Giovanni Cantoni, Cristianità n. 105 (1984)
Pro Augusto (Pinochet) Apologia del «golpe» «inedita» e sorprendente
Santiago del Cile, 9 ottobre 1973. Un significativo esponente del mondo politico partitico della nazione andina conversa con l’inviato speciale di un quotato giornale europeo. Il tema della intervista è, evidentemente, il recentissime golpe, e il colloquio verte sulle sue cause e sulla sua possibile interpretazione.
«La gente non immagina, in Europa – esordisce l’uomo politico -, che questo paese è distrutto. Non sanno che cosa è successo. I mezzi di informazione o hanno taciuto quanto stava accadendo dal 1970, quando Salvador Allende, rompendo tutte le sue promesse, e allontanandosi dalla legalità, inizia un’opera di distruzione sistematica della nazione, oppure hanno dato al mondo notizie false, perché erano, forse, senza saperlo, complici di questa menzogna enorme: e cioè che era in corso uno straordinario esperimento politico, consistente nella instaurazione del marxismo attraverso metodi legali, costituzionali, civili. E questo non è stato vero, e non è vero. E il mondo intero ha contribuito alla distruzione di questo paese, che oggi non ha altra via di uscita verso la salvezza che il governo dei militari».
L’«esercito parallelo» era più armato di quello regolare
Infatti «Juan de Dios Carmona […] ha fatto approvare dal consiglio dei ministri la legge sul controllo delle armi, grazie alla quale i militari, prima dell’11 settembre, hanno potuto legalmente sequestrare enormi depositi di armi. Il marxismo, mentre Salvador Allende ne era a conoscenza e con la sua approvazione, e forse su istigazione di Salvador Allende, aveva introdotto in Cile innumerevoli arsenali, che venivano custoditi in case di abitazione, in uffici, in fabbriche, in magazzini. Il mondo non sa che il marxismo cileno disponeva di un armamento superiore in numero e in qualità a quello dell’esercito; un armamento per più di trentamila uomini, e l’esercito cileno non supera normalmente questa cifra. I militari hanno salvato il Cile e tutti noi; le nostre vite non sono certamente così importanti come quella del Cile, ma sono vite umane, molte, tutte minacciate senza possibilità di dilazione. E non posso dire che siamo già in salvo, dal momento che […] le forze armate continuano a scoprire ridotti e arsenali. La guerra civile era perfettamente preparata dai marxisti. E questo è quanto il mondo ignora oppure non vuole sapere».
Trappole «incostituzionali» messe in opera da Allende
Inoltre, «si deve sottolineare la partecipazione degli studenti di tutti gli ordini di scuole allo spettacolare moto di sollevazione della società cilena contro il governo marxistico. I militari sono stati chiamati, e hanno adempiuto a un obbligo legale, perchè il potere esecutivo e quello giudiziario, il parlamento e la corte suprema avevano denunciato pubblicamente il fatto che la presidenza e il suo regime violavano la costituzione, gli accordi votati in parlamento e le sentenze emesse da giudici assolutamente estranei alla politica. Allende ha finito per instaurare il comunismo con mezzi violenti, non democratici, e quando la democrazia, ingannata, si è resa conto dell’ampiezza della trappola, era ormai tardi. Ormai le masse di guerriglieri erano armate e lo sterminio dei capi dell’esercito era ben preparato. Allende era un uomo politico abile e nascondeva la trappola. Però […] non si possono ingannare sempre tutti. Le armi requisite grazie alla legge Carmona hanno provato che la guerra civile veniva preparata a partire dalla presidenza della Repubblica. Sfidando con arroganza tutti i poteri costituzionali, il presidente ha dovuto riconoscere la propria “incostituzionalità”. Il paese riceveva armi per l’«esercito parallelo», ed erano armi russe. Oggi dicono in giro che si tratta delle armi dell’esercito regolare fotografate in questo o in quel luogo. Ma quando mai il Cile ha avuto armi russe?».
Il diritto alla rivolta
«Perché si è mentito nel mondo? Perchè in Europa, dove non conoscevano Salvador Allende e non erano al corrente dei nostri drammi – che sono molti – si idealizza un uomo frivolo, più frivolo politicamente che moralmente, come Allende? So che Allende era intelligente, oratore facile e superficiale, di tratto simpatico, spiritoso, politico nel senso di politicante. Ma Allende non era né un ideologo né uno statista. Cercava il modo per giungere alla vetta del potere, ma è successo anche che il potere lo ha abbagliato, e ha gonfiato la sua arroganza congenita, ed egli è dovuto venire a patti con i suoi nemici politici, cioè con i suoi compagni marxisti, e forse arrendersi a loro […]».
