di Francesco Pappalardo
1. La scelta degli “ultimi”
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori nasce a Marianella di Napoli il 27 settembre 1696, da nobile famiglia napoletana, iscritta al Sedile o circoscrizione di Portanuova, primo di otto figli.
Immatricolato all’università di Napoli all’età di soli dodici anni, dopo aver sostenuto un esame di retorica con il filosofo e storico Giambattista Vico (1668-1744), consegue il dottorato in utroque iure, cioè in diritto civile e in diritto canonico, il 21 gennaio 1713, con largo anticipo rispetto all’età consueta. Dopo due anni di apprendistato inizia l’attività forense, che svolge con onestà e rispetto della verità, superando i pericoli morali che vi erano connessi e diventando presto uno dei più rinomati giureconsulti della capitale, tanto da non perdere mai un processo per otto anni. Si dedica anche alle opere di misericordia e, nel 1715, si aggrega alla Pia Unione dei Dottori, assumendosi il compito di visitare e di assistere i malati del più grande ospedale di Napoli, chiamato degli Incurabili.
Nel luglio del 1723 patisce una cocente sconfitta professionale e, riprendendo un proposito della prima giovinezza, decide di abbracciare lo stato ecclesiastico. Il 29 agosto seguente conferma questa sua decisione, deponendo lo spadino di cavaliere davanti a una statua della Madonna nella piccola chiesa della Mercede. Il 27 ottobre 1724 entra come novizio nella Congregazione delle Apostoliche Missioni, e il 21 dicembre 1726, all’età di trent’anni, riceve l’ordinazione sacerdotale.
Grande amico del popolo, al quale insegna che tutti sono chiamati alla santità, ognuno nel proprio stato, sant’Alfonso si circonda di ecclesiastici e di laici di ogni ceto, sesso ed età, ovunque organizzandoli in numerose associazioni: degli Operai, dei Gentiluomini, dei Chierici, dei Missionari Diocesani, delle Donne Cattoliche, della Gioventù Femminile, delle Scuole Pie e altre ancora. Infatti, profondo conoscitore dei cuori e delle esigenze delle diverse realtà sociali, vuole un’assistenza materiale e spirituale adeguata alla particolare natura di ognuna di esse.
Si dedica in modo particolare ai ceti più umili, compiendo innumerevoli missioni nelle campagne e nei paesi rurali e prodigandosi in un intenso apostolato nei quartieri più poveri di Napoli, dove organizza, fin dal 1727, le Cappelle Serotine, frequentate assiduamente da artigiani e da “lazzari”, cioè dal popolo minuto, che si radunavano la sera, dopo il lavoro, per due ore di preghiera e di catechismo. L’opera ha una rapida diffusione e diventa una scuola di rieducazione civile e morale.
Sant’Alfonso si rivolge al popolo con i mezzi pastorali più idonei e più efficaci, rinnovando la predicazione nei metodi e nei contenuti, collegandola con un’arte oratoria semplice e immediata. Il dialetto, che egli usa spesso nel contatto con i più umili, non è soltanto veicolo di trasmissione del messaggio evangelico, ma diventa strumento di raffinata poesia, che pone il santo nella schiera dei grandi poeti napoletani.
La scelta “preferenziale” per i poveri non significa trascurare la parte più abbiente della popolazione, dal momento che “ultimo” è chiunque si trova in pericolo di perdersi o per povertà materiale o per povertà spirituale e intellettuale. Sant’Alfonso, individuando nella missione verso i poveri e i dotti la necessità del momento, rivolge un’attenzione particolare anche ai nobili e agli intellettuali, perché la Chiesa, assorbita dal punto di vista culturale dal confronto con il giurisdizionalismo e da quello pastorale dalla catechesi popolare, aveva lasciato tali ceti sprovveduti di fronte alla diffusione delle nuove ideologie.
