Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, Cristianità n. 10 (1975)
La sacra teologia ci fornisce numerose ragioni a sostegno della tesi secondo cui, in via di principio, vi possono essere errori in documenti del Magistero non forniti delle condizioni di infallibilità.
Tali ragioni sono tante e di tale peso che ci pare sufficiente fare cenno ad alcune di esse per dare al lettore una visione sommaria dell’argomento.
- POSSIBILITÀ DI ERRORI IN DOCUMENTI EPISCOPALI
Dobbiamo anzitutto notare che il Magistero della Chiesa è dato dal Papa e dai vescovi – unici autorizzati a parlare ufficialmente a nome della Chiesa, come interpreti autentici della Rivelazione. Sacerdoti e teologi non godono del privilegio della infallibilità, in nessuna ipotesi, neppure quando insegnano con la missione canonica ricevuta dal Papa o da un vescovo.
Anche i vescovi, quando parlano isolatamente o insieme, possono errare – a meno che, in concilio o fuori di esso, definiscano un dogma, in forma solenne, con il Sommo Pontefice.
Nella dottrina della Chiesa è pacifico il principio secondo cui i vescovi non sono mai infallibili quando si pronunciano senza il Sommo Pontefice. In proposito mons. Antonio de Castro Mayer, vescovo di Campos, scrive: “essendo infallibile il magistero pontificio, e fallibile, anche se ufficiale, quello dei singoli vescovi, è possibile, per la fragilità umana, che uno o altro vescovo cada in errore; e la storia registra alcune di tali eventualità” (1).
A questo punto, dunque, si impone una conclusione: quando ragioni evidenti mostrano che un vescovo, alcuni vescovi insieme o anche tutto l’episcopato di un paese o di una parte del globo sono caduti in errore, niente autorizza il fedele ad abbracciare questo errore adducendo la scusa che non gli è lecito divergere da coloro che sono stati posti da nostro Signore a capo del suo gregge. Sarà per lui lecito, o persino doveroso, dissentire da simili insegnamenti episcopali. Questo dissenso, a seconda dei casi, potrà essere anche pubblico.
- UNA DEFINIZIONE DEL VATICANO I
Passando dai documenti episcopali a quelli pontifici, vedremo inizialmente che, in via di principio, anche nell’uno o nell’altro di questi vi può essere qualche errore, anche in materia di fede e di morale.
Il fatto si ricava dalla definizione stessa della infallibilità pontificia data dal Concilio Vaticano I. Vi si stabiliscono le condizioni alle quali il Papa è infallibile. È dunque facile comprendere che, quando non vengano osservate tali condizioni, in via di principio potrà esservi errore in un documento papale (2).
In altri termini, potremmo dire che il semplice fatto che i documenti del Magistero si dividano in infallibili e in non infallibili, lascia aperta, in tesi, la possibilità di errore in qualcuno di quelli non infallibili. Questa conclusione si impone in base al principio metafisico enunciato da san Tommaso d’Aquino: “quod possibile est non esse, quandoque non est“, “ciò che può non essere, talora non è” (3).
Se, in via di principio, in un documento papale vi può essere errore per il fatto di non osservare le quattro condizioni della infallibilità, lo stesso si deve dire a proposito dei documenti conciliari, quando non osservino le stesse condizioni. In altri termini, quando un concilio non intende definire dogmi, a rigore può cadere in errore. Questa conclusione deriva dalla simmetria esistente tra la infallibilità pontificia e quella della Chiesa, messa in evidenza dallo stesso Concilio Vaticano I (4).
- SOSPENSIONE DELL’ASSENSO INTERNO.
A favore della tesi secondo cui, in via di principio, vi può essere errore anche in documenti pontifici e conciliari, milita pure l’argomento che teologi tra i più quotati ammettono, in casi molto specifici, che il cattolico sospenda il suo assenso a una decisione del Magistero.
Di per sé, le decisioni pontificie, anche quando sono non infallibili, postulano l’assenso sia esterno (“silenzio ossequioso“) che interno dei fedeli. Pio XII ha espresso questa verità in termini incisivi: “Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro Magistero supremo.
“Infatti questi insegnamenti sono del Magistero ordinario, per cui valgono pure le parole: “Chi ascolta voi, ascolta me” (Lc. 10, 16)” (5).
