Pace, giustizia, verità, e un po’ di coraggio di fronte al conflitto russo-ucraino. Il sostegno a un popolo aggredito che continua a soffrire nell’indifferenza di molti
di Marco Invernizzi
Proviamo a riavvolgere il nastro. Nel febbraio 2022, quasi quattro anni fa, l’esercito della Federazione Russa invadeva l’Ucraina. Il 25 marzo del mese successivo Papa Francesco consacrava Russia e Ucraina al Cuore immacolato di Maria, chiedendo la fine della guerra. L’iniziativa pontificia era importante, nello spirito del messaggio di Fatima, che nel 1917 aveva annunciato la diffusione del comunismo, la persecuzione della Chiesa, la conversione della Russia e richiesto la consacrazione della Russia e del mondo, la conversione degli uomini, affinché potesse venire un tempo di pace. Era chiaro, leggendo il Messaggio di Fatima, che si apriva per il mondo un tempo di grande sofferenza, che non si è concluso nel 1989, con l’abbattimento del Muro di Berlino e con la fine dell’Unione sovietica due anni dopo, nel 1991. Nel mondo, infatti, continua una lotta fra la Chiesa e i diversi nemici dell’uomo, fra chi vuole la pace e la giustizia e chi vuole il proprio potere.
Soprattutto dopo la fine dei due blocchi contrapposti nella Guerra fredda, era difficile distinguere il bene dal male, la giustizia dalla volontà di sopraffazione. E tuttavia, l’equidistanza di fronte a una guerra come quella segnata dall’invasione russa del 2022, dove era fin dall’inizio evidente che vi era un aggressore e un aggredito, sembrava un tradimento vero e proprio nei confronti di chi aveva subito l’aggressione.
Così è andata, l’esercito invasore è arrivato fino a Kiev, dove però ha perso la battaglia per il controllo dell’aeroporto e, dopo quella sconfitta, è stato costretto a ritirarsi fino in Donbass grazie alla reazione dell’esercito e alla resistenza del popolo ucraino, che abbiamo potuto osservare attraverso tutti i media.
Alleanza Cattolica comprese l’importanza di quanto stava accadendo alla luce di Fatima e proprio nell’aprile del 2022 pubblicò tutti i documenti fino a oggi usciti su Fatima, con una premessa firmata dal Capitolo nazionale che prendeva chiaramente posizione a sostegno del popolo ucraino. Da allora sono trascorsi quasi quattro anni, la guerra è costata, sembra, un milione di morti all’esercito aggressore e centinaia di migliaia di soldati ucraini, la cui eroica resistenza non è tuttavia bastata a salvare i tanti civili uccisi dai bombardamenti russi che ogni notte colpiscono case, ospedali, infrastrutture, lasciando al gelo e al buio milioni di persone.
L’Ucraina ha resistito e ha respinto l’invasione, perdendo soltanto il controllo del Donbass e neppure del tutto. La Federazione Russa pensava in una facile conquista del territorio almeno fino alla capitale, ma ha dovuto ricredersi di fronte alla resistenza popolare e dell’esercito. Lo stesso presidente Zelensky ha rifiutato la proposta americana di andare a guidare il governo in esilio, probabilmente in Polonia, e ha scelto di rimanere a combattere a fianco del popolo.
Questo sforzo credo non sia stato percepito in tutta la sua grandezza in Europa, tanto meno negli Stati Uniti.
Come mai è avvenuto questo? Lasciamo stare chi simpatizza per Putin per ragioni ideologiche. Lasciamo stare chi non si occupa mai di quanto accade fuori dalla propria casa. Ma tanti, anche bene orientati, non hanno capito la posta in gioco.
L’Ucraina è stata invasa perché voleva sottrarsi all’influenza di Mosca ed entrare nell’Unione Europea. Molti in Occidente scelgono di dire che sarebbe stato meglio se gli ucraini avessero ceduto, che comunque dovrebbero arrendersi, che la Russia è stata provocata, che la Nato non va bene perché difende gli interessi americani, che il riarmo europeo di fronte alla minaccia russa è contrario al bene comune, quasi che le spese per la Difesa non dovessero riguardare il bilancio del proprio Stato. Ho sentito dire che è moralmente sbagliato aiutare gli ucraini perché questo diminuisce il nostro benessere e altre affermazioni di questo genere, anche da parte di persone che dovrebbero comunque avere una minima idea di cosa sia la carità verso il prossimo in difficoltà. “Ucraini arrendetevi, non disturbate il nostro benessere”, sembra essere il giro mentale ricorrente.
Come mai avviene tutto questo?
Io credo che dobbiamo partire dal presupposto che la guerra è già in corso e che una delle sue principali caratteristiche è di essere una guerra ibrida, basata sulla disinformazione, sulla demoralizzazione del nemico, come ha spiegato molto opportunamente il ministro della Difesa italiana Guido Crosetto in un non paper, cioè un documento che spiega che cosa significhi essere nel mezzo di una guerra ibrida.
Queste affermazioni sono infatti troppo ricorrenti, troppo simili e condivise perché non abbiano una origine comune e così manifestano l’intenzione di portare il nostro popolo a simpatizzare, o almeno a provare indifferenza, nei confronti della Russia e della sua guerra di aggressione.
E’ del resto singolare che non ci siano manifestazioni, petizioni, campagne pubbliche a sostegno dell’Ucraina, nonostante il governo italiano abbia preso posizione con fermezza e trasparenza a favore del popolo aggredito. E’ anche evidente che fra le stesse forze politiche governative formalmente a sostegno dell’Ucraina ci sono incertezze, mancanza di determinazione e convinzione, incomprensione della gravità del momento storico, quando non vere e proprie posizioni filo-russe.
L’esempio più eclatante riguarda il caso dei ventimila bambini rapiti dai russi nelle zone dell’Ucraina occupate in questi quattro anni. La stampa ha una grande responsabilità, perché dedica paginate sulla “famiglia nel bosco”, suscitando un dibattito prima ancora di conoscerne i termini, mentre poco o nulla emerge su un fatto così grave e terribile come il rapimento dalle rispettive famiglie di migliaia di bambini che vengono rieducati in Russia, un fatto per il quale si sono mossi il Papa e il presidente dei vescovi italiani, card. Zuppi, ma che non turba più di tanto gli italiani in generale.
Che cosa si può fare? Prendere atto anzitutto che la guerra c’è già, anche se non quella drammatica che si sta combattendo in Donbass, ma quella ibrida, fatta di propaganda, di informazione, nella quale tutti sono coinvolti e protagonisti, anche ciascuno di noi.
Non è giusto chiamarsi fuori, non interessarsi, non prendere posizione. Semplicemente, non è umano e tantomeno cristiano questo atteggiamento di ipocrita neutralità, che usa la pace contro la giustizia e la verità. La Chiesa, come disse nel 2003 l’arcivescovo Renato Martino, rappresentante della Santa Sede all’ONU, «non è pacifista ma pacificatrice», cioè vuole e cerca la pace, ma non rinuncia a dire la verità, perché soltanto la verità può portare alla pace. E la verità è che «attaccare le strutture civili in Ucraina è un oltraggio a Dio», come ha detto il cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano, nell’omelia del 20 novembre ricordando le vittime dell’Holodomor, il massacro dei contadini ucraini perpetrato dai sovietici negli Anni Trenta del secolo scorso.
Lunedì, primo dicembre 2025
