«Vita hominis super terram militia est» (Gb 7,1)
di Diego Torre
Andiamo a celebrare la festività di Tutti i Santi, e non sarà male ricordare che siamo stati creati soltanto per raggiungere questa meta. Non è una condizione eccezionale per pochi eletti, ma un dovere dolcissimo di tutti. San Massimiliano Kolbe scriveva: «Devo essere santo, quanto più santo possibile»(Scritti Kolbiani 971). Troppi cristiani, immersi nel relativismo morale e nel lassismo borghese, guardando la propria inadeguatezza e la lotta che andrebbe intrapresa per essere degni di tale destino, si limitano alla timbratura del “cartellino domenicale” (la Messa; la più breve possibile, Covid permettendo) e ritengono i santi creature eccezionali, a cui chiedere favori, ma certamente da non imitare.
Ci soccorre ancora Kolbe: «Falsa è pure l’idea, abbastanza diffusa, che i santi non siano stati simili a noi. Anch’essi erano soggetti alle tentazioni, anch’essi cadevano e si rialzavano, anch’essi si sentivano oppressi dalla tristezza, indeboliti e paralizzati dallo scoraggiamento. Tuttavia, memori delle parole del Salvatore: ‘Senza di me non potete far nulla’ [Gv 15,5], e di quelle di S. Paolo: ‘Tutto posso in colui che mi dà forza’ [Fil 4, 13], non confidavano in se stessi, ma, ponendo tutta la loro fiducia in Dio, dopo ogni caduta si umiliavano, si pentivano sinceramente, purificavano l’anima nel sacramento della penitenza e poi si mettevano all’opera con un fervore ancora maggiore. In questo modo le cadute servivano ad essi quali gradini verso una perfezione sempre maggiore e diventavano sempre più leggeri» (SK 1001).
Taluni immaginano che la santità sia uno stato di torpore rilassato, in cui non vi siano problemi di sorta. In realtà, i momenti di pace e di guerra si alternano nella vita dei santi, come in quella di tutti gli altri. La santità non è infatti un vago sentimento, la cui temperatura varia con le croci della vita (fervorosi se tutto va bene, sfiduciati se le cose si mettono male). «Non perdiamo la pace se il sentimento si raffredda. Qui si tratta di volontà e soltanto di volontà. Anzi quanto più la natura si ribellerà, tanto maggiori saranno i meriti che ne raccoglieremo» (SK 579). Infatti, «L’essenza dell’amore di Dio sarà sempre non il provare la dolcezza, non il ricordare, non il pensare, l’immaginare, ma esclusivamente l’adempiere la volontà di Dio in ogni istante della vita ed il sottomettersi completamente a tale volontà» (SK 643).
La vita eroica dei santi è illuminata dalla coscienza che «vita hominis super terram militia est» (Gb 7,1). Esserne serenamente consapevoli è la necessaria condizione per dare un senso alle croci della vita e per valorizzarle in funzione della salvezza eterna. Altrimenti si soffre inutilmente. Si capisce allora perché «… l’amore vive, si nutre di sacrifici. Ringraziamo l’Immacolata per la pace interiore, per le estasi d’amore; tuttavia non dimentichiamo che tutto questo, benché buono e bello, non è affatto l’essenza dell’amore; anzi l’amore perfetto può esistere anche senza tutto questo. Il vertice dell’amore è lo stato in cui si è venuto a trovare Gesù sulla croce, quando disse: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”» (SK 503). L’amore non è acqua. Kolbe scriveva e diceva ciò che testimoniava con la vita e che coronò con la sua fine eroica, affrontando la morte per salvare uno sconosciuto padre di famiglia.
Cominciamo subito a diventare santi; non perdiamo tempo. E’ un percorso lungo e affascinante. Non è mai troppo tardi per iniziarlo, né troppo presto per finirlo. «Anche il nostro Padre s. Francesco, sul letto di morte, affermò: “Cominciamo ad operare il bene”» (SK 48).
Un ultimo consiglio del santo martire polacco: «Offriti interamente a Lei che è la nostra ottima Mammina celeste, ed in tal modo potrai superare facilmente tutte le difficoltà e… diventerai santo, un grande santo: questa è la sola cosa che ti auguro di tutto cuore. Si può dire che tutti i santi sono opera della Vergine santissima e la devozione particolare a Lei è una loro caratteristica comune» (SK 21).
Domenica, 31 ottobre 2021