GIOVANNI PAOLO II, Omelia nella Messa di beatificazione dei pastorelli Francesco e Giacinta, del 13-5-2000, in supplemento a L’Osservatore Romano, del 17-5-2000. Traduzione redazionale.
1. “Ti benedico, o Padre, […] perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt. 11, 25).
Con queste parole, cari fratelli e sorelle, Gesù loda i disegni del Padre celeste; Egli sa che nessuno può venire a Lui se non è stato attratto dal Padre (cfr. Gv. 6, 44), perciò lo loda per questo suo disegno e lo accoglie filialmente: “Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te” (Mt. 11, 26). Hai voluto aprire il Regno ai piccoli.
Per disegno divino, è venuta dal Cielo su questa terra, alla ricerca dei piccoli privilegiati dal Padre, “una Donna vestita di sole” (Ap. 12, 1). Essa parla loro con voce e con cuore di madre: li invita a offrirsi come vittime di riparazione, offrendosi per parte sua di condurli sicuri fino a Dio. Allora dalle sue mani materne uscì una luce che penetrò nel loro intimo, e si sentirono immersi in Dio come quando una persona — essi stessi spiegano — si contempla allo specchio.
Più tardi Francesco, uno dei tre privilegiati, esclamava: “Noi stavamo ardendo in quella luce che è Dio e non ci bruciavamo. Com’è Dio? Non si può dire. Questo sì, che la gente non lo può dire”. Dio: una luce che arde, ma non brucia. La medesima sensazione ebbe Mosè, quando vide Dio nel roveto ardente; ivi udì parlare Dio, preoccupato per la schiavitù del suo popolo e deciso a liberarlo per mezzo di lui: “Io sarò con te” (cfr. Es. 3, 2-12). Quanti accolgono questa presenza diventano dimora e, conseguentemente, “roveto ardente” dell’Altissimo.
2. Ciò che più impressionava il beato Francesco e l’assorbiva era Dio in quella luce immensa che era penetrata nell’intimo dei tre. Soltanto a lui, però, Dio si fece conoscere “tanto triste”, come egli diceva. Una notte, suo padre lo sentì singhiozzare e gli domandò perché piangesse; il figlio rispose: “Pensavo a Gesù che è tanto triste a causa dei peccati che si commettono contro di Lui”. Vive mosso dall’unico desiderio — così espressivo del modo di pensare dei bambini — di “consolare e far contento Gesù”.
Nella sua vita si opera una trasformazione che si potrebbe definire radicale; una trasformazione certamente non comune in bambini della sua età. Egli si dà a un’intensa vita spirituale, che si traduce in preghiera assidua e fervente, giungendo a una vera forma di unione mistica con il Signore. Proprio questo lo porta a una purificazione progressiva dello spirito, mediante la rinuncia a quanto gli piace e persino ai giochi innocenti di bimbo.
Sopportò le grandi sofferenze della malattia, che lo portò alla morte, senza mai lamentarsi. Tutto gli sembrava poco per consolare Gesù; morì con un sorriso sulle labbra. Grande era, nel piccolo Francesco, il desiderio di riparare per le offese dei peccatori, sforzandosi di esser buono e offrendo sacrifici e preghiera. E Giacinta, sua sorella più giovane di lui di quasi due anni, viveva animata dai medesimi sentimenti.
3. “Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago” (Ap. 12, 3).
Queste parole della prima lettura della Messa ci fanno pensare alla grande lotta che si svolge tra il bene e il male, dal momento che si può constatare che l’uomo, mettendo Dio da parte, non può giungere alla felicità, anzi finisce per distruggere sé stesso.
Quante vittime nel corso dell’ultimo secolo del secondo millennio! Vengono alla memoria gli orrori della prima e della seconda grande guerra e quelli delle altre in tante parti del mondo, i campi di concentramento e di sterminio, i GULag, le pulizie etniche e le persecuzioni, il terrorismo, i sequestri di persona, la droga, gli attentati contro i nascituri e la famiglia.
Il messaggio di Fatima è un appello alla conversione, che mette in guardia l’umanità affinché non faccia il gioco del “drago”, il quale con la “coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra” (Ap. 12, 4). L’ultima meta dell’uomo è il Cielo, sua vera casa dove il Padre celeste, nel suo amore misericordioso, attende tutti.
Dio vuole che nessuno si perda; perciò, duemila anni fa, ha inviato sulla terra il suo Figlio a “cercare e salvare quel che era perduto” (Lc. 19, 10). Ed Egli ci ha salvati con la sua morte sulla croce; nessuno renda vana quella Croce! Gesù è morto e risorto per essere “il primogenito di molti fratelli” (Rom. 8, 29).
Nella sua sollecitudine materna la Santissima Vergine è venuta qui, a Fatima, a chiedere agli uomini di “non offendere più Dio, Nostro Signore, che è già molto offeso”. È il dolore di madre che la fa parlare; è in gioco la sorte dei suoi figli. Perciò Ella chiede ai pastorelli: “Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori; tante anime finiscono nell’inferno perché non c’è chi si sacrifichi e preghi per loro”.