Dal moto alfonsiano – che si intreccia ai primi del secolo XIX con la nuova fioritura delle pratiche religiose di spirito ignaziano, soprattutto grazie all’opera di padre Nikolaus Albert von Diessbach S.J. (1732-1798) e del venerabile Pio Bruno Lanteri (1759-1830) – nasce una pietà solidissima, che costituisce il principale alimento spirituale delle famiglie cattoliche per tutto l’Ottocento e oltre, specialmente nei centri rurali.
2. Maestro di sapienza e di infaticabile apostolato
Sant’Alfonso presta fin da subito la sua energica mano alla Chiesa travagliata da attacchi interni ed esterni, e si prodiga per migliorare le condizioni spirituali e le sorti materiali del popolo.
Il suo carattere positivo lo orienta verso i problemi più immediati della vita dei credenti, scossi nella fede e nelle certezze tradizionali da nuovi movimenti culturali e religiosi, soprattutto l’illuminismo, che minava alle fondamenta la fede cristiana, e il giansenismo, sostenitore di una dottrina della grazia che, invece di alimentare la fiducia e animare alla speranza, portava alla disperazione o, per contrasto, al disimpegno. Si tratta di argomenti cui dedica Breve dissertazione contro gli errori dei moderni increduli, del 1756, e Verità della fede contro i materialisti e deisti, del 1767.
Come missionario percorre i paesi vesuviani, gli Appennini e le Puglie annunciando con semplicità i princìpi della vita cristiana. Nel 1732, desiderando evangelizzare con più efficacia le popolazioni del Mezzogiorno, specialmente quelle più abbandonate e più sprovviste di aiuti spirituali, fonda a Scala, piccolo paese sopra Amalfi, la Congregazione del Santissimo Salvatore, poi denominata del Santissimo Redentore, allo scopo vincendo l’ostilità di intellettuali e di uomini di governo, che non volevano sentir parlare di nuovi ordini religiosi proprio mentre operavano per la soppressione di quelli già esistenti.
Nel 1762, a sessantasei anni, pur conservando la carica di rettore maggiore della Congregazione, viene nominato vescovo della diocesi di Sant’Agata dei Goti, nel Beneventano. Nel nuovo compito pastorale sviluppa un’attività che ha quasi dell’incredibile, nella duplice direzione del ministero diretto – avviando una riforma spirituale del clero nei tre fondamentali momenti della vocazione, del ministero e della preghiera – e dell’apostolato della penna.
La sua produzione letteraria è imponente, dal momento che giunge a comprendere ben centoundici titoli e ad abbracciare i tre grandi campi della fede, della morale e della vita spirituale. Fra le opere ascetiche, in ordine cronologico, si possono ricordare le Visite al SS. Sacramento e a Maria SS., del 1745, Le glorie di Maria, del 1750, Apparecchio alla morte, del 1758, Del gran mezzo della preghiera, del 1759, e la Pratica di amar Gesù Cristo, del 1768, il suo capolavoro spirituale e il compendio del suo pensiero. I suoi scritti, in cui la semplicità dell’esposizione si unisce a una sapienza profonda, saranno tradotti in oltre settanta lingue e avranno circa diciassettemila edizioni.
Nel 1775, fiaccato da molte sofferenze fisiche e spirituali, sant’Alfonso lascia la diocesi e si ritira a Pagani, nel Salernitano, in una casa del suo istituto religioso, dove rimane fino alla morte, avvenuta il 1° agosto 1787.
Il processo di beatificazione ha inizio già nove mesi dopo. Il 20 febbraio 1807, a meno di vent’anni dalla morte, Papa Pio VII (1800-1823) ne proclama l’eroicità delle virtù e il 15 settembre 1815 lo proclama beato; Papa Gregorio XVI (1831-1846) lo canonizza nel 1839, Papa Pio IX (1846-1878) lo proclama Dottore della Chiesa nel 1871 e Papa Pio XII (1939-1958) lo assegna come celeste patrono a tutti i confessori e moralisti nel 1950.
3. Sant’Alfonso attraverso i secoli
Nel 1871, in occasione della sua proclamazione a dottore universale, fu detto giustamente che tutti gli errori condannati dal Sillabo nel 1864 – deismo, materialismo, liberalismo, socialismo, comunismo, società segrete – trovano una condanna e una confutazione anticipata nei suoi scritti. La fama di sant’Alfonso, notevolissima già nel corso della sua vita, è rimasta inalterata negli oltre due secoli trascorsi dalla sua morte.
