La proposta di un breve itinerario composto da quattro frasi e due parole per rimanere nello spirito degli Esercizi Spirituali quando, dopo averli fatti, si ritorna a casa.
di Massimo Martinucci
Ho fatto per la prima volta gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio — con il metodo dei cinque giorni ideato da padre Francisco de Paula Vallet (1883-1947) — negli anni Settanta, poco più che ventenne, e quando ho pronunciato le parole della cosiddetta “offerta” «Io Massimo mi offro di combattere per Cristo Re e Maria Regina fino alla morte» ho ritenuto ovvio nel mio ardore giovanile che quel “fino alla morte” significasse qualcosa come “fino all’effusione del sangue”, “fino al martirio”.
«Dove si combatte per Cristo Re e Maria Regina? Ditemelo, che ci vado subito…»…Poi sono passati gli anni, si facevano conferenze contro il divorzio e l’aborto, si giravano le parrocchie per fare incontri sul messaggio della Madonna a Fatima… e di “effusione del sangue” …non se ne parlava proprio! Pian piano con gli anni quel “fino alla morte” ha assunto un significato più quieto, più tranquillo ma ugualmente determinato: e, semplicemente, “fino alla morte” ora significa per me “fino al termine della mia vita”.
L’offerta di se stessi che si compie alla fine di ogni turno non è un voto da mantenere sotto pena di peccato, ma è pur sempre qualcosa di impegnativo: ci sprona niente meno che a combattere per Cristo Re e Maria Regina! Certamente, ognuno secondo il suo stato — noi laici sopra la nostra barricata, i religiosi nella loro trincea — e ognuno secondo la propria vocazione.
Ma non è facile mantenere l’entusiasmo che si ha quando si esce dagli Esercizi e si ritorna nella vita di tutti i giorni: possono aiutare quattro frasi e due parole, che ho scelto perché mi sembra formino un itinerario logico utile a rafforzare i propositi nella “vita-fuori-dagli-Esercizi” e che vi propongo in forma estremamente sintetica.
La prima frase è tratta dal Radiomessaggio di Pentecoste del 1941 di papa Pio XII (1876-1939-1958). Quasi letteralmente suona così: «Dalla forma data alla società dipende molto della salvezza delle anime». Cioè: la nostra salvezza eterna è facilitata oppure ostacolata dall’assetto della società. Ne deriva immediatamente che, se da laici vogliamo aiutare il nostro prossimo ad andare il Paradiso dobbiamo collaborare alla costruzione di «una società a misura di uomo e secondo il piano di Dio» (san Giovanni Paolo II). In che modo? Con quali criteri? Sempre san Giovanni Paolo II ci insegna che «non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono».
Non è facile, e nella scelta di questi criteri ci sono dei pericoli. Ci viene in aiuto il cardinale Carlo Caffarra, che ho avuto l’onore di vedere spesso quando era arcivescovo di Ferrara. In occasione di un incontro privato mi disse: «Vedi, i più grandi disastri nella Storia li ha combinati chi ha preteso di stabilire la giustizia sulla Terra, mentre (e si riferiva sia ai governanti come anche alla gente comune) il nostro compito non è quello di stabilire la giustizia sulla Terra, ma quello di agire sempre con giustizia». Illuminante, no?
Queste le quattro frasi che disegnano un itinerario. Ora le due parole. La prima è suggerita da Marco Invernizzi nel suo video di lunedì 24 agosto 2020, “fervore”, perché il nostro compito di laici cattolici può essere svolto solo con un grande entusiasmo.
L’altra parola che vi consegno è un avverbio che Giovanni Cantoni usava molto spesso in ogni discorso che ci teneva durante i ritiri: la pronunciava almeno quattro o cinque volte ad ogni intervento, trasmettendoci la necessità di essere fedeli, costanti, perseveranti, sempre concentrati. La parola è “ininterrottamente” .Bene. Siamo disposti a combattere per Cristo Re e Maria Regina? per la costruzione di una società a misura di uomo e secondo il piano di Dio? fino alla morte? con fervore? ininterrottamente?
Martedì, 29 dicembre 2020