4. La piccola Giacinta ha sentito e vissuto come propria quest’afflizione della Madonna, offrendosi eroicamente come vittima per i peccatori. Un giorno, quando essa e Francesco avevano già contratto la malattia che li costringeva a letto, la Vergine Maria venne a visitarli in casa, come racconta la piccola: “La Madonna è venuta a vederci e ha detto che molto presto verrà a prendere Francesco per portarlo in Cielo. A me ha chiesto se volevo ancora convertire più peccatori. Le ho detto di sì”. E, quando si avvicina il momento della dipartita di Francesco, Giacinta gli raccomanda: “Da parte mia porta tanti saluti a Nostro Signore e alla Madonna e dì loro che sono disposta a sopportare tutto quanto vorranno per convertire i peccatori”. Giacinta era rimasta così colpita dalla visione dell’inferno durante l’apparizione del 13 luglio, che nessuna mortificazione e penitenza era eccessiva per salvare i peccatori.
Avrebbe potuto benissimo esclamare con san Paolo: “Mi rallegro di soffrire per voi, completando in me stesso quello che manca alle tribolazioni di Cristo a vantaggio del suo Corpo, che è la Chiesa” (Col. 1, 24). Domenica scorsa, presso il Colosseo a Roma, abbiamo commemorato tanti Testimoni della Fede del secolo XX, ricordando, attraverso significative testimonianze lasciateci, le tribolazioni che hanno patito. Una moltitudine incalcolabile di coraggiosi Testimoni della Fede ci ha lasciato una preziosa eredità, che deve restare viva nel terzo millennio. Qui a Fatima, dove sono stati preannunciati questi tempi di tribolazione e la Madonna ha chiesto preghiera e penitenza per abbreviarli, voglio oggi render grazie al Cielo per la forza della testimonianza che si è manifestata in tutte quelle vite. E desidero una volta di più celebrare la bontà del Signore verso di me, quando, duramente colpito in quel 13 maggio 1981, fui salvato dalla morte. Esprimo la mia riconoscenza anche alla beata Giacinta per i sacrifici e le preghiere offerte per il Santo Padre, che ella aveva visto tanto soffrire.
5. “Ti benedico, o Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli”. La lode di Gesù prende oggi la solenne forma della beatificazione dei pastorelli Francesco e Giacinta. La Chiesa vuole, con questo rito, rimettere sul candelabro queste due candele, che Dio ha acceso per illuminare l’umanità nelle sue ore buie e inquiete. Risplendano esse sul cammino di questa moltitudine immensa di pellegrini e di quanti altri ci seguono attraverso la radio e la televisione. Siano una luce amica che illumina il Portogallo intero e, in modo speciale, questa diocesi di Leiria-Fátima.
Ringrazio Mons. Serafim, Vescovo di questa illustre Chiesa particolare, per le sue parole di benvenuto e con grande gioia saluto tutto l’Episcopato portoghese e le diocesi di ciascuno, che amo di cuore, ed esorto a imitare i loro Santi. Un fraterno saluto ai Cardinali e ai Vescovi presenti, con menzione particolare dei Pastori della Comunità dei paesi di lingua portoghese: la Vergine Maria ottenga la riconciliazione del popolo angolano; porti conforto agli alluvionati del Mozambico; vegli sui passi di Timor Lorosae, della Guinea Bissau, di Capo Verde, di São Tomé e Príncipe; e custodisca nell’unità della fede i suoi figli e figlie del Brasile.
Il mio deferente saluto va al Signor Primo Ministro e alle altre Autorità, che hanno voluto partecipare a questa Celebrazione, e approfitto dell’occasione per esprimere, nella sua persona, la mia riconoscenza a tutti per la collaborazione che ha reso possibile questo mio pellegrinaggio. Un abbraccio cordiale e una particolare benedizione alla parrocchia e alla città di Fatima, la quale oggi si rallegra per i propri figli elevati agli onori degli altari.
6. La mia ultima parola è per i bambini: cari bambini e bambine, vedo molti di voi vestiti come Francesco e Giacinta. State molto bene! Ma, prima o poi, vi toglierete questi abiti e… i pastorelli spariranno. Non vi pare che non dovrebbero sparire?! La Madonna ha bisogno di tutti voi per consolare Gesù, triste per le offese che gli si fanno; ha bisogno delle vostre preghiere e dei vostri sacrifici per i peccatori.
Chiedete ai vostri genitori e ai vostri educatori di mettervi alla “scuola” della Madonna, perché v’insegni a essere come i pastorelli, i quali cercavano di far tutto quanto chiedeva loro. Vi dico che “si progredisce più in poco tempo di sottomissione e di dipendenza da Maria, che in anni interi di iniziative personali, appoggiati soltanto su se stessi” (san Luigi Maria Grignion di Montfort, Trattato della vera devozione alla Santissima Vergine, n. 155). Così i pastorelli sono diventati rapidamente santi. Una donna che aveva accolto Giacinta a Lisbona, nel sentire consigli tanto buoni e saggi che la piccola dava, le domandò chi glieli insegnava. “È stata la Madonna” — rispose. Affidandosi, con totale generosità, alla direzione di una Maestra così buona, Giacinta e Francesco hanno raggiunto in poco tempo le vette della perfezione.
7. “Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”.
Ti benedico, o Padre, per tutti i tuoi piccoli, a cominciare dalla Vergine Maria, tua umile Serva, fino ai pastorelli Francesco e Giacinta.
Il messaggio delle loro vite resti sempre vivo a illuminare il cammino dell’umanità!