Uomo di ampia e raffinata cultura umanistica e giuridica, oltre che teologica e filosofica, laico fervente, sacerdote dedito alla rieducazione religiosa, morale e civile del popolo napoletano, missionario, fondatore di una congregazione religiosa, vescovo zelante, scrittore fecondo di opere teologiche e ascetiche, pittore, poeta, musicista, sant’Alfonso è senza dubbio un grande protagonista della storia della Chiesa e della storia tout court.
Nel Mezzogiorno porta a termine uno straordinario lavoro di animazione civile e culturale, dotando la Chiesa e la società di numerosi e solidi presìdi, che sarebbero stati lievito della reazione della Santa Fede, che ebbe nel santo il suo preparatore remoto ma profondo, nello stesso senso in cui san Luigi Maria Grignion di Montfort (1673-1716) preparò la Vandea.
Inoltre, grazie ai suoi scritti e alla loro ampia diffusione, la consuetudine della meditazione diventa molto comune anche al di fuori della penisola italiana, si radica in tutti i ceti una sapienza cristiana, frutto dell’assimilazione delle massime eterne, e viene promosso il risveglio eucaristico europeo lungo la seconda metà del secolo XVIII e attraverso tutto il secolo XIX.
Infine, d’immensa portata è la sua polemica contro il giansenismo, poiché investiva la pratica sacramentale e la concezione stessa di Dio, della Redenzione, della salvezza e della Chiesa. Di fronte al dilagare dell’errore egli opera con alacrità per conservare integra nel popolo la fede in genere e, in specie, la devozione a Maria, e in campo strettamente dogmatico elabora una dottrina della grazia imperniata sulla preghiera, che restituirà alle anime il respiro della fiducia e l’ottimismo della salvezza. Perciò sant’Alfonso segna nella storia della teologia morale una svolta decisiva per la pratica della vita e della pietà cristiana.
Il suo probabilismo – che si opponeva sia al rigorismo giansenista, influenzato dal protestantesimo puritano, sia a un certo lassismo volgare, sorto come reazione eccessiva al rigorismo – costituisce la più sicura garanzia contro i sogni utopistici e ricorda, in opposizione a quanti pensano che il progresso storico porterebbe alla graduale estinzione del male, che la perfezione non è di questo mondo. Se si considera che, fra tutti i Dottori della Chiesa, sant’Alfonso è stato definito “il più letto” dai comuni fedeli, che la maggioranza del clero – in Italia come in Francia – ne adottò le massime nella pratica quotidiana del confessionale e che egli, per oltre un secolo, ha rappresentato la massima autorità riconosciuta nel mondo cattolico nel campo della teologia morale, si comprende il ruolo decisivo che questa figura ha avuto nel radicare un sano realismo di fronte a tutte le utopie e nel riformulare un ethos italiano di fronte alla sfida della Modernità.
Per approfondire: vedi la classica biografia di Antonio Tannoia (1727-1808), testimone oculare della vita del santo, Della vita ed Istituto del ven. Servo di Dio A. M. de’ Liguori vescovo di S. Agata de’ Goti e fondatore della Congregazione de’ preti missionari del SS. Redentore, Napoli, presso Vincenzo Orsini, 1798, reprint Valsele Tipografica, Materdomini (Avellino) 1982; vedi anche don Giuseppe De Luca (1898-1962), S. Alfonso il mio maestro di vita cristiana, 2a ed., Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1983; e, più recentemente, Théodule Rey-Mermet, Il santo del secolo dei lumi. Alfonso de’ Liguori (1696-1787), trad. it., Città Nuova, Roma 1983; e Giovanni Velocci, Sant’Alfonso de Liguori. Un maestro di vita cristiana, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1994; vedi una sintesi, nel mio Ricordo di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, in Cristianità, anno XV, n. 152, dicembre 1987, pp. 7-8.