Tuttavia, quando vi sia “una opposizione precisa tra un testo di enciclica e le altre testimonianze della tradizione” (6), allora sarà lecito al fedele dotto e che abbia studiato accuratamente la questione, sospendere o negare il suo assenso al documento papale.
La stessa dottrina si trova in teologi molto autorevoli. Ne citiamo alcuni.
“Questi atti non infallibili del Magistero del Romano Pontefice non obbligano a credere e non postulano una sottomissione assoluta e definitiva. Tuttavia bisogna aderire con un assenso religioso e interno a tali decisioni, dal momento che costituiscono atti del supremo Magistero della Chiesa, e che si fondano su solide ragioni naturali e soprannaturali. L’obbligo di aderire a esse può cominciare a cessare solo nel caso, che si dà soltanto rarissimamente, in cui un uomo idoneo a giudicare l’argomento in questione, dopo una diligentissima e ripetuta analisi di tutte le ragioni, giunga alla convinzione che nella decisione si è introdotto l’errore” (7).
“[…] si deve assentire ai decreti delle Congregazioni Romane, finché non diventi positivamente chiaro che hanno errato. Siccome le Congregazioni, per se, non forniscono un argomento assolutamente certo a favore di una data dottrina, si possono o perfino si devono indagare le ragioni di questa dottrina. E così, o succederà che tale dottrina sia lentamente accettata in tutta la Chiesa, raggiungendo in questo modo la condizione di infallibilità, o succederà che l’errore sia a poco a poco individuato. Infatti, siccome il citato assenso religioso non si basa su una certezza metafisica, ma solo morale e lata, non esclude ogni timore di errore. Perciò, appena sorgano sufficienti motivi di dubbio, l’assenso sarà prudentemente sospeso: ciononostante, finché non si presentino tali motivi di dubbio, l’autorità delle Congregazioni basta per obbligare ad assentire.
“Gli stessi principi si applicano senza difficoltà alle dichiarazioni che il Sommo Pontefice emette senza coinvolgere la sua autorità suprema, e anche alle decisioni degli altri superiori ecclesiastici, che non sono infallibili” (8).
“[…] finché la Chiesa non insegna con autorità infallibile, la dottrina proposta non è di per sé irreformabile; perciò, se per accidens, in una ipotesi per altro rarissima, dopo un esame molto accurato, a qualcuno sembra che esistano ragioni gravissime contro la dottrina così proposta, sarà lecito, senza temerarietà, sospendere l’assenso interno […]” (9).
“[…] se alla mente del fedele si presentano ragioni gravi e solide, soprattutto teologiche, contro [decisioni del Magistero autentico, sia episcopale che pontificio] gli sarà lecito respingere l’errore, assentire condizionatamente, o perfino sospendere anche l’assenso […]” (10).
Nell’ipotesi di decisioni non infallibili, “deve il suddito, eccetto il caso in cui abbia l’evidenza che la cosa comandata sia illecita, dare un assenso interno […]. […] Se poi qualche dotto studioso avesse delle ragioni gravissime per sospendere l’assenso, può sospenderlo senza temerità e senza peccato […]” (11).
Il consiglio dato con frequenza al fedele, in tali casi, è di “sospendere il giudizio” sull’argomento. Se questa “sospensione del giudizio” comporta una astensione, da parte del fedele, da qualsiasi presa di posizione di fronte, all’insegnamento pontificio in questione, essa rappresenta soltanto una delle posizioni lecite nella ipotesi considerata. Di fatto, la “sospensione dell’assenso interno“, di cui parlano i teologi, ha maggiore ampiezza della semplice “sospensione del giudizio” del linguaggio corrente. A seconda del caso, il diritto di “sospendere l’assenso interno” comporterà quello di temere che vi sia errore nel documento del Magistero, o quello di dubitare dell’insegnamento in esso contenuto, o anche quello di respingerlo.
- VI È CHI NON AMMETTE LA SOSPENSIONE DELL’ASSENSO INTERNO
Alla tesi che stiamo sostenendo sarebbe possibile obbiettare che non tutti gli autori ammettono questa sospensione dell’assenso interno. È il caso di Choupin (12), Pègues (13), Salaverri (14).