Perciò, «quando un governo rifiuta di rispettare le leggi della società, non presta attenzione agli avvertimenti del collegio degli avvocati, insulta e disubbidisce al tribunale supremo, disprezza la immensa maggioranza del parlamento, provoca il caos economico, arresta e uccide gli operai che si dichiarano in sciopero, travolge le libertà individuali e politiche, “impoverisce” il mercato per consegnare i prodotti alimentari e di ogni genere ai monopolisti marxisti del mercato nero; quando un governo si comporta così, quando in un paese si producono condizioni come non si sono mai prodotte come in Cile così chiare e numerose nella storia del mondo, il diritto alla rivolta diventa dovere. Si tratta di un diritto giuridico proclamato da tutti i trattatisti e da tutti gli storici, come padre Mariana in Spagna».
La spaventosa crescita dei prezzi
Infatti, il governo «seguiva coscientemente una politica che conduceva al caos e alla follia collettiva. […] [Quindi] le forze militari hanno salvato realmente il paese dal suo totale annientamento. […] Nessuno desidera farsi operare di un cancro, ma viene il momento in cui ci si deve fare operare del cancro. I nostri chirurghi sono le forze armate, e il popolo ha sollecitato il loro intervento insistentemente, a gran voce e coraggiosamente».
Mercato nero «statalizzato»
Ancora: «La inflazione ufficiale era di un 300 per cento, cifra fornita da loro, cifra degli istituti universitari. In realtà, la inflazione è stata del 600 per cento. È mai successo qualcosa di simile in qualche paese del mondo? Nel novembre 1970, con 150 scudi si comprava un paio di scarpe. Nell’agosto 1973 costava 3 mila scudi. Un pollo, che valeva 80 scudi, è arrivato a costare, in questo 1973, 1.500 scudi, ed era difficile trovarlo. Dove andavano a finire gli utili? Al mercato nero ufficiale.
«Tutto era “statalizzato”, le banche, le industrie, le miniere, l’agricoltura, e pensavano di “statalizzare” i chioschi dei giornali per impedire che circolassero quelli “non marxisti”. Il commercio era nelle loro mani. Mentre si creava un “esercito clandestino e parallelo”, si organizzava il mercato nero, nelle mani della burocrazia marxistica e degli operai. I prodotti avevano un prezzo inferiore al loro costo, ma si vendevano al mercato nero a un prezzo cinque o anche dieci volte superiore. Un televisore – che non si trovava nei negozi – aveva, prima dell’avvento dei marxisti, un prezzo di 120 scudi, per esempio, o di 150. Al mercato nero di creazione marxistica andava al prezzo di 40 oppure di 60 scudi. Il fortunato compratore, lo vendeva poi, per esempio, a mille scudi. Si facevano grandi affari. Se il marito guadagnava seimila oppure novemila scudi al mese, la moglie, al mercato nero, guadagnava due o tre milioni di scudi. Questa è la ragione per cui devono inevitabilmente salire i prezzi, come è salita la quotazione dello scudo, che oggi è a 280 per dollaro per la importazione e per la esportazione – prima il cambio era a 20 – e di 850 per il turismo […]».
Riforma agraria confiscatoria e crollo della produzione
Nel mondo agricolo «vi sono state nazionalizzazioni. Gruppi di guerriglieri armati andavano nelle campagne e si impadronivano, in nome dello Stato, con la violenza, della terra che volevano. La portavano via al proprietario e la lasciavano incolta. […] Unidad Popular non ha rispettato la legge. Ha calpestato i contadini. Si è impadronita con la forza delle armi della piccola e della media proprietà. Il suo obiettivo […] [consisteva] nel costituire fattorie statali collettivizzate. La resistenza dei contadini inermi si è manifestata nel disertare in massa le elezioni legislative. […] Tutta la produzione è calata. L’olio, da ottocento a quattrocento quintali, e lo zucchero, e le patate e le miniere. La capacità produttiva del rame è di novecentomila tonnellate. Unidad Popular ha promesso di giungere a ottocentoventimila. Non è giunta neppure a cinquecentomila tonnellate. Il ferro, da quattordici milioni è sceso a otto milioni e mezzo. Temo che la sistemazione dei prezzi sarà lenta e dolorosa, ma inevitabile. Non avevamo niente da mangiare. Non vi erano pezzi di ricambio per le macchine. Imperava la violenza. Si tentava di distruggere il paese e di montare con i resti un programma leninistico che avrebbe previamente annientato il nemico, o quello che fosse considerato tale, e le forze armate.
