Dimenticare Dio ha conseguenze personali ma anche sociali, come dimostra il XX secolo con le sue guerre e gli stermini causati da ideologie totalitarie, che nel tentativo di ricreare un mondo senza Dio hanno finito con il creare un mondo contro l’uomo
di Aurelio Carloni
Leggete e soprattutto rileggete, diceva spesso Giovanni Cantoni – il fondatore di Alleanza Cattolica – ai militanti dell’Associazione.
Una raccomandazione che continua a dare senso e armi all’apostolato di chi combatte per la «società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio», che san Giovanni Paolo II indicò a tutti gli uomini di buona volontà come un obiettivo possibile.
Con questo spirito rileggere i discorsi e le opere di Alexksàndr Solženicyn a distanza di decenni offre ancora spunti e riflessioni di straordinaria attualità sulla fine della civiltà occidentale e cristiana.
Tanto più oggi, 11 dicembre, giorno che nel 1918 vide la sua nascita in Russia, terra nella quale visse e patì, insieme a tanti altri, la persecuzione del regime social comunista, con una esperienza che descrisse in tutta la sua tragicità nel suo capolavoro Arcipelago Gulag.
Fu espulso nel 1974 – quattro anni dopo essere stato insignito del premio Nobel per la letteratura – per essere accolto poco dopo negli Stati Uniti, Paese in cui rimase fino al 1994, anno nel quale rientrò in patria, dove morì nel 2008.
«La gente ha dimenticato Dio, tutto quel che avviene ne è la conseguenza»: sono le parole intorno alle quali lo scrittore russo costruisce il suo discorso sulla crisi del mondo cristiano, tenuto nel 1983 in occasione del conferimento del premio Templeton, istituito dall’omonima fondazione per «il progresso nello sviluppo della religione». È da questa dimenticanza che nasce il ventesimo secolo, il secolo della menzogna e della morte.
Una lontananza che, sotto la pressione culturale e militare dei regimi totalitari socialcomunisti, ha spinto l’Occidente a rinnegare le verità naturali e le proprie radici. Ora che quel mondo, negli anni ottanta residuale, è definitivamente morto, conquistato dal relativismo e dal nichilismo, ci si potrebbe lasciare avvolgere e stravolgere dalla disperazione. Ma è lo stesso Solženicyn a offrirci risposte contro questa tentazione.
Lo fa con la sua vita vissuta interamente a combattere il totalitarismo comunista, allora dominante, e con la sua esortazione finale, in quello stesso discorso: «Alle frettolose e superficiali credenze dei due ultimi secoli che ci hanno condotto al nulla e sull’orlo di una morte atomica e non atomica, noi possiamo contrapporre unicamente la ricerca ostinata della calda mano di Dio che abbiamo respinto con tanta leggerezza e tanta presunzione».
Leggiamo e rileggiamo queste parole per cercare e trovare quella “calda mano”. Solo così potremo ricostruire e ridare senso alla vita degli uomini e delle società.
Sabato, 11 dicembre 2021