Tuttavia anche questi autori non negano la possibilità di errore nei documenti del Magistero: “posto che la decisione non viene garantita dalla infallibilità, la possibilità di errore non è esclusa” (15).
Essi sostengono soltanto che la grande autorità religiosa del Papa, il valore scientifico dei suoi consiglieri, e tutto quanto circonda i documenti non infallibili, consigliano di non sospendere l’assenso interno, anche quando uno studioso abbia ragioni serie per ammettere che la decisione pontificia sia affetta da errore.
Non è il caso di analizzare in questa sede con maggiori particolari la posizione di questi teologi. Per il momento ci basta provare, come abbiamo fatto, che anch’essi ammettono la possibilità di errore in documenti del Magistero ordinario.
Quanto al giudizio da emettere a proposito della loro tesi secondo cui non è mai permesso sospendere l’assenso interno (16), crediamo che questi autori non abbiano preso in considerazione esplicitamente l’ipotesi che si trovino uniti nello stesso caso i seguenti fattori:
1) che le circostanze della vita concreta obblighino il fedele, in coscienza, a prendere posizione di fronte a un problema;
2) che gli appaia evidente una opposizione precisa tra l’insegnamento del Magistero ordinario sull’argomento e le altre testimonianze della Tradizione;
3) che la decisione infallibile, capace di mettere termine alla questione, non sia stata proferita.
Nell’ipotesi, dottrinalmente ammissibile, che questi tre fattori si uniscano, ci sembra che nessun teologo condanni la sospensione dell’assenso interno a una decisione non infallibile. Condannarla sarebbe perfino un’azione contro natura e violenta, perché significherebbe obbligare a credere, contro l’evidenza stessa, in qualcosa che non è garantito dalla infallibilità della Chiesa.
- VI È CHI NEGA LA POSSIBILITÀ DI ERRORE IN DOCUMENTI NON INFALLIBILI
Contro la tesi secondo cui vi possono essere errori in documenti del Magistero ordinario pontificio o conciliare, si presenterebbe anche un’altra obbiezione: secondo alcuni autori di valore, come i cardinali Franzelin e Billot, anche i documenti non infallibili sono garantiti contro qualsiasi errore dall’assistenza dello Spirito Santo (17).
In questo modo, la tesi che stiamo sostenendo potrebbe sembrare incerta. E ci si potrebbe chiedere se non sarebbe più consono allo spirito eminentemente gerarchico, e perfino monarchico, dell’organizzazione della Chiesa, adottare il parere di questi eminenti teologi. Non sarebbe più conforme alla condizione di figli della Chiesa ammettere che è assurdo che vi sia qualche errore anche in pronunciamenti non ex cathedra?
Una analisi esauriente di questo problema ci porterebbe molto oltre gli obiettivi del presente studio. Perciò, ci interessa soltanto mostrare che anche i cardinali Franzelin e Billot, come gli altri teologi che ne adottano la posizione, in ultima analisi ammettono la possibilità di errore in documenti non infallibili.
Essi partono dal presupposto che i documenti della Santa Sede o insegnano una dottrina infallibile, oppure dichiarano che una determinata sentenza è sicura o non è sicura: “In queste dichiarazioni, benché la verità della dottrina non sia infallibile – ammesso per ipotesi che non vi sia intenzione di chiudere l’argomento – vi è tuttavia sicurezza infallibile, in quanto per tutti è sicuro abbracciarla, e non è sicuro respingerla, e questo non può essere fatto senza violare la sottomissione dovuta al Magistero costituito da Dio” (18).
Così, dunque, questi autori sostengono che nei pronunciamenti non infallibili il Magistero non si compromette con l’affermazione della verità della dottrina che propone, ma sostiene soltanto che questa dottrina non presenta pericolo per la fede, nelle circostanze del momento.
Questi teologi riconoscono chiaramente che l’insegnamento contenuto in questi documenti può essere falso: “La dottrina a favore della quale esiste una solida possibilità che non si opponga alla regola di fede, sarà forse teologicamente falsa sul terreno speculativo, cioè, se presa in rapporto alla norma di fede, oggettivamente considerata” (19).
