Giovanni Paolo II, Cristianità n. 300 (2000)
Messaggio per la XIV Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 1981, dell’8-12-1980, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. III, 2, pp. 1628-1639.
A tutti voi, artefici della pace,
A voi, responsabili delle nazioni,
A voi, fratelli e sorelle, cittadini del mondo,
A voi, giovani, che arditamente sognate un mondo migliore!
È a tutti voi, uomini e donne di buona volontà, che oggi io mi rivolgo per invitarvi, in occasione della XIV Giornata Mondiale della Pace, a riflettere sulla situazione del mondo e sulla grande causa della pace. Ciò faccio spinto da una forte convinzione, cioè che la pace è possibile, ma che essa è pure una continua conquista, un bene che va realizzato mediante sforzi incessantemente rinnovati. Ogni generazione avverte in modo nuovo la permanente esigenza della pace, al confronto con i problemi quotidiani della sua esistenza. Sì, è ogni giorno che l’ideale della pace deve essere tradotto in realtà concreta da ciascuno di noi.
Per servire la pace, rispetta la libertà
1. Se oggi io vi presento, quale oggetto della vostre riflessioni, il tema della libertà, lo faccio nella linea tracciata da Papa Giovanni XXIII nella sua enciclica Pacem in Terris, quando egli propose la libertà come uno dei “quattro pilastri, che sostengono l’edificio della pace”. La libertà risponde ad un’aspirazione profonda e molto diffusa nel mondo contemporaneo, come attesta, tra l’altro, l’uso frequente che si fa del termine stesso di “libertà”, anche se esso non è sempre impiegato nello stesso senso dai credenti e dagli atei, dagli scienziati e dagli economisti, da coloro che vivono in una società democratica e da coloro che subiscono un regime totalitario. Ognuno gli conferisce un accento speciale e persino un significato profondamente diverso. Cercando di svolgere il nostro servizio alla pace, è dunque del tutto necessario che comprendiamo qual è la vera libertà, che è insieme radice e frutto della pace.
Condizionamenti attuali, che richiedono un riesame
2. La pace deve realizzarsi nella verità; deve costruirsi sulla giustizia; deve essere animata dall’amore; deve farsi nella libertà (1). Senza un rispetto profondo ed esteso della libertà, la pace sfuggirà all’uomo. Non abbiamo che da guardare attorno a noi per convincercene. Infatti, il panorama che si apre ai nostri occhi in questo inizio degli anni Ottanta, sembra poco rassicurante, anche se tanti uomini e donne, semplici cittadini o dirigenti responsabili, si preoccupano vivamente della pace, e spesso fino all’angoscia. La loro aspirazione non trova la propria attuazione in una pace vera, a motivo dell’assenza o della violazione della libertà, o ancora in ragione del modo ambiguo o erroneo con cui essa è esercitata.
Infatti, quale può essere la libertà delle nazioni, la cui esistenza, le cui aspirazioni e reazioni sono condizionate dal timore anziché dalla mutua fiducia, dall’oppressione anziché dal libero perseguimento del loro bene comune? La libertà è ferita, quando i rapporti tra i popoli sono fondati non sul rispetto dell’eguale dignità di ciascuno, ma sul diritto del più forte, sulla posizione dei blocchi dominanti e su imperialismi militari o politici. La libertà delle nazioni è ferita, quando le nazioni piccole sono costrette ad allinearsi a quelle grandi per veder assicurato il loro diritto all’esistenza autonoma o la loro sopravvivenza. La libertà è ferita, quando il dialogo tra partners uguali non è più possibile a motivo di domini economici o finanziari, esercitati da nazioni privilegiate e forti.
E all’interno di una nazione, sul piano politico, la pace ha forse una reale possibilità di riuscita, quando la libera partecipazione alle decisioni collettive o il libero godimento delle libertà individuali non sono garantiti? Non c’è vera libertà — fondamento della pace — quando tutti i poteri sono concentrati nelle mani di una sola classe sociale, di una sola razza, di un solo gruppo, o quando il bene comune viene confuso con gli interessi di un solo partito che si identifica con lo Stato. Non c’è vera libertà, quando le libertà degli individui sono assorbite da una collettività, “negando ogni trascendenza all’uomo e alla sua storia, personale e collettiva” (2). La vera libertà è pure assente, quando forme diverse di anarchia eretta a teoria conducono a rifiutare o a contestare sistematicamente ogni autorità, giungendo infine ai terrorismi politici o a violenze cieche, sia spontanee che organizzate. Così pure non c’è vera libertà, quando la sicurezza interna è eretta a norma unica e suprema dei rapporti tra l’autorità ed i cittadini, come se essa fosse il solo o il principale mezzo per mantenere la pace. Non si può ignorare, in questo contesto, il problema della repressione sistematica o selettiva — accompagnata da assassinii e torture, da sparizioni e da esilii — di cui sono vittime tante persone, compresi Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici cristiani, impegnati nel servizio del prossimo.
