, quando, morendo sulla Croce, ci ha introdotti nel nuovo principio di tutto quanto esiste. La tua maternità universale, o Vergine Maria, è l’àncora sicura di salvezza dell’umanità intera.
Madre del Redentore!
Piena di Grazia!
Io ti saluto, Madre della fiducia di tutte le generazioni umane!