Diventa evidente che, pertanto, anche questi autori ammettono la possibilità di errore per quanto riguarda la dottrina contenuta in documenti del supremo Magistero ordinario.
Che pensare della teoria secondo cui i pronunciamenti non infallibili mirano soltanto a dichiarare che una dottrina è sicura o non è sicura? Questa teoria non sembra concordare con i termini della maggior parte dei documenti della Santa Sede. In alcuni, chiaramente si tratta soltanto della sicurezza o del pericolo di una certa dottrina. Ma in molti altri – nelle encicliche, per esempio – è manifesto il proposito di presentare insegnamenti come certi, e non solo come sicuri. Inoltre, gli autori in generale hanno abbandonato questa teoria (20).
Tuttavia, ora non dobbiamo analizzare dettagliatamente la citata posizione dei cardinali Franzelin e Billot. Vogliamo solo sottolineare che, anche secondo loro, in via di principio non si può escludere la possibilità di errore dottrinale in documenti pontifici e conciliari.
- CONCLUSIONE
Da tutto quanto esposto si deduce che, in via di principio, non ripugna l’esistenza di errori in documenti non infallibili del Magistero – anche del Magistero pontificio e conciliare.
Indubbiamente tali errori non possono essere durevolmente proposti nella santa Chiesa, al punto da mettere le anime nel dilemma di accettare l’insegnamento falso oppure di rompere con la Chiesa. Tuttavia è possibile, in via di principio, che per qualche tempo, soprattutto in periodi di crisi e di grandi eresie, si trovi qualche errore in documenti del Magistero.
Come è evidente, facciamo queste osservazioni senza alcun obbiettivo demolitore. Non miriamo a fondare le “contestazioni” ereticheggianti con cui i progressisti cercano in ogni momento di scuotere il principio di autorità nella santa Chiesa.
Quello a cui di fatto miriamo, mettendo in risalto la possibilità di errore in documenti non infallibili, è aiutare a illuminare i problemi di coscienza e gli studi di molti antiprogressisti che, per il fatto di ignorare tale possibilità, si trovano spesso in condizione di perplessità.
ARNALDO VIDIGAL XAVIER DA SILVEIRA
Note:
(1) MONS. ANTONIO DE CASTRO MAYER, Problemi dell’apostolato moderno, trad. it., Edizioni dell’Albero, Torino 1963, p. 414. Sulla possibilità, ammessa da tutti gli autori cattolici, che vescovi e anche interi episcopati cadano in errore e perfino in eresia, cfr. CHRISTIANUS PESCH S. J., Praelectiones Dogmaticae, Herder, Friburgo i. B. 1898, tomo I, pp. 259-261; H. HURTER S. J., Theologiae Dogmaticae Compendium, Wagneriana-Bloud et Barral, Innsbruck-Parigi 1883, tomo I, p. 263; MICHEL D’HERBIGNY S. J., Theologica de Ecclesia, Beauchesne, Parigi 1921, vol. II, p. 309; J. M. HERVÉ, Manuale Theologiae Dogmaticae, Berche et Pagis, Parigi 1952, vol. I, p. 485; IOACHIM SALAVERRI S. J., De Ecclesia Christi, in Sacrae Theologiae Summa, B A C, Madrid 1958, vol. I, p. 682.
(2) Il CONCILIO VATICANO I insegna che il Sommo Pontefice è infallibile “quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo l’ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica, definisce una dottrina riguardante la fede ed i costumi, da tenersi da tutta la Chiesa” (DENZ.-SCH., 3074). Sullo stesso argomento cfr. CONCILIO VATICANO II, Lumen Gentium, n. 25.
(3) SAN TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, I, q. 2, a. 3, c., “Tertia via“.
(4) DENZ.-SCH., 3074.
(5) PIO XII, Lettera enciclica Humani gèneris, del 12-8-1950, in La Chiesa, insegnamenti pontifici a cura dei monaci di Solesmes, trad. it., Edizioni Paoline, Roma 1961, p. 248.
(6) DOM PAUL NAU O. S. B., Une source doctrinale: les encycliques, Les Éditions du Cèdre, Parigi 1952, pp. 83-84.
(7) FRANCISCUS DIEKAMP, Thelogiae Dogmaticae Manuale, Desclée, Parigi-Tours-Roma 1933, vol. I, p. 72.
(8) CHRISTIANUS PESCH S. J., Praelectiones Dogmaticae, cit., vol. I, pp. 314-315.
(9) BENEDICTUS HENRICUS MERKELBACH O. P., Summa Theologiae Moralis, Desclée, Parigi 1931, vol. I, p. 601.
(10) H. HURTER S. J., Theologiae Dogmaticae Compendium, cit., vol. I, p. 492.
(11) SISTO CARTECHINI S. J., Dall’Opinione al Domma, La Civiltà Cattolica, Roma 1953, pp. 153-154. Nello stesso senso si pronunciano CHRISTIANUS PESCH S. J., Compedium Theologiae dogmaticae, Herder, Friburgo i. B. 1921, tomo I, pp. 238-239; LUDOVICUS LERCHER S. J., Istitutiones Theologiae Dogmaticae, Herder-Rauch, Barcellona-Innsbruck 1951, vol. I, pp. 297-298; J. FORCET, voce Congrégations Romaines, in Dictionnaire de Théologie Catholique, tomo III, coll. 1108-1111; JOSEPHUS MORS S. J., Istitutiones Theologiae Fundamentalis, Vozes, Petrópolis 1943, tomo II, p. 187; J. AERTNYS C. SS. R. – A. DAMEN C. SS. R., Theologia Moralis, Marietti, Torino 1950, tomo I, p. 270; MARCELLINO ZALBA S. J., Theologiae Moralis Compendium, B A C, Madrid 1958, vol. II, p. 30, n. 21.
(12) Cfr. LUCIEN CHOUPIN S. J., Valeur des Décisions Doctrinales et Disciplinares du Saint-Siège, Beauchesne, Parigi 1928, pp. 53 ss. e 88 ss.; IDEM, Motu proprio Praestantia de S. S. Pie X, in Etudes, 5-1-1908, tomo 114, pp. 119 ss.; IDEM, Le décret du Saint-Office – sa valeur juridique, in Etudes, 5-8-1907, tomo 112, pp. 415-416.
(13) Cfr. T. PÈGUES O. P., articolo in Revue Thomiste, novembre-dicembre 1904, p. 531, cit. in LUCIEN CHOUPIN S. J., Valeur des Décisions Doctrinales et Disciplinares du Saint-Siège, cit., pp. 54-55.
(14) Cfr. IOACHIM SALAVERRI S. J., De Ecclesia Christi, cit., vol. I, pp. 725-726.
(15) LUCIEN CHOUPIN S . J., Valeur des Décisions Doctrinales et Disciplinares du Saint-Siège, cit., p. 54. Cfr. T. PÈGUES O. P., art. cit., p. 531; IOACHIM SALAVERRI S. J., De Ecclesia Christi, cit., p. 722.
(16) Cfr. ARNALDO VIDIGAL XAVIER DA SILVEIRA, Qual’è l’autorità dottrinale dei documenti pontifici e conciliari?, in Cristianità, Piacenza gennaio-febbraio 1975, anno III, n. 9.
(17) Cfr. CARD. IOANNES BAPTISTA FRANZELIN S. J., Tractatus de Divina Traditione et Scriptura, Marietti, Roma-Torino 1870, pp. 116-120; CARD. LUDOVICUS BILLOT S. J., Tractatus de Ecclesia Christi, Giacchetti, Prato 1909, tomo I, pp. 434-439.
(18) CARD. IOANNES BAPTISTA FRANZELIN S. J ., op. cit., ibid.
(19) CARD. LUDOVICUS BILLOT S. J., op. cit., p. 436. La sottolineatura è nostra.
(20) Cfr. J. M. HERVÉ, Manuale Theologiae Dogmaticae, cit., vol. I, p. 513; SISTO CARTECHINI S. J., Dall’Opinione al Domma, cit., passim; IOACHIM SALAVERRI S. J., De Ecclesia Christi, cit., p. 726; CARD. CHARLES JOURNET, L’Eglise du Verbe Incarné, Desclée, Bruges 1962, vol. I, pp. 455-456, che, richiamandosi alla sentenza del card. Franzelin. in realtà dà alle parole del vecchio professore della Gregoriana una interpretazioni che ne modifica totalmente il pensiero.