3. Sul piano sociale, è difficile qualificare come veramente liberi gli uomini e le donne che non hanno la garanzia di un impiego onesto e rimunerativo o che, in tanti villaggi rurali, rimangono ancora sottoposti a spiacevoli servitù, ereditate talvolta da un passato di dipendenza o da una mentalità coloniale. Parimenti non v’è libertà sufficiente per quegli uomini e quelle donne che, in conseguenza di un incontrollato sviluppo industriale, urbano o burocratico, si sentono presi in un gigantesco ingranaggio, in un insieme di meccanismi non voluti o non padroneggiati, che non lasciano più lo spazio necessario per uno sviluppo sociale degno dell’uomo. La libertà è, del resto, ridotta più di quanto non appaia in una società che si lascia guidare dal dogma della crescita materiale indefinita, dalla corsa all’avere o dalla corsa agli armamenti. La crisi economica attuale, che raggiunge tutte le società, rischia di provocare, se non è messa a confronto con postulati d’un altro ordine, delle misure che restringeranno ulteriormente lo spazio di libertà, di cui la pace ha bisogno per sbocciare e fiorire.
A livello dello spirito, la libertà può ancora subire manipolazioni di vario genere. Ciò avviene quando i mezzi di comunicazione sociale abusano del loro potere senza preoccuparsi della rigorosa oggettività. Ciò avviene pure quando si ricorre a procedimenti psicologici senza riguardo alla dignità della persona. Per altro verso, la libertà resterà decisamente incompleta, o almeno di difficile esercizio, presso gli uomini, le donne ed i bambini, per i quali l’analfabetismo costituisce una specie di schiavitù quotidiana in una società che suppone la cultura.
Alle soglie dell’anno 1981, dichiarato dalle Nazioni Unite come anno della persona handicappata, è infine opportuno includere in questo quadro i nostri fratelli e sorelle che sono stati colpiti nella loro integrità fisica o spirituale. La nostra società è forse sufficientemente consapevole del suo dovere di fornir loro i mezzi che li abilitino a partecipare più liberamente alla vita in comune, ad aver accesso, in piena dignità, ad uno sviluppo umano corrispondente ai loro diritti di persone ed alle loro possibilità?
Positivi sforzi già avviati e meritevoli realizzazioni
4. Ma, accanto a questi esempi tipici, in cui certi condizionamenti più o meno gravi si oppongono al giusto dispiegamento della libertà (condizionamenti che pur potrebbero essere cambiati), vi è anche un altro aspetto, positivo questa volta, nel quadro del mondo contemporaneo alla ricerca della pace nella libertà. È l’immagine di una folla di uomini e di donne che credono in questo ideale, che si impegnano a mettere la libertà al servizio della pace, a rispettarla, a promuoverla, a rivendicarla e a difenderla, e che sono disposti agli sforzi ed anche ai sacrifici che questo impegno richiede. Io penso a tutti coloro, capi di Stato e di governo, uomini politici, funzionari internazionali e responsabili civili a tutti i livelli, che si sforzano di rendere accessibili a tutti le libertà solennemente proclamate. Il mio pensiero va anche a tutti quegli uomini e donne che sanno che la libertà è indivisibile e che, di conseguenza, non si stancano di individuare, in tutta oggettività, nelle situazioni cangianti, gli attentati alla libertà nell’ambito della vita personale, della famiglia, della cultura, dello sviluppo socio-economico e della vita politica. Penso poi agli uomini ed alle donne di ogni parte del mondo, innamorati di una solidarietà senza frontiere, per i quali è impossibile, in una civiltà divenuta mondiale, isolare le loro proprie libertà da quelle che i loro fratelli e sorelle in altri Continenti si sforzano di conquistare o di salvaguardare. E penso specialmente ai giovani, i quali credono che non si diventa veramente liberi, se non sforzandosi di procurare agli altri la medesima libertà.