La «via democratica al comunismo»: una pratica di volgare illusionismo
«La gente in Europa non immagina che cosa fosse questo. Vivono ottenebrati dalla grande menzogna dell’esperimento della democrazia verso il comunismo. Ma questo non è possibile. È una contraddizione in termini, una antinomia. Anche Allende, che non era un ideologo, bensì un manovriero, sapeva che non era possibile, e perciò si serviva di volgari pratiche “illusionistiche” … È preoccupante che in Europa non se ne rendano conto. Questo paese è distrutto. Ha bisogno di essere preso in seria considerazione. Abbiamo bisogno che prevalga la verità con documenti inconfutabili, con il rendere di dominio pubblico fatti vergognosi. Oggi, oggi questo paese è distrutto. Spero che anche la Spagna lo capisca. Per me è difficile valutare se ho detto troppo».
Se l’uomo politico cileno, di cui ho trascritto pressoché completamente le dichiarazioni, abbia detto troppo oppure poco, mi pare questione non fondamentale.
Certamente importante è, invece, sapere che si tratta di Eduardo Frei Montalva a colloquio con Luis Calvo, inviato speciale di ABC, il noto quotidiano madrileno (1). Sì, le proposizioni riportate – una autentica apologia democristiana del generale Augusto Pinochet Ugarte – sono proprio del «Kerensky cileno», dell’uomo politico democristiano che ha preparato, da presidente della Repubblica, e che ha favorito, da leader del suo partito, l’avvento al potere in Cile di Salvador Allende Gossen (2).
Quanto alle interpretazioni del sorprendente documento, mi si presenta una ridda di ipotesi che possono costringere a definire il leader scomparso di volta in volta, per esempio, come «venduto», o «democristianamente machiavellico» oppure «antemarcia del pentitismo». Dal mio punto di vista, però, basta e avanza che le dichiarazioni siano state rilasciate e costituiscano ennesima conferma, e insospettabile, delle condizioni del Cile sotto il governo socialcomunistico. Non è forse questa la ragione più verosimile per cui, a suo tempo, non hanno avuto eco alcuna (3)?
Infine, per chi, dalla lettura del documento, tentasse «parzialmente» – cioè «partiticamente» – di ricavare un giudizio positivo sul democristianismo – che, «in qualche suo esponente, si saprebbe talora risvegliare dalle sue illusioni» -, trascrivo, a conclusione, una proposizione della intervista che avevo omesso: a un certo punto, Eduardo Frei polemizza con la politica agraria del governo Allende, e la denuncia perché «il suo obiettivo non era di fare una agricoltura secondo il modello jugoslavo oppure polacco»! Come si vede, anche il democristiano, come il lupo, «perde il pelo, ma non il vizio»!
Giovanni Cantoni
Note:
(1) Cfr. Los militares han salvado a Chile. Habla Eduardo Frei en exclusiva mundial para ABC, intervista a cura di Luis Calvo, in ABC, 10-10-1973, pp. 33-35.
(2) Cfr. FABIO VIDIGAL XAVIER DA SILVEIRA, Frei, il Kerensky cileno, trad. it., Cristianità, Piacenza 1973.
(3) Cfr. SUZANNE LABIN, Chili. Le crime de résister, Nouvelles Editions Debresse, Parigi 1980; e JEAN G. H. HOFFMANN, Le Chili: résistance exemplaire d’un peuple contre la révolution marxiste, in L’Impact Suisse, n. 183, novembre 1983, pp. 26-32. Di passaggio, e in nota, mi chiedo come mai la intervista non sia stata utilizzata dai «golpisti» per un’opera di contro-informazione: incapacità propagandistica, o peggio, rispetto delle «parti»? Per una lettura «maliziosa» del golpe cileno rimando al mio Un «golpe» salva il mito della «via cilena»?, in Cristianità, anno I, n. 1, settembre-ottobre 1973, ora in La «lezione italiana», Cristianità, Piacenza 1980, pp. 21-26.