Il radicamento della libertà nell’uomo
5. La libertà nella sua essenza è interna all’uomo, connaturale alla persona umana, ed è segno distintivo della sua natura. La libertà della persona trova in effetti il proprio fondamento nella sua dignità trascendente: una dignità che ad essa è stata donata da Dio, suo creatore, e che la orienta verso Dio. L’uomo, in quanto creato ad immagine di Dio (3), è inseparabile dalla libertà, da quella libertà che nessuna forza o costrizione esterna potrà mai sottrarre e che costituisce un suo diritto fondamentale, sia come individuo che come membro della società. L’uomo è libero perché possiede la facoltà di autodeterminarsi in funzione del vero e del bene. Egli è libero perché possiede la facoltà di scegliere, “mosso e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna” (4). Essere libero significa potere e volere scegliere, significa vivere secondo la propria coscienza.
Promuovere uomini liberi in una società libera
6. L’uomo deve, dunque, poter fare le sue scelte in funzione dei valori, ai quali concede la propria adesione; egli si mostrerà in ciò responsabile, ed è compito della società favorire questa libertà, tenendo conto del bene comune.
Il primo di tali valori ed il più fondamentale è sempre la sua relazione con Dio, espressa nelle convinzioni religiose. La libertà religiosa diventa in tal modo la base delle altre libertà. Alla vigilia della riunione di Madrid sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, ho potuto ripetere ciò che non ho smesso di affermare fin dall’inizio del mio ministero: “La libertà di coscienza e di religione … è … un diritto primario e inalienabile della persona; ed anzi, nella misura in cui essa attinge la sfera più intima dello spirito, si può dire persino che essa sostiene la ragion d’essere, intimamente ancorata in ogni persona, delle altre libertà” (5).
Le diverse istanze responsabili nella società devono rendere possibile l’esercizio della vera libertà in tutte le sue manifestazioni. Esse devono cercare di garantire ad ogni uomo e ad ogni donna la possibilità di realizzare pienamente il proprio potenziale umano. Esse devono riconoscere loro uno spazio autonomo, giuridicamente protetto, affinché ogni essere umano possa vivere, da solo o in comunità, secondo le esigenze della sua coscienza. Una tale libertà è, d’altronde, invocata dai più importanti documenti e patti internazionali, quali la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo e le Convenzioni internazionali relative allo stesso argomento, come pure dalla maggior parte delle Costituzioni politiche nazionali. È solo questione di giustizia, perché lo Stato, in quanto portatore del mandato avuto dai cittadini, deve non solamente riconoscere le libertà fondamentali delle persone, ma anche proteggerle e promuoverle. Lo Stato esplicherà questa positiva funzione rispettando la norma del diritto e cercando il bene comune secondo le esigenze della legge morale. Analogamente, i gruppi intermedi, liberamente costituiti, contribuiranno a loro modo alla difesa ed alla promozione delle libertà. Questo nobile compito riguarda tutte le forze vive della società.
7. Ma la libertà non è solamente un diritto che si reclama per sé: è anche un dovere che si assume nei riguardi degli altri. Per servire veramente la causa della pace, la libertà di ogni essere umano e di ogni comunità umana deve rispettare le libertà e i diritti degli altri, individuali o collettivi. In questo rispetto essa trova il suo limite, ma anche la sua logica e la sua dignità, perché l’uomo è per sua natura un essere sociale.
In effetti, certe forme di “libertà” non meritano questo nome, e bisogna vigilare per difendere la libertà contro certe contraffazioni di tipo diverso. Ad esempio, la società dei consumi — questo eccesso di beni non necessari all’uomo — può costituire, in un certo senso, un abuso di libertà, quando la ricerca sempre più insaziabile dei beni non è sottoposta alla legge della giustizia e dell’amore sociale. Un tale esercizio del consumismo provoca di fatto una limitazione dell’altrui libertà, ed anche nella prospettiva della solidarietà internazionale lede intere società, che non possono disporre del minimo necessario per i propri bisogni essenziali. L’esistenza nel mondo di zone di povertà assoluta, l’esistenza della fame e della denutrizione non possono non porre un pressante interrogativo ai Paesi che si sono sviluppati liberamente, senza tener conto di quelli che non possedevano neppure il minimo e forse, talvolta, a loro spese. Si potrebbe anche affermare che all’interno dei Paesi ricchi, la ricerca incontrollata dei beni materiali e di ogni tipo di comodità offre solo in apparenza maggiore libertà a coloro che ne beneficiano, perché essa propone come valore umano fondamentale il possesso delle cose, invece di considerare un certo benessere materiale come condizione e mezzo per un pieno sviluppo dei talenti dell’uomo, in collaborazione ed in armonia con i propri simili.
Allo stesso modo, una società costruita su una base puramente materialista nega all’uomo la libertà, quando sottomette le libertà individuali alle leggi economiche, quando reprime la creatività spirituale dell’uomo in nome di una falsa armonia ideologica, quando rifiuta agli uomini l’esercizio del diritto di associazione, quando riduce praticamente a nulla la possibilità di partecipare alla vita pubblica o in questo campo agisce in modo tale che l’individualismo e l’assenteismo, civico o sociale, finiscono col divenire un comportamento generale.
Infine, la vera libertà non è promossa nemmeno nella società permissiva, la quale confonde la libertà con la licenza di fare qualunque scelta e proclama, in nome della libertà, una specie di amoralismo generale. Pretendere che l’uomo sia libero di organizzare la sua esistenza senza riferimento ai valori morali e che la società non abbia il compito di garantire la protezione e la promozione dei valori etici, significa proporre una caricatura della libertà. Un tale atteggiamento comporta la distruzione della libertà e della pace. Vi sono molti esempi di tale concezione errata della libertà, come l’eliminazione della vita umana mediante l’aborto accettato o legalizzato.
Promuovere popoli liberi in un mondo libero
8. Il rispetto della libertà dei popoli e delle nazioni è una parte integrante della pace. Le guerre non hanno cessato di scoppiare, e la distruzione ha colpito popoli e culture intere, perché non era stata rispettata la sovranità di un popolo o di una nazione. Tutti i Continenti sono stati testimoni ed insieme vittime di guerre e di lotte fratricide, causate dal tentativo di una nazione di limitare l’autonomia di un’altra. Ci si può perfino domandare se la guerra non rischi di diventare — o di rimanere — un dato normale della nostra civiltà, con dei conflitti armati “limitati”, che si trascinano per le lunghe, senza che l’opinione pubblica si allarmi, o con l’avvicendarsi di guerre civili. Le cause dirette o indirette sono molteplici e complesse: l’espansionismo territoriale, l’imperialismo ideologico, per il cui trionfo si ammucchiano armi di distruzione totale, lo sfruttamento economico da perpetrare, l’ossessione della sicurezza nazionale, le differenze etniche utilizzate dai mercanti di armi, e molti altri motivi ancora. Quale che ne sia la ragione, queste guerre contengono elementi d’ingiustizia, di disprezzo o di odio, e di violazione della libertà. Questo ho sottolineato, lo scorso anno, dinanzi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: “Lo spirito di guerra, nel suo primitivo e fondamentale significato, spunta e matura laddove gli inalienabili diritti dell’uomo vengono violati. Questa è una nuova visuale, profondamente attuale, più profonda e più radicale, della causa della pace. È una visuale che vede la genesi della guerra e, in certo senso, la sua sostanza nelle forme più complesse che derivano dall’ingiustizia, considerata sotto tutti gli aspetti, la quale prima attenta ai diritti dell’uomo, rompendo così l’organicità dell’ordine sociale, e si ripercuote in seguito su tutto il sistema dei rapporti internazionali” (6).
9. Senza la volontà di rispettare la libertà di ogni popolo, di ogni nazione o cultura, e senza un consenso globale a questo riguardo, sarà difficile creare le condizioni della pace. È necessario, pertanto, avere il coraggio di ben considerarle. Ciò suppone da parte di ciascuna nazione e dei suoi governanti, un impegno cosciente e pubblico a rinunciare alle rivendicazioni ed ai disegni che siano pregiudizievoli per altre nazioni; in altre parole, ciò comporta il rifiuto di sottoscrivere qualunque dottrina di predominio nazionale o culturale. Occorre, altresì, la volontà di rispettare gli “itinerari” interni delle altre nazioni, riconoscere la loro personalità in seno alla famiglia umana, ed esser pronti quindi a rimettere in causa ed a correggere qualunque politica che, nel campo economico, sociale e culturale, costituisca di fatto un’ingerenza o uno sfruttamento. In questo contesto, vorrei particolarmente insistere perché la comunità delle nazioni s’impegni maggiormente nell’aiutare le nazioni giovani o ancora in via di sviluppo a raggiungere la piena capacità di disporre delle proprie ricchezze e l’autosufficienza in materia alimentare e per i bisogni vitali essenziali. Io raccomando vivamente ai Paesi ricchi di orientare la loro preoccupazione ed il loro aiuto, prima di tutto, ad eliminare attivamente l’estrema povertà.
La messa a punto di strumenti giuridici ha la sua importanza nel miglioramento dei rapporti tra le nazioni. Perché sia rispettata la libertà, occorre anche contribuire alla codificazione progressiva delle concrete conseguenze che derivano dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo. In tale rispetto dell’identità dei popoli, vorrei includere in particolare il diritto per ciascun popolo di vedere rispettate le proprie tradizioni religiose sia al suo interno che dalle altre nazioni, nonché il diritto di partecipare a libere relazioni in campo religioso, culturale, scientifico ed educativo.
In un clima di fiducia e di responsabilità
10. La migliore garanzia della libertà e della sua effettiva realizzazione poggia sulla responsabilità delle persone e dei popoli, sugli sforzi che ciascuno compie al proprio livello, nel suo ambiente immediato, sul piano nazionale ed internazionale. Perché la libertà non è un regalo: essa dev’essere incessantemente conquistata. Essa cammina di pari passo col senso della responsabilità, che grava su ciascuno. Non si possono rendere liberi gli uomini, senza renderli al tempo stesso più coscienti delle esigenze del bene comune e più responsabili.
Per tutto ciò, è necessario far sorgere e consolidare un clima di mutua fiducia, senza il quale la libertà non può dispiegarsi. È evidente per tutti che ciò costituisce la condizione indispensabile della vera pace e la sua prima espressione. Ma, come la libertà e come la pace, questa fiducia non è un regalo: essa deve essere acquistata, essa deve essere meritata. Quando un individuo non assume la sua responsabilità per il bene comune, quando una nazione non si sente corresponsabile della sorte del mondo, la fiducia è compromessa. A maggior ragione ciò vale quando si strumentalizzano gli altri per i propri fini egoistici, o semplicemente se ci si abbandona a manovre dirette a far prevalere i propri interessi sugli interessi legittimi degli altri. Solo la fiducia, meritata mediante azioni concrete in favore del bene comune, renderà possibile, tra le persone e le nazioni, il rispetto della libertà che è un servizio della pace.
La libertà dei figli di Dio
11. Al momento di concludere, mi permetterete di rivolgermi in maniera speciale a coloro che sono a me uniti nella fede di Cristo. L’uomo non può essere autenticamente libero, né promuovere la vera libertà, se non riconosce e non vive la trascendenza del suo essere sul mondo e la sua relazione con Dio, perché la libertà è sempre quella dell’uomo creato ad immagine del suo Creatore. Il cristiano trova nel Vangelo l’appoggio e l’approfondimento di questa convinzione. Cristo, redentore dell’uomo, rende liberi. L’apostolo Giovanni scrive: “Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero” (7). E l’apostolo Paolo aggiunge: “Dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (8). Essere liberati dall’ingiustizia, dalla paura, dall’oppressione, dalla sofferenza non servirebbe a nulla, se si rimanesse schiavi nel profondo del cuore, cioè schiavi del peccato. Per essere veramente libero, l’uomo deve essere liberato da questa schiavitù e trasformato in una creatura nuova. La libertà radicale dell’uomo si colloca così su un piano più profondo: quello dell’apertura verso Dio mediante la conversione del cuore, perché è nel cuore dell’uomo che affondano le radici di ogni assoggettamento e di ogni violazione della libertà. Finalmente, per il cristiano la libertà non deriva dall’uomo stesso: essa si manifesta nell’obbedienza alla volontà di Dio e nella fedeltà al suo amore. È allora che il discepolo di Cristo trova la forza di lottare per la libertà in questo mondo. Di fronte alle difficoltà di un tale impegno, egli non si lascerà trascinare all’inerzia né allo scoraggiamento, perché ripone la sua speranza in Dio, il quale sostiene e fa fruttificare ciò che si compie secondo il suo Spirito.
La libertà è la misura della maturità di un uomo e di una nazione. Per questo, non posso terminare il presente messaggio senza rinnovare l’appello pressante, che vi ho rivolto all’inizio: come la pace, la libertà è uno sforzo da ripetere senza posa per donare all’uomo la sua piena umanità. Non aspettiamo la pace dall’equilibrio del terrore. Non accettiamo la violenza come via alla pace. Cominciamo, piuttosto, col rispettare la vera libertà: la pace, che ne risulterà, sarà tale da soddisfare l’attesa del mondo, perché essa sarà fatta di giustizia e sarà fondata sull’incomparabile dignità dell’uomo libero.
Dal Vaticano, 8 dicembre 1980.
Note:
(1) Cfr. Ioannis XXIII, Pacem in Terris.
(2) Pauli VI Octogesima adveniens, 26.
(3) Cfr. Gen. 1, 27.
(4) Gaudium et Spes, 17.
(5) La libertà religiosa e l’atto finale di Helsinki, 5: cfr. L’Osservatore Romano, die 15 nov. 1980.
(6) Ioannis Pauli PP. II Allocutio ad Nationum Unitarum Legatos, 11, die 2 oct. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 (1979) 530.
(7) Io. 8, 36.
(8) 2 Cor